Pubblicato su Politica Domani Num 23 - Marzo 2003

Parlamento Italiano
185/90, una buona legge in pericolo
I mercanti di morte sono di nuovo all'attacco

Maria Mezzina

Ci sono articoli della Costituzione e leggi italiane che meritano di essere trasferiti nella Costituzione Europea e nella normativa dell'UE.
Uno è l'articolo 11 della nostra Costituzione che dovrebbe essere trascritto pari pari in quella europea "L'Europa ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Un'altra è la legge 185/90 che regola il commercio delle armi. È una buona legge approvata nel 1990, in seguito allo scandalo BNL-Irak, grazie alla mobilitazione "contro i mercanti di morte" (il nome della campagna di allora) della società civile, i cattolici in prima linea, preoccupata del crescente armamento delle nazioni cosiddette a rischio (di democrazia e di violazione dei diritti umani). Alla base della legge sta il principio che l'esportazione delle armi deve essere subordinato alla politica estera italiana, alla Costituzione e al diritto internazionale. Il principio è garantito da un sistema di controlli severi sulle autorizzazioni e sulla destinazione finale delle armi. La legge sancisce una serie di divieti: l'esportazione e il passaggio di armi e macchinari bellici verso i paesi in guerra e aggressivi, quelli soggetti a embargo totale o parziale dell'ONU, quelli che violano i diritti umani; sono esclusi anche i paesi che ricevono aiuti internazionali ma ne destinano troppi in spese militari; vieta la fabbricazione e il trasporto di armi biologiche, chimiche e nucleari con alcune esclusioni (lo Stato Italiano, nel caso di mostre o esposizioni, negli scambi dovuti ad accordi internazionali e in quelli fra i paesi alleati della NATO). La legge prevede un registro nazionale delle imprese esportatrici di armi presso il Ministero della Difesa e solo le imprese inscritte nel registro possono ottenere le autorizzazioni necessarie. Per le autorizzazioni le imprese debbono indicare tipo e quantità di materiale bellico, ammontare del contratto, compensi di intermediazione e nome di intermediari e spedizionieri coinvolti. Le imprese debbono inoltre fornire il certificato di importazione, per i paesi firmatari di accordi di controllo con l'Italia, o, per tutti gli altri paesi, il certificato di uso finale, nel quale deve essere garantito che le armi ricevute non saranno riesportate senza il consenso dell'Italia. Inoltre tutte le transazioni bancarie interessate al commercio delle armi (import, export e transito) debbono essere comunicate al Ministero del tesoro e ogni anno il Presidente del Consiglio deve presentare al Parlamento una relazione dettagliata e completa di tutti i dati raccolti dai Ministeri della Difesa e del Tesoro. Come si vede, una legge che permette un reale controllo sia sul flusso delle armi, sia sull'impegno finanziario, sia sul coinvolgimento delle banche.
La costituzione della UE e la conseguente necessità di regolare la materia a livello europeo ha portato, nel giugno del 1998, a un Codice di condotta europeo basato su otto criteri intesi come dei "principi minimi" a cui la normativa di ciascun paese avrebbe dovuto rifarsi. È del luglio 2000 l'accordo quadro di Farnborough (GB) sulla "ristrutturazione e le attività dell'industria europea della difesa", fondamentale per avviare in modo concreto una politica estera e un esercito di difesa europeo. Firmatari dell'accordo sono Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Irlanda del Nord. L'accordo prevede delle licenze globali di progetto che mirano a semplificare l'iter burocratico di controllo connesso al commercio di armi, fatti salvi i "principi minimi" indicati nel Codice di condotta europeo. I paesi destinatari sono decisi dai paesi firmatari del patto di Farnborough - l'elenco può essere cambiato, se intervengono fatti nuovi, ma solo di comune accordo -, oppure possono essere proposti dall'industria; anche le industrie però possono proporre paesi destinatari (emerge qui chiaramente, ancora una volta, il primato dell'economia sulla politica e sull'etica). Il rilascio delle autorizzazioni spetta comunque al paese esportatore (anche nel caso di coproduzioni). Sono previste procedure semplificate per l'esportazione di parti e componenti.
Il decreto di ratifica dell'accordo di Farnborough è in fase di approvazione definitiva, ma il ddl prevede anche modifiche in senso più permissivo alla legge 185/90. Per esempio, là dove si vieta l'esportazione di armi in paesi nei quali si verificano "violazioni dei diritti umani", viene aggiunto l'aggettivo "gravi" davanti a "violazioni", e la "gravità" delle violazioni dovrebbe essere accertata da apposite commissioni dell'ONU e dell'UE. Sono previste "facilitazioni" nella comunicazione dei programmi di vendita e scompaiono le informazioni riguardanti le transazioni bancarie che non dovranno più essere trasmesse al Ministero del Tesoro: in altri termini, non sarà più possibile verificare il coinvolgimento delle banche nel traffico d'armi. Inoltre, non è più necessaria la "destinazione di uso finale" per i programmi di partenariato con paesi diversi da quelli NATO e UE: vale a dire che qualsiasi paese può godere della facilitazioni previste dall'accordo, basta che l'impresa si accordi con una qualsiasi impresa di uno dei paesi ammessi alle facilitazioni. L'accordo di Farnborough prevede minori controlli e meno trasparenza rispetto alla legge 185/90. C'è la possibilità di ratificare il trattato stralciando da esso gli articoli che modificano la nostra legge. Però sulla ratifica dell'accordo senza modifiche il governo è persino disposto a porre la fiducia, ha ipotizzato il sottosegretario alla difesa Filippo Berselli (AN). A poco sembra che siano valse le 80.000 firme raccolte a favore della 185/90, e la mobilitazione della società civile impegnata ora a difendere una conquista di civiltà ottenuta 13 anni fa. D'altra parte in Senato sono ormai pochi i senatori che diligentemente siedono sui banchi e meno ancora sono quelli consapevoli di quanto viene deciso e della posta in gioco. In uno sfogo amaro con il settimanale Vita, il Senatore Giulio Andreotti, di fronte ai banchi pressoché vuoti, lui romano di Roma che aveva rinunciato ad andare ai funerali di Alberto Sordi per partecipare alle votazioni sull'accordo di Farnborough e difendere la 185/90, ha provocatoriamente auspicato l'intervento del Presidente della Repubblica Ciampi, magari con la minaccia di sciogliere il Senato.
Siamo pienamente solidali con lui.

 

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Num 23 Marzo 2003 | politicadomani.it