Pubblicato su Politica Domani Num 25 - Maggio 2003

Storia italiana
Cattolicesimo sociale di fine '800
Il movimento sociale cattolico prima della "Rerum Novarum"

Giancarlo Savo

In seguito al definitivo crollo del potere temporale dei papi (Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870) si rafforzano all'interno del movimento cattolico italiano le tendenze intransigenti e astensioniste, già nettamente prevalenti subito dopo l'unità d'Italia. Le posizioni sociali più avanzate sono assunte dai cattolici controrivoluzionari che mettono in discussione non solo i princìpi liberali, ma anche l'intera società borghese responsabile - ai loro occhi - di aver rotto gli schemi del corporativismo e del solidarismo medievali. I numerosi cattolici intransigenti si dividono, nelle questioni sociali, tra conservatori più o meno illuminati, e arditi contestatori (e riformatori) del sistema liberale e capitalistico, di cui propongono correttivi in senso democratico e sociale, i "giovani" democratici cristiani che fioriranno nell'età di Leone XIII. In tutte le sue correnti, l'intransigentismo - che ha nell'Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici il suo indiscusso baluardo - condanna senza appello l'ancien régime, visto come un rimedio peggiore del male. Al contrario, i cattolici transigenti o conciliatoristi, partendo da un'ideologia compiutamente liberale o liberaleggiante, difendono maggiormente lo status quo capitalistico e borghese, e si distinguono dai loro colleghi moderati di cultura laica per uno spirito senza dubbio paternalistico ma più aperto verso la questione sociale. Il movimento sociale cattolico è sorto, insomma, in ambienti reazionari, legittimisti o intransigenti (ricordiamo, a puro titolo d'esempio, Mermillod, promotore dei Centri di Studi Sociali di Roma e Friburgo, Harmel e Langenieux, organizzatori dei grandi pellegrinaggi operai in Francia). Associazioni cattoliche di questo orientamento ideologico come le Conferenze di S. Vincenzo de Paoli e il movimento dei Quaresimalisti (con padre Agostino da Montefeltro), sono da sempre vicine agli umili e ai sofferenti. È questo l'humus culturale del primo movimento sociale cattolico. Sono questi i valori di cui si fa portavoce il duca di Maddaloni, cattolicissimo parlamentare che, con accenti meridionalisti, protesta contro le ingiustizie sociali del nascente stato liberale e borghese imposto dai piemontesi ("Mozione d'inchiesta del duca di Maddaloni deputato al Parlamento Italiano", Nizza 1862).
Contro il sistema liberale-capitalistico, prima dell'ascesa al soglio di Pietro di Leone XIII (1878) e ben prima dell'enciclica "Rerum Novarum" (1891), si levano le lamentele di giornali cattolici reazionari o intransigenti. Ci sono, per esempio, le posizioni sociali espresse dall'Osservatore Cattolico di don Davide Albertario, quando nel 1865 difende "le coalizioni degli operai" condannando le tentazioni liberticide dei governi europei: "il popolo, del quale gli operai sono sì gran parte, avrà diritti sui princìpi e non sui padroni, alla libertà politica e non al pane quotidiano?". Il giudizio sul regime laico-borghese si fa gradualmente più severo negli anni successivi. In opposizione ai giornali liberali, che gridano allo scandalo, il foglio milanese esalta "il lavoro che il Congresso cattolico di Bergamo ha rivolto a vantaggio della classe degli operai" (1877). Il tono si fa sempre più duro: nei primi anni del pontificato di Leone XIII, il giornale di Albertario si scaglia contro gli organi di stampa che "fanno il mezzano e predicano per conto dei padroni la santità del lavoro, il lavoro-preghiera, onde il lavoro sia continuo, il lavoro arricchisca chi già possiede, e non permetta ristoro e lamento e sollievo … Ma intanto che i giornali ligi alle ricche consorterie sembrano mossi da idee di ordine, ed esaltano il popolo, noi lo vediamo questo popolo sepolto negli stabilimenti, ridotto a manovella di una macchina, materializzato … E questo popolo obbligato alla vita di galeotto e ad un lavoro meccanico che non soddisfa né la sua borsa, né il suo amor proprio, né la sua intelligenza, va esso trattato così?" (1882). Il foglio intransigente si sposterà su posizioni ancora più avanzate sul piano sociale accogliendo articoli dei giovani democratici cristiani e aprendo a esperimenti di socialismo cristiano. Da prospettive in parte diverse, il foglio cattolico L'Operaio Ligure lamenta gli stessi problemi quando scrive (1886): "I maggiori danni portati dalla rivoluzione sono caduti sul popolo, sopra la classe operaia e la classe contadina". L'anno successivo, il Popolo Cattolico condanna ancora una volta l'ingiusto sistema capitalistico (privo di correttivi sociali) voluto dai liberisti più conseguenti: "Dalla rivoluzione l'operaio fu abbandonato ai capricci del capitale, che, senza viscere, poteva abusare del suo isolamento, della sua debolezza e della sua miseria: la libertà promessagli fu, in pratica, schiavitù reale".
L'Enciclica "Rerum Novarum" sorgerà, dunque, solo al termine di un lungo e tormentato percorso iniziato già sotto il pontificato di Pio IX. L'ispirazione sociale, che in epoche successive finirà per interessare (almeno come argomento di libera discussione) tutte le anime del movimento cattolico organizzato, è espressa inizialmente in modo preponderante dagli intransigenti (e, in minor misura, dai reazionari). Basti solo pensare che, a partire dal 1887-1888, l'intransigentismo risulta essere, in qualche maniera, la posizione ufficiale di quello stesso Leone XIII che avrà poi l'ardire di pubblicare la rivoluzionaria "Rerum Novarum", data alle stampe in un clima molto teso (per quanto concerne i rapporti diplomatici con le autorità italiane), dovuto anche al fallimento dei precedenti tentativi conciliatoristi.

Approfondimenti:
Fausto Fonzi, I cattolici e la società italiana dopo l'unità, Roma, Studium, 1982.
Con un'utile bibliografia.

 

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