Pubblicato su Politica Domani Num 21 - Gennaio 2003

Notizie di guerra

 

Astuti camaleonti
Donald H. Rumsfeld, segretario della Difesa USA, il falco accusatore di Saddam, ha avuto buoni rapporti in passato con il dittatore iracheno. Era il tempo della guerra Iran-Iraq (1980-1988), quando gli Usa avevano interesse ad aiutare Saddam a non perdere la guerra con l'Iran. L'allora Presidente Reagan inviò proprio Rumsfeld a spianare la strada dei contatti USA-IRAQ. Contro il parere della CIA, il dipartimento di stato americano aveva favorito l'introduzione in Iraq di materiali capaci di produrre armi di distruzione di massa e agenti chimici e biologici impiegati nelle armi chimiche. Perché fosse possibile incontrare Saddam, il Presidente indusse il Congresso a togliere l'Iraq dalla lista dei paesi terroristi. Nonostante l'evidenza che i gas micidiali continuavano ad essere usati non solo contro l'esercito iraniano ma anche contro i ribelli del Kurdistan, gli USA continuarono ad aiutare Saddam a rifornirsi di armi e materiale chimico e batteriologico.
È quanto denunciano "The Washington Post" (30.12.2002) e "The Guardian" (31.12.2002).

Premio Nobel e saponette
I movimenti di opinione possono influenzare i governi, dice Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia 2001, rispondendo ad una domanda sulla situazione economica e sociale in Argentina. Stiglitz aggiunge: "questo vale non solo per l'Argentina ma anche per il movimento pacifista che, per esempio negli Stati Uniti, sta conducendo una campagna contro la guerra all'Iraq. Manifestare, far sentire la propria voce è importante. Serve ai governi per capire meglio quello che la gente vuole. A quel punto agire diversamente assume per i governi un significato più compromettente: si traduce nell'ignorare deliberatamente l'opinione della gente. E un governo che fa questo se ne deve assumere la piena responsabilità".
Non è una scoperta, con tutto il rispetto per Stiglitz. Il punto è che per far sentire la propria voce occorre prima pensare. Lo sanno bene i grandi imbonitori del passato e del presente. È per questo che tanti governi fanno sempre un po' di buona pulizia dei cervelli.

Il Saddamometro
Prima Pagina, la newsletter di Internazionale, comunica in media ogni 48 ore la probabilità che ci sia una guerra contro l'Iraq, secondo William Saletan di Slate. Il calcolo è compiuto analizzando le
notizie del giorno. A partire dal 13 dicembre (68%) la probabilità è andata aumentando fino a toccare il picco del 77% il 27 dicembre. Ora sta di nuovo scendendo (71% al 2 gennaio).

Spese militari nel mondo
La sicurezza del Presidente Bush in una guerra finale vittoriosa contro Saddam sembra ben riposta. Non solo gli USA spendono in armamenti di gran lunga di più di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme, ma armamenti e preparazione tecnica sono incomparabilmente superiori.
Prima della Guerra del Golfo del 1991 l'Iraq aveva un esercito di un milione di soldati e 5.000 carri armati. Gli USA e i suoi alleati avevano circa 600.000 soldati e meno di 2.000 carri armati. Ciononostante, afferma il CDI, gli alleati hanno ottenuto una vittoria schiacciante perdendo in combattimento meno di 200 uomini a fronte delle decine di migliaia di caduti da parte irachena.
La previsione per la prossima guerra è di almeno un milione di morti da parte irachena.

 

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Num 21 Gennaio 2003 | politicadomani.it