Pubblicato su Politica Domani Num 24 - Aprile 2003

I dibattiti della SFSP
La parola al pubblico
Cultura e culture: l'occidente a confronto con l'alterità

 

La struttura dei seminari di formazione è cambiata. Al seminario segue un incontro-dibattito nel quale il pubblico assume il ruolo di protagonista. La partecipazione diventa allora attiva e la riflessione si approfondisce e dà luogo a risultati concreti.
Il primo di questi risultati, un contributo scritto di Alessandra Mancini, merita di essere portato a conoscenza del pubblico più ampio di Politica Domani. È anche per questo che il periodico è nato: per diffondere, al di là delle pareti di una sala convegni, le riflessioni e i propositi di cui nella sala si discute.

"La conferenza tenuta il 3 marzo dal Prof. Chiavacci sul tema "Cultura e Culture" mi ha arricchito molto e ha fatto scaturire le modeste considerazioni che riporto di seguito:
- Il quarto significato del termine "cultura" così come lo presentava il Prof. Chiavacci era quello di momento creativo e attivo. È questo il significato che mi ha colpito di più perché la cultura deve essere continua ricerca, desiderio e curiosità di incontrare l'altro. La cultura non deve essere tolleranza, rispetto, ma accoglienza del diverso, perché l'altro è comunque diverso da me. Questa accoglienza è frutto di un cammino difficile, creativo e attivo in quanto bisogna uscire da se stessi, dai propri pregiudizi per incontrare l'altro su un terreno neutro permettendogli di esprimersi al meglio. Si tratta di entrare in dialogo anche per ricercare se stesso nell'altro empaticamente, nei suoi bisogni e nelle sue aspettative. Tuttavia, l'incontro con il diverso fa scaturire immediatamente una sensazione di paura, dovuta certamente all'ignoranza, come se l'altro minacciasse la propria tranquillità. Questo sentimento lo chiamerei come lo definisce Tahar Ben Jelloun, semplicemente razzismo.

- Per razzismo non intendo la sola discriminazione verso una razza, ma soprattutto in questo terzo millennio la discriminazione verso la povertà, la miseria, la fame, la malattia, tutte quelle situazioni che invitano ogni uomo a fare i conti con la propria esistenza pensando al senso che le si vuole dare, perché comunque uno lo deve avere. Così per non riflettere facciamo finta che queste situazioni non esistano e strutturiamo dei pregiudizi, utilizziamo degli eufemismi, ci alieniamo per sopire l'istintuale ricerca di spiegazioni valide, e commettiamo quell'errore grande di relativizzare la cultura che ha portato nello scorso secolo alla distruzione ontologica e fisica dell'umanità, con la shoah.
- Non siamo pronti ad entrare in dialogo con altre culture perché non conosciamo più la nostra, non abbiamo più memoria, che non è semplice ricordo, ma rielaborazione organizzata delle proprie radici. Occorrerebbe invece che ci sia, per dirla con uno slogan che scrivo qui di getto, "memoria della cultura per una cultura della memoria".
- Pensando poi al rapporto tra cultura e religione ritengo che sia il legame tra le due che esprime il vissuto della persona. Sulla base del grado di percezione della propria identità, della propria autenticità si misura la disposizione al dialogo. Più si è convinti della validità della propria religione e più si è pronti al dialogo e alla rielaborazione più arricchita della propria cultura. Certamente le proprie convinzioni devono essere tali e non arroccamenti inespugnabili. Se ognuno di noi fosse più cosciente della propria identità, sarebbe più semplice essere autentici, entrare in dialogo, affinché la cultura sia una ricchezza e non un'arma".

Alessandra, propone (come convenuto per il dibattito) quattro parole chiave e alcune domande:
IDENTITÀ? AUTENTICITÀ?DIALOGO ? CULTURA
1. Come è possibile far maturare il concetto di cultura in senso creativo e come ricerca di spiegazioni valide, come desiderio di incontro in una società dell'interesse e del profitto?
2. È possibile teorizzare un umanesimo che prescinda da un'idea di Dio, in senso generale, oppure, come diceva De Lubac, ogni umanesimo senza Dio è un umanesimo disumano?
3. In concreto, è possibile risolvere i problemi medico-sanitari presenti nei diversi paesi dell'Asia e dell'Africa, quali l'AIDS, per esempio, con mezzi tipicamente occidentali?

Giriamo le domande ai nostri lettori, sperando così di aprire un forum di discussione anche da queste pagine.

 

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