Pubblicato su Politica Domani Num 25 - Maggio 2003

Dal paesaggio all'astrazione
Afro, il colore
Esperienze e sensibilità di Basaldella, pittore italiano

di Paola Ercolani

La sala espositiva di Palazzo Venezia propone, per questa stagione primaverile, una mostra antologica su Afro Basaldella (1912-1976), un pittore italiano che ha trascorso gran parte della sua vita artistica a esercitarsi sugli effetti della luce e del colore.
Nato ad Udine nel 1912 da una famiglia dedita all'arte, il padre è pittore decoratore e i fratelli più grandi scultori, inizia a dipingere fin da bambino e dopo aver compiuto gli studi a Firenze e Venezia, si trasferisce nel 1933 a Roma.
I suoi esordi sono figurativi, come nella serie Rovine romane 1938-1939, presente nella mostra, ma è già preminente l'importanza data al colore e alla luce, elementi fondamentali per plasmare i soggetti e per rendere l'atmosfera sognante che avvolge gli antichi monumenti. Inizia a frequentare i pittori della Scuola Romana ed entra in contatto con il fervido ambiente culturale del tempo.
Gli anni Quaranta sono segnati da importanti dibattiti riguardanti il rinnovamento dell'arte: da una parte c'è un gruppo di artisti, capeggiati da Guttuso, che optano per il realismo inteso come unico mezzo per dare all'arte una funzione sociale, dall'altra un gruppo di pittori che vedono nell'astrazione la strada verso il futuro. Afro, dopo un viaggio a Parigi, riflette sulle ricerche spaziali del cubismo e, inaugurando una nuova fase del suo percorso, realizza delle opere che mostrano una soluzione pittorica autonoma come, ad esempio, Il negro della Louisiana del 1951.
Fondamentale per il suo percorso è il viaggio in America, dove conosce i più grandi pittori del momento: Pollock, de Kooning, Gorky. Ha cosi la possibilità di aggiornarsi sulla lezione dell'Espressionismo Astratto americano e sull'Action Painting. La sua sensibilità è soprattutto colpita dall'opera di Arshile Gorky, che Afro ricorda, in una intervista, con queste parole: « Dalla sua opera ho appreso a cercare soltanto dentro di me: dove le immagini sono ancora radicate alle loro origini oscure, alla loro sincerità inconsapevole ». In un'altra intervista del 1955 afferma: « Una forma pittorica può avere anche valore di apparizione? L'organismo rigorosamente formale di una pittura può contenere la leggerezza, il respiro di una evocazione, l'improvviso soprassalto della memoria? Questo è per me il problema, questa la ragione della costante inquietudine che mi fa dipingere ».
Le opere di Afro cominciano ad abbandonare il riferimento cubista e a mostrare immagini astratte: larghe pennellate in tutte le direzioni, i colori sono assoluti e in alcuni casi dati per velature, come avessero una consistenza acquosa. Abbandona la tavolozza variegata dei primi anni per impiegare soprattutto il rosso, il nero, il bianco, il verde, ma nelle sue composizioni non compaiono più di tre colori, sempre accesi e contrastati.
Tra gli anni cinquanta e sessanta dimostra la sua indipendenza poetica: il suo astrattismo è libero da ogni riferimento generalizzante. La sua arte è contemplativa, lirica. Prima di comporre una tela usava fare degli schizzi e tutto questo è lontano dalla concezione degli espressionisti astratti, ai quali era molto legato.
Nel 1958 gli viene proposto di realizzare un grande murale per la sede dell'UNESCO a Parigi ed in mostra si ha la possibilità di vedere il quadro preparatorio Il giardino della speranza e numerosi bozzetti. Partecipa a numerose mostre europee ed americane, riscuotendo grande successo. Verso la fine degli anni sessanta la sua ricerca approda ad un nuovo linguaggio: le sue astrazioni diventano giochi di forme controllate, contemplative, dove il colore spesso diventa monocromo.
Il percorso espositivo si snoda secondo un criterio cronologico che inizia con le opere cubiste fino a quelle degli anni settanta e, con molta originalità, presenta alla fine le prime opere dell'artista, dedicate alla capitale. Un percorso circolare dove il colore e la luce sono i protagonisti.
Nelle ultime sale la mostra offre un complemento di eccezione: vi è esposta una splendida documentazione fotografica sull'artista, grazie ai creativi scatti di Irvin Penn, Milton Gendel, Arnold Newman.

La mostra:
Dal 10-04 al 22-06-2003.
A Roma, Palazzo Venezia, via del Plebiscito 118.
Tutti i giorni. Orario 10:00-19:00.
Lunedì chiuso.

 

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Num 25 Maggio 2003 | politicadomani.it