Pubblicato su Politica Domani Num 22 - Febbraio 2003

SFSP
A lezione di globalizzazione
Il Prof. Marco Vitale inizia il programma 2003

Maria Mezzina

Un mese fa l'inaugurazione della scuola con il Prof. Marco Vitale.
L'ospite ha avuto parole di grande apprezzamento per il lavoro che stiamo facendo, soprattutto con questo giornale. Vitale è un economista innamorato della vita e del suo lavoro che ha coperto ruoli di grande rilievo nel mondo economico-finanziario e istituzionale, nazionale e internazionale. La sua decisione di venire a Velletri da Milano, superando cento e più altri impegni ci riempie di orgoglio. Grazie.
Il mondo economico-finanziario e i vertici della città erano tutti presenti e li ringraziamo. I più giovani, complici gli impegni di studio, il tempo pessimo e un bel po' di inesperienza, sono stati un po' latitanti e la cosa è stata giustamente notata.
Il Prof. Vitale ha introdotto il tema dell'incontro, "Dalla Globalizzazione alla mondializzazione", con un excursus storico. La globalizzazione è un fenomeno antico (Polibio) che ha avuto la sua massima espansione nella seconda metà dell''800 (50 milioni di emigranti, una stabilità monetaria internazionale agganciata saldamente al valore della sterlina e la Banca Centrale di Londra che faceva da centro di smistamento fra enormi somme di denaro e la costruzione di grandi opere pubbliche). Ha avuto una battuta d'arresto negli anni dal 1914 al 1945 (gli anni della "guerra civile europea") ed è ripresa dopo il '45. Negli ultimi cinque anni il processo si è velocizzato, intensificato ed ampliato, arrivando ad includere anche la Cina. Il Prof. Vitale ha quindi preso ad esaminare alcuni motivi che negli ultimi dieci anni hanno caricato il termine "globalizzazione" di significati negativi.
L'identificazione fra globalizzazione e omogeneizzazione, nel senso di appiattimento e negazione della specificità. L'identificazione non è né corretta né verificata, perché la globalizzazione non esclude, anzi recupera i valori locali.
La globalizzazione come causa di povertà e di esclusione sociale. Con la globalizzazione sono migliorate le condizioni di moltissime persone, ma la povertà è ancora troppo diffusa e la ricchezza tende a concentrarsi nelle mani di pochi. I grandi organismi internazionali, Banca Mondiale, FMI e Tesoro Americano, che si ispirano ad una ideologia di tipo darwiniano, non hanno mai indovinato una diagnosi, né tanto meno una cura, perché sono ideologicamente convinti che durezza e severità sono in grado da sole di risolvere i problemi (vale a dire: chi non ce la fa rimane indietro, muore e semplicemente scompare). Fortunatamente, afferma Vitale, molti economisti anche americani stanno ripensando questo approccio. Non è la globalizzazione che genera povertà ma è la mancanza del diritto, è la tesi dell'economista peruviano Hernando De Soto, condivisa dai massimi economisti mondiali. Il Prof. Vitale porta due esempi. I poveri vivono in case che si sono costruiti loro stessi il cui valore è di oltre nove trilioni di dollari, ma questa ricchezza non esiste perché le case sono illegali e non possono essere né vendute né ipotecate. Per aprire un'impresa in Perù occorrono 289 giorni di pratiche burocratiche; i poveri non hanno tutto questo tempo a disposizione.
Quando il PIL aumenta non è detto che si stia tutti meglio. Però il problema della redistribuzione del reddito va affrontato in modo più moderno: impegnandosi nella distribuzione della formazione e del know-how che genera il reddito, un impegno in cui le ONG svolgono un lavoro preziosissimo.
La globalizzazione viene accusata di essere causa del deterioramento dell'ambiente. I danni ambientali, chiarisce Vitale, sono legati alla indifferenza e alla irresponsabilità: è infatti nei regimi collettivisti che sono avvenuti i più gravi disastri ambientali. A questo proposito gli Usa hanno la loro parte di responsabilità perché non riescono a riconoscere l'urgenza del problema, e se gli Usa non si muovono nessuno si muove. Qualche volta il re è nudo, e se è nudo bisogna riconoscerlo e dirglielo per aiutarlo ad essere consapevole della sua nudità.

 

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