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Brasile - Economia Marco Vitale Sfarda sta cammisazza arripizzata, Strappa questa camicia rattoppata,
La notizia che il presidente del Brasile Lula De Silva, nell'avviare la sua politica contro le disuguaglianze sociali, ha identificato tra le misure prioritarie un programma per permettere agli abitanti delle favelas (6.5 milioni censiti) di diventare legittimi proprietari dei terreni e delle abitazioni delle quali hanno il possesso e non la proprietà è una delle poche buone notizie di questo inizio d'anno, ottusamente cupo. L'ho accolta non solo con l'approvazione della ragione, ma con l'emozione della partecipazione. Così come, essendo stato tra i primi se non il primo in Italia, a sottolineare l'importanza del libro dell'economista peruviano De Soto ("The Mistery of Capital"), ed a valorizzare il suo pensiero e le sue scoperte, non posso che rallegrarmi grandemente nel vedere che viene esplicitamente sottolineato un preciso collegamento tra questa politica del presidente Lula ed il pensiero di De Soto. Dare certezza alla proprietà dei milioni di immobili delle favelas e stabilire regole semplici di compravendita, vuol dire innestare un circuito economico virtuoso, basato sul presupposto fondamentale delle economie di mercato: la certezza dei diritti di proprietà e la diffusione della proprietà, a partire dalla diffusione della proprietà della casa. La proprietà è strumento
della personalità e della libertà personale (Rerum novarum,
1981) La legge contro il latifondo e la
resistenza della cultura feudale nel Mezzogiorno. Lula è una grande speranza
per l'economia mondiale, ma deve guardarsi da nemici esterni (i ricchi)
e interni (le attese miracolistiche dei poveri). 1. La politica del presidente Lula (ed il pensiero di De Soto) non sono fatti nuovi ed isolati. Sono fatti che si inquadrano in un filone di pensiero e di azione ben conosciuto; che tante volte è stato sconfitto, ma che è sempre rinato ed ha sempre segnato dei pur lenti e faticosissimi progressi: il capitalismo democratico o, come la chiamo io, l'economia imprenditoriale basata sul valore ed il rispetto della persona, che trova forti sostegni sia in filoni essenziali del pensiero laico liberale che del personalismo cristiano. E' solo attraverso l'allargamento della sfera di influenza del capitalismo democratico che si è ampliato, negli ultimi cinquant'anni, il numero di paesi approdati allo sviluppo. Jacques Paternot e Gabriel Veraldi, nel loro efficacissimo libro "Dieu est-il contre l'économie?" (1989) ne hanno tratto addirittura un: Théoreme Bref: Per questo approccio, la proprietà, la certezza della proprietà, sono presupposto ed al tempo stesso fattore essenziale di sviluppo. Come dice De Soto. Ma come dice da tanti anni, in pagine limpidissime, Michael Novak, anche riferite specificamente all'America Latina (a partire dal capitolo "Una teologia dello sviluppo: l'America Latina", nel suo primo libro importante in materia: The Spirit of Democratic Capitalism, 1982). In queste pagine Novak ricorda che, intorno al 1850, l'America Latina e l'America del Nord erano entrambe povere, ma l'America del Nord era più povera dell'America Latina. Per entrambe l'indipendenza era una cosa relativamente nuova. Ma il retaggio spagnolo e della Chiesa cattolica indirizzò l'America Latina verso un sistema di grandi proprietà dove l'impegno dei singoli di costruire e lavorare per il proprio futuro era ridotto dal sistema stesso. Mentre "nel Nord America gli individui, in grande maggioranza divennero proprietari delle loro case e delle loro terre" (Novak). Il padre di Henry Ford era un povero falegname irlandese, scappato per fame, che nel Michigan poté diventare, in pochi anni, proprietario di una fattoria, disboscando e mettendo a cultura i terreni, sulla base di una concessione pubblica. E come lui centinaia di migliaia di altri immigrati. 2. Poiché, dunque, sappiamo di che si tratta, conosciamo anche i pericoli, grandissimi, che corre il presidente Lula. Può darsi che le favelas, in quanto tali, non interessino più di tanto i ricchi. Ma questi sono interessati ed attentissimi ai principi. Essi sanno che i principi sottostanti la decisone relativa alle favelas, hanno, per loro natura una capacità espansiva. Perciò la reazione sarà durissima e seguirà le vie classiche: prima che la reazione sul fronte del diritto comprando i parlamentari ed assoldando i migliori giuristi; poi la violenza, come fecero da noi gli agrari del Sud nel 1948; poi le alleanze con le mafie o con movimenti fascisti (come fecero i "caprari" di Caltagirone che si allearono con il nascente movimento fascista per far fuori Don Sturzo). Ma i pericoli maggiori per Lula sono al suo interno: il rischio di essere attratto negli schemi del terzomondismo socialistoide; il rischio di suscitare nei poveri attese miracolistiche ed una stagione di pretese senza doveri, insomma il peronismo; il rischio di vedere rapidamente crescersi intorno una classe di approfittatori e di speculatori; e quindi, corollario inevitabile di tutto ciò l'inflazione galoppante, con disordini sociali all'interno che legittimi reazioni violente, e disordini valutari all'esterno con l'intervento del FMI, l'organizzazione più ostile allo sviluppo ed all'incivilimento, oggi operante sul piano internazionale. Lula, insomma, deve muoversi avendo nel cuore l'entusiasmo e la speranza riflessi nei versi di Buttitta, ma controllando tutto ciò, con grande fermezza e durezza, e muovendosi come insegna F.D. Roosvelt, il grande riformatore, che diceva: se vuoi cambiare qualcosa muoviti con il sorriso, nascondendo dietro la schiena un nodoso bastone. 3. Tutto il capitalismo democratico mondiale ha interesse che la politica di Lula sia un successo. Un Brasile avviato sulla via di un solido sviluppo, può diventare fattore di stabilità per l'America Latina e per il mondo, cioè per tutti noi. Ed un Brasile che trovi la via dello sviluppo, aggredendo le sue orrende disuguaglianze sociali, può diventare un punto di riferimento, un esempio, un modello. Il darwinismo economico, con la teorizzazione delle diseguaglianze sociali come fattore di sviluppo, è fallito. La speranza per il futuro si basa su un capitalismo democratico, dove l'economia sia fattore di unione tra le persone e non di lacerazione e dove dalla crisi dell'individuo, egoista, cinico e rampante, emergano le persone che vogliono "to do a good job". Se il presidente Lula riuscirà a portare il Brasile su questa linea, aiuterà anche noi. Ma la lotta sarà durissima ed i suoi avversari spietati. Per questo dobbiamo, ognuno nella propria sfera, fare quello che possiamo per aiutarlo. E boa sorte presidente Lula, tanta boa sorte. [Articolo scritto per "Vita" e per "Politica Domani"]
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Num 22 Febbraio 2003 | politicadomani.it
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