Pubblicato su Politica Domani Num 26/27 - Giugno/Luglio 2003

Nigeria: uno stato frammentato
A pezzi, letteralmente
Oltre 300 etnie in lotta fra loro

Daniele Proietto

Spaccature etniche e religiose sono alla base delle tensioni e degli scontri che affliggono la Nigeria, il Paese più popolato di tutta l’Africa con i suoi 130 milioni di abitanti.
Le divisioni sono profondamente radicate e hanno origini antiche. La Nigeria è un paese dove coesistono dalle 250 alle 400 diverse etnie, spesso divise anche all’interno fra loro per ragioni di lingua, culturali e tribali. Le tribù originarie si possono dividere in modo molto approssimato in tre grandi gruppi: gli Hausa e i Fulani a nord del paese, gli Yoruba a sud-ovest e gli Igbo a sud.
Quando iniziarono le conquiste coloniali Portogallo e Inghilterra iniziarono ad allacciare rapporti con alcuni stati nigeriani.
Gli stati islamici settentrionali più interni rimasero fuori dall’influenza europea fino ad oltre metà del XIX secolo. Gli stati meridionali che si trovavano sotto il dominio degli Yoruba, col passare del tempo coltivarono contatti con l'Europa attraverso il commercio portoghese delle spezie favoriti in questo dall’atteggiamento di apertura dei loro sovrani (Obas).
Intanto anche negli stati del nord si verificavano importanti cambiamenti. Al termine del XVIII secolo gli integralisti religiosi Fulani stanchi del dominio degli stati islamici Hausa, presero il comando e crearono lo stato mono-islamico del califfato di Sokoto. Uno dei più attivi nell’uso e nel commercio degli schiavi.
Quando il commercio delle spezie crollò, gli Inglesi iniziarono l’attività di estrazione mineraria. Questo fu l’inizio di un periodo difficile per la Nigeria: molti agricoltori furono costretti a lasciare le coltivazioni (unico mezzo di sostentamento per la popolazione) e a produrre materiale da esportare. Il prolungato abbandono delle coltivazioni però stava portando il paese verso un periodo di grave carenza alimentare. Nel tentativo di affrontare questo stato di crisi, gli inglesi designarono dei capi nelle comunità meridionali degli Igbo, affinché governassero la zona. I capi designati dimostrarono però di avere poco in comune con la gente locale, e questo loro distacco produsse il risultato di accentuare ostilità e risentimenti fra la popolazione. La politica inglese si era rivelata fallimentare. Quando nel 1960 la Nigeria dichiarò la propria indipendenza, le divergenze etnico-culturali si manifestarono in tutta la loro profondità, ed evidenziarono come il sistema coloniale britannico non avesse fatto nulla per preparare il paese all’indipendenza. Le continue tensioni tra il nord e il sud della Nigeria e la mancanza di una vera e propria unità resero inevitabili scontri e battaglie, come quella tragica per l’indipendenza del Biafra (1967-1970) che costò la vita a oltre due milioni di persone.
Colpi di stato, guerra civile e corruzione diffusa (per lo più legata allo sfruttamento del potenziale economico che la presenza di giacimenti petroliferi garantisce al paese) sono stati per quasi trent’anni la condizione “normale” della Nigeria. Nel 1999, dopo 16 anni di governo militare, il potere è passato nelle mani di Olusegun Obsanjo, un moderato di religione cristiana. Durante il suo mandato Obsanjo ha redatto un nuovo testo costituzionale tale da porre le basi per un cammino pacifico e razionale verso un governo civile e delle istituzioni democratiche. Con l’avvento della democrazia federale, prevista dalla Costituzione, dodici stati su trentasei hanno introdotto la Sharia (la legge islamica). Come conseguenza di ciò, oltre ai duri scontri con i Cristiani, c’è il rifiuto del riconoscimento dei fondamentali diritti umani, specie in relazione alle donne, riconosciuti dalla comunità internazionale e sottoscritti dalla Nigeria in questi ultimi anni.
L’episodio di Amina Lawall, la giovane donna condannata alla lapidazione per avere avuto un figlio fuori del matrimonio, e per la cui salvezza si sta mobilitando il mondo intero, è solo uno dei tanti.

 

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