Pubblicato su Politica Domani Num 26/27 - Giugno/Luglio 2003

Alto impatto

Giorgio Innocenti

“Sicurezza, - ci dicono - la gente chiede sicurezza”. Come fa un governo a mostrarsi attento alla sicurezza dei cittadini? Prevenzione? Cosa vuol dire? Difficile valutare i risultati: serve qualcosa di visibile. Certezza della pena? Troppo a lungo termine: l’attenzione dei media dura poco. Cosa allora? “Alto impatto”! L’ultimo film di Schwartzeneger? No l’ultima operazione anticrimine/protelevisiva delle forze dell’ordine. Basta presentare il tutto come si deve al telegiornale della sera: qualche immagine ben girata con volanti a sirene spiegate, un commento compiaciuto del ministro degli interni e poi il giornalista che snocciola le cifre dei fermati. Chi a casa pasteggia e ascolta distrattamente è soddisfatto: “Finalmente si fa qualcosa contro questa delinquenza”. Cosa si fa lo sanno bene Giorgio Poletti e Francesco Nascimbeni, due missionari comboniani che gestiscono un centro di prima accoglienza per immigrati in provincia di Caserta, teatro dell’operazione. Una ventina di giorni fa si sono incatenati alle finestre del palazzo che ospita questura e prefettura di Caserta. Per protesta, perché si sappia che quest’operazione - che vorrebbe colpire il traffico di droga e la prostituzione - ha finito per coinvolgere anche persone innocenti. Prive di permesso di soggiorno sì, ma spesso in possesso dei requisiti per ottenere lo status di rifugiati (se solo l’Italia avesse una legge che recepisca il dettato costituzionale espresso nell’art. 10). Come contribuisca ciò a combattere droga e prostituzione rimane un mistero. Da quasi un anno la legge Bossi-Fini ha introdotto misure di polizia più rigide agitando lo spauracchio dell'immigrato-delinquente. Si avalla così la mentalità secondo la quale l'immigrato deve essere una merce da utilizzare, o un fastidio da contenere, oppure un tumore da asportare. Mentalità rinforzata dalle cronache giornalistiche che sovente sovrappongono immigrazione e delinquenza. Con la loro protesta i due padri hanno inteso - oltre che gettar luce sui metodi impiegati dalla polizia, spesso irrispettosi della dignità umana - chiedere l’abolizione del reato d’immigrazione clandestina (introdotto dalla Bossi-Fini) e reclamare l’istituzione di un “Tavolo”, composto dalle istituzioni, delle associazioni impegnate nell’integrazione e dai rappresentanti degli immigrati e della società civile, che affronti i problemi del territorio relativi all'immigrazione.
Il sistema dell’informazione ha dato scarsissimo spazio alla protesta in atto. Malgrado ciò il fax della questura è andato presto in tilt per le numerose testimonianze di solidarietà con gli incatenati. Ad ogni modo, sabato 7 giugno, prima dell’alba, uomini della DIGOS ed agenti in borghese sono intervenuti per sgomberare il presidio (a quell’ora oltre ai due padri erano presenti solo alcuni giovani del centro sociale). I vigili del fuoco hanno provveduto a segare le catene. Il presidio si è allora spostato di fronte al palazzo. Sabato scorso, ritenendo buon inizio la proposta dell’assessore regionale alle politiche sociali, Adriana Buffardi, di istituire un tavolo di concertazione, i due missionari hanno deciso di sciogliere il presidio. La lotta prosegue: “Stiamo preparando una serie di cartoline che chiunque potrà spedire al Ministero degli Interni”, ha dichiarato padre Nascimbeni.
Esercizio per le vacanze estive: provate a spiegare ad una qualsiasi persona che è in Italia senza permesso di soggiorno perché non può vivere in questo paese mentre voi potete. Se ci riuscite senza ricorrere ad argomentazioni razziste, scrivete anche a noi. Aspettiamo.

 

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