Pubblicato su Politica Domani Num 24 - Aprile 2003

Finanza
Lotta fra giganti
Per il controllo dell'economia nazionale

Maria Mezzina

Viene da chiedersi se la guerra in Iraq non venga usata come una sorta di pretesto per deviare l'attenzione dei media e degli osservatori da certe operazioni che è meglio fare in silenzio. Le operazioni in oggetto riguardano la finanza italiana e sono state totalmente oscurate dai media impegnati a dedicare alla cronaca di guerra tutto il tempo e lo spazio disponibile. Eppure in tempi normali avrebbero ricevuto grande interesse perché è sulla soluzione di queste vicende che si gioca il futuro funzionamento dell'economia italiana e l'esistenza stessa dei soggetti in essa coinvolti: vale a dire tutto il tessuto economico e produttivo italiano, dalle grandi imprese fino alle più piccole fabbrichette.
Ma andiamo con ordine. Un approfondimento di economia e finanza sarebbe stato impensabile su queste pagine, e in questo periodo, se non ce lo avesse in qualche modo sollecitato un economista di Milano, Marco Vitale, che ci ha inviato alcune sue riflessioni (in versione integrale sul nostro sito).
Dunque Vitale ritiene che la crisi della Fiat, che potrebbe risolversi o segnare l'inizio della disintegrazione dell'industria italiana, dipende da non più di dieci persone. Sindacati, banche e Governo non partecipano alla partita, ma soprattutto non si vede alcuna strategia da parte del Governo, segno chiaro della mancanza pressoché totale di una cultura di governo aggravata da un persistente conflitto di interessi che fa del Governo un corpo imbalsamato ed inerte. La totale crisi dell'industria italiana sarebbe però solo la conseguenza di una battaglia finanziaria che si sta svolgendo, con meno di una manciata di contendenti, per il controllo di Generali e Mediobanca. È una battaglia di cui non si parla ma che vale la pena seguire perché la posta in gioco è il controllo del mercato finanziario e dell'economia nazionale.
Veniamo ai fatti. Generali è il primo gruppo assicurativo italiano, il quarto in Europa e tra i primi dieci al mondo per raccolta premi. "Generali è una società in buona salute, … uno dei pochi pilastri della finanza italiana; insieme ad alcune società bancarie popolari è una delle poche genuine public company italiane; ed è, forse, l'unica vera grande multinazionale italiana", afferma Vitale. Principale azionista di Generali è Mediobanca (con il 13,6%).
A gennaio inizia la corsa all'acquisto di Generali; principale acquirente è Ballorè, uomo d'affari francese, su suggerimento (si dice) di Mediobanca. Il 26 febbraio Unicredito acquista più del 2% di Generali (una manovra che ha come obiettivo l'indebolimento di Mediobanca e del consigliere delegato Marenghi). Il 26 febbraio la contromossa: Generali acquista il 2% di Unicredito. Pari e patta. Ma il 3 marzo la Consob stabilisce che poiché Unicredito ha acquistato per primo Generali, quest'ultima non potrà esercitare il suo diritto di voto acquisito con l'operazione del 26 febbraio. Contemporaneamente Unicredito, con una cordata di soci amici (non noti), comunica di voler proseguire nella scalata fino ad acquisire il 20% del capitale di Generali.

Tutto normale. Ma vi sono dei punti che occorre chiarire.
Unicredito è una banca "con le carte in regola". Risultato del processo di accentramento e consolidamento degli anni '90, "è il primo gruppo bancario per capitalizzazione di Borsa, è uno dei primi cinque gruppi europei per efficienza e redditività e tra i primi venti per totale dell'attivo… È l'unico soggetto italiano capace di giocare una partita decente a livello internazionale", giudica Vitale.
Nella cordata alla scalata di Generali però Unicredito ha chiesto l'aiuto di "amici" non meglio identificati. È su questi "amici" che la Vigilanza della Banca d'Italia - responsabile della solidità del sistema bancario - dovrà vigilare per evitare di "tagliare le ali all'unico campione italiano capace di svolgere un ruolo nel sistema bancario europeo (Unicredito), facendo confluire in esso altri gruppi bancari spericolati che conservano un perenne disco verde del governatore nelle loro pericolose scorribande". (Vitale)
Banca d'Italia ha il compito di tutelare la concorrenza e il potere di emanare le norme che la garantiscono, quindi deve valutare l'operazione riguardante Generali sotto questo profilo. Ma Banca d'Italia è anche, dopo Mediobanca, il secondo azionista di Generali. Unicredito allora, e la sua cordata, non riuscendo ad acquistare da Mediobanca è sia logico sia corretto che si rivolga a Banca d'Italia per riuscire nel suo intento. Con buona pace del ruolo di garante di Banca d'Italia e l'innesco di un gigantesco conflitto di interessi.
Unicredito e Banca d'Italia affermano che l'operazione serve a conservare in Italia i "gioielli di famiglia". Vitale ritiene che i francesi non hanno né la forza né la capacità di controllare Generali e che l'apertura degli istituti e delle banche italiane a un po' di capitale francese o tedesco non può che far bene: l'apertura ai capitali stranieri è infatti una conseguenza inevitabile dell'impegno profuso dai migliori economisti per creare una reale integrazione economica europea. Il pericolo, piuttosto, è che si vogliano impiegare in lotte di potere risorse finanziarie destinate alle imprese e alla produzione. La scalata a Generali e l'attacco a Mediobanca potrebbero celare altri due obiettivi, ambedue nefasti.
Uno è la creazione di un unico grande polo bancario e finanziario - dominato da Unicredito - che controlli oltre a Generali e Mediobanca, l'intero sistema economico-finanziario del paese con il grave pericolo di uno svuotamento dall'interno del principio stesso della libertà e della democrazia.
L'altro è legato al tentativo di ridimensionare il ruolo, il prestigio e l'autonomia di Mediobanca all'interno del sistema economico italiano. Mediobanca (oggi un po' appannata dopo la scomparsa di Enrico Cuccia che l'aveva guidata per venti anni con rara competenza e integrità) ha svolto funzioni di sostegno allo sviluppo delle medie imprese nel periodo della ricostruzione e di decollo della industria italiana. Essa è stata il punto di riferimento di operazioni politico-finanziarie connesse allo sviluppo della grande impresa e, più recentemente, il puntello economico per famiglie e piccole imprese. Mediobanca, oltre a godere di una tradizione di competenza e integrità di oltre mezzo secolo, è la banca dove è possibile trovare il maggiore know-how ed è la maggiore e forse l'unica scuola di professionalità sull'investment banking dalla quale è uscito un nuovo gruppo di giovani di valore. Queste qualità, invece che rilevanti, potrebbero essere considerate di ostacolo per un progetto di formazione di un unico asse economico-finanziario. L'eliminazione di Mediobanca dal sistema economico finanziario nazionale però si tradurrebbe nella inevitabile perdita di una scuola non solo di competenze ma anche di valori e di integrità.
Vitale suggerisce una soluzione: la formazione di un gruppo di controllo stabile su Generali composto da Unicredito, i suoi alleati e Mediobanca e la vendita delle quote del capitale di Mediobanca possedute da Unicredito e Capitalia, a soggetti disposti a rilanciare l'autonomia e il ruolo di Mediobanca. In questo modo il panorama economico italiano si arricchirebbe di tre soggetti forti e autonomi: Unicredito, Mediobanca e il gruppo di controllo di Generali.

 

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Num 24 Aprile 2003 | politicadomani.it