Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

Ministeriale del WTO
Cancun seconda Seattle
Il nuovo fallimento di una conferenza ministeriale del WTO mette in seria
crisi questo organismo. Ora i giochi passano ai tavoli degli accordi bilaterali e regionali

di Giorgio Innocenti

Delle ultime 3 conferenze ministeriali del WTO 2 sono fallite (Seattle ‘99 e Cancun ‘03) e, nella terza (Doha ‘01), si è raggiunto in extremis un accordo solo perché, all’indomani dell’11 settembre era un dovere non dare segni di divisione nel “fronte del bene”.
A Seattle i paesi poveri, per la prima volta puntarono i piedi e si rifiutarono di firmare un accordo sfavorevole. Mostrarono che, se un singolo paese non può contrapporsi ai grandi blocchi, uniti si può acquistare un certo peso. Contemporaneamente nelle piazze si manifestava per la prima volta un movimento nato dalla società civile di quei paesi che dall’attuale sistema traggono i frutti migliori e, malgrado ciò a questo sistema avverso.
A Doha i paesi poveri riuscirono addirittura a strappare qualche generica concessione sul diritto alla salute mentre, sull’agricoltura, UE ed USA fecero passare un testo che da una parte dichiarava l’eliminazione graduale dei sussidi, dall’altra specificava che l’accordo non era vincolante. Il movimento nato a Seattle, ormai cresciuto, seguì il vertice con attenzione, formulò richieste di riforma del WTO, appoggiò i paesi poveri la cui vittoria fu salutata come speranza di un’alternativa allo strapotere dei paesi ricchi.
A Cancun si è arrivati dopo due anni di negoziati infruttuosi (con le premesse di Doha non poteva essere diversamente). Nell’ultimo periodo, tra Tokio e Ginevra, è stato tutto un fervore d’attività per raggiungere qualche accordo. Unico risultato l’intesa del 30 agosto sui farmaci. Il vertice ha tenuto a battesimo la coalizione del G21. Questo nuovo soggetto politico, sotto la guida del Brasile e con il contributo di Cina, India, Sudafrica e Argentina –cui si sono aggiunti all’ultimo momento anche Indonesia, Nigeria e Turchia- è senz’altro la novità più rilevante. Non è da sottovalutare la formazione di un’altra alleanza trasversale tra i 61 paesi dei raggruppamenti “Africa-Caraibi-Pacifico”, “Unione Africana” e “Paesi meno sviluppati”.
Il movimento di piazza nato a Seattle, benché non siano mancate grandi manifestazioni di piazza, ha portato questa volta la propria protesta e le proprie proposte all’interno del palazzo grazie alla collaborazione con le delegazioni dei paesi poveri. Questa volta si può dire a ragione che l’operato di ONG ed associazioni ha pesato nello svolgersi del vertice.
Risolta (per così dire) la questione dei farmaci, il tema caldo doveva essere l’agricoltura. USA ed UE sovvenzionano pesantemente le proprie imprese agricole (principalmente quelle di grosse dimensioni) sia con incentivi alla produzione sia con aiuti all’esportazione, creando così una disparità di prezzi tra i loro prodotti e quelli del sud. Dopo la burla di Doha i paesi poveri, specialmente quelli del G21, non sembravano intenzionati a mollare. Sull’agricoltura si sarebbe probabilmente arrivati ad una rottura ma la quinta ministeriale del WTO è fallita prima. Il secco no dei 61 paesi poveri sulla possibilità di allargamento delle competenze del WTO alle cosiddette “Singapore issues” ha causato l’impossibilità di trovare un accordo sul testo finale.
Non è detto che temi come quello dell’agricoltura, sui quali non si è raggiunto un accordo in sede di WTO, siano ora lasciati alle più competenti agenzie ONU. È probabile infatti che essi siano trattati in sede di accordi bilaterali o regionali. Si perderebbe così l’unico pregio degli accordi raggiunti in sede WTO: la multilateralità.

 

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