Pubblicato su Politica Domani Num 24 - Aprile 2003

Riflessione
Gridare per accendere la luce della speranza

Salvatore Sabatino

Erano le 3:35 del 20 marzo 2003, quando la pioggia di fuoco ha invaso la scura notte di Baghdad. In quel momento il mondo è piombato in una guerra non voluta, fino alla fine "combattuta" sul filo della diplomazia. Non curante dell'arcobaleno, che per mesi ha cercato invano di avvolgere il mondo, la forza ha prevalso sulla ragione; le armi hanno imposto il silenzio alla frastornante e chiassosa richiesta di pacificazione. Le bombe cadute su Baghdad, in realtà, sono cadute sul mondo intero; le macerie sono diventate il simbolo della mortificazione di una civiltà, che se preferisce risolvere i contenziosi con l'uso della forza, probabilmente civiltà non è. Per mesi la speranza della pace è stata legata agli appelli di Giovanni Paolo II, che dall'alto del suo ruolo, e ancor di più dall'alto della sua età, ha tuonato sull'umanità la miseria della guerra. "Io, che l'ho conosciuta- aveva detto- dico a chi oggi comanda il mondo: mai più la guerra". Eppure quel "mai" è caduto nel vuoto, così come nel vuoto è definitivamente caduta la speranza di un futuro migliore.
La resa di fronte ad una carneficina non è però giusta, ed ecco che il Pontefice insiste sulla pace, persiste sul no alla guerra e ripete all'infinito il suo dolore per quello che il mondo sta vivendo, vedendo e soprattutto volendo. Il "vecchio" Papa non si arrenderà alla malvagità della guerra, non accetterà il compromesso della violenza, non scriverà un capitolo di storia involutiva. Continuerà, invece, a gridare per accendere la luce della speranza in tanto buio, con un ammonimento al mondo intero, affinché si mortifichi per la strada imboccata; una strada lastricata di vittime innocenti e sguardi persi nel vuoto della violenza.

 

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