Pubblicato su Politica Domani Num 22 - Febbraio 2003

Brasile
Un presidente operaio vero
Una biografia incredibile ed inadeguata

Giorgio Innocenti

Il primo gennaio Luiz Ignacio da Silva detto Lula si è insediato ufficialmente a Brasilia: è il 36°presidente del Brasile. Quasi 180 milioni d'esseri umani (il 5° paese più popoloso della terra), ottava economia mondiale, questo è il Brasile. Una repubblica federale presidenziale: il presidente è titolare del potere esecutivo, potere tanto più forte poiché legittimato da elezione diretta, a doppio turno (nel 2° turno ha ottenuto oltre 50 milioni di preferenze: il 63%).
Un posto non da poco. Si capisce il malcontento serpeggiante nell'elite economica globale: un metalmeccanico che non è andato oltre la licenza elementare. Presidente: un operaio! In Italia a parlare di "presidente operaio" si pensa - maglioncino blu e casco giallo - ai manifesti delle ultime politiche e si ride. Ma Lula operaio lo è nel vero senso della parola. Arrivò a San Paolo a 7 anni, dopo 13 giorni di viaggio nel cassone del camion sul quale era salito a Caetés nel poverissimo Stato di Pernambuco. Sua madre aveva preso lui ed i suoi 7 fratelli ed era partita alla ricerca del marito che li aveva abbandonati per cercare "boa sorte". L'uomo, assieme ad una sorte meno avversa, aveva trovato anche una nuova moglie e una nuova famiglia. Così il piccolo Luiz già a 10 anni si dava da fare lustrando scarpe, a dodici portò a casa il suo primo stipendio. In fabbrica entrò a 15 anni. La fabbrica gli diede il suo unico pezzo di carta: il diploma di tornitore. La fabbrica gli portò via il dito mignolo della mano sinistra, aveva 18 anni e, come migliaia d'operai brasiliani mutilati da macchinari antidiluviani, pagava il prezzo dell'incredibile sviluppo degli anni sessanta.
Fu il fratello che lo convinse ad entrare nel sindacato. Si fece subito valere: presto divenne riferimento per i metalmeccanici di San Paolo. Erano gli anni della dittatura militare e Lula meritò le attenzioni del Dops (polizia politica): fu imprigionato. La detenzione fu preziosa per il giovane sindacalista: ebbe il tempo di studiare, colmando in parte la mancata istruzione.
Diventò presto leader del sindacato, nel 1980, in piena dittatura militare, fondò il PT, Partido dos trabalhadores. Partito dei lavoratori. Di sinistra ma, a differenza di tanti partiti e movimenti latinoamericani, libero dal giogo ideologico: centrato sui lavoratori e sui loro diritti, concreto. Il PT fa della distribuzione della ricchezza, della giustizia sociale, della lotta ai pregiudizi la sua ideologia. La lotta al latifondismo lo vede al fianco del Movimento Sem Terra.
Caduto il regime, Lula è il candidato più votato (650 mila voti) alle elezioni per l'assemblea costituente. Comincia la sua corsa alla presidenza: '89, '94, '98 e, finalmente, 2002. Al quarto tentativo Lula centra l'obiettivo. Per poco non riesce a superare il 50% al primo turno.
La vittoria non è un caso. Le sconfitte non avevano frustrato le idee del PT. Continuarono a lavorare, a prepararsi, a sviluppare progetti, a pensare alternative possibili e a conquistare amministrazioni locali. È per questo che di un operaio senza istruzione c'è chi dice: "Probabilmente è il presidente più preparato della storia del Brasile". Nessuno osa imputare al neo-eletto scarsa preparazione. C'è chi confuta le sue idee, chi pensa che sarà una rovina, ma quanto vale lo ha dimostrato. Nello stato del Rio Grande Du Sul che ha governato trasformandolo, facendolo rinascere, rendendolo emblema dell'alternativa possibile.
Abile comunicatore, ha fatto dell'annuale Forum Social Mundial di Porto Alegre (capitale del Rio Grande Du Sul) un'occasione di pubblicità globale. È anche per questo che ora le varie sinistre del mondo tentano di salire sul suo carro. Lui rappresenta il movimento dei movimenti, quello che ogni partito vorrebbe cavalcare. Quello che solo lui ha saputo sfruttare.
Ma non è solo questo. Lula è un povero che non cede alle lusinghe dei ricchi. La campagna elettorale l'ha fatta in maglietta, su un camion coperto da un telone. Non è solo immagine. Lula la miseria l'ha vissuta, non glie l'hanno raccontata. La sua prima moglie e suo figlio sono morti abbandonati in un ospedale per poveri di San Paolo, soli, senza assistenza. Chi meglio di lui sa cosa c'è da fare? Questo pensa la gente. Chi meglio di lui rappresenta il cambiamento? lui è già un cambiamento. È un operaio. È diventato il presidente di un paese dove la forbice tra ricchi e poveri è spaventosa, la mobilità sociale un'utopia. Questa è, in sé, una rivoluzione.
Fino a qui Lula. Riuscirà a governare? mantenendosi coerente? Ne sarà capace? Gli sarà permesso? Probabilmente no. Un risultato però lo ha già ottenuto: ci ha ridato la speranza.

 

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