Pubblicato su Politica Domani Num 21 - Gennaio 2003

Editoriale
Ricchezza e felicità per tutti: guerra

Maria Mezzina

La caduta del muro di Berlino è stata la causa scatenante di uno stato permanente di guerra: altro che inizio di un nuovo ordine mondiale fondato sulla pace, la sicurezza e il progresso dell’umanità!Una volta terminate le tensioni della guerra fredda che tanto sono costate in risorse economiche (armamenti) e psicologiche, animati da santi propositi credevamo di poter rivolgere energie e attenzione ai più poveri della terra. Il fatto è che il nostro pensare da buoni samaritani, un po’ ipocriti e un po’ sprovveduti, ci ha portato alle guerre stellari e sull’orlo di un’esplosione globale (in senso letterale di esplosione del globo). Narcisisti ed egocentrici, abbiamo dimenticato di essere solo una parte - e pure minoritaria - del globo, di cui, fra l’altro, ci sentiamo parte eletta. Non capendo le ragioni degli altri li abbiamo lasciati andare e nel momento in cui l’intelligence (servizi segreti ma anche capacità intellettuale) doveva servire a tenere sotto controllo i cento focolai di tensione internazionale, invece che rafforzarla, l’abbiamo mandata in pensione. Ci siamo bevuti il cervello e, orfani di nemici da combattere, abbiamo iniziato la scalata al benessere. Ai valori etici, vecchie cianfrusaglie da soffitta, abbiamo sostituito i ben più reali e convincenti valori economici di un capitalismo da bassa lega, sfrenato e rampante. Posti di fronte alla scelta fra libertà e democrazia o profitto e benessere, non avendo ragioni per dubitare di possedere le prime ci siamo tuffati alla conquista dei secondi.È a questo punto che sono entrati in scena i vari magnati dell’industri e delle finanze, improbabili modelli garanti del nuovo ordine mondiale. Ricchezza e felicità per tutti, la nuova parola d’ordine occidentale, mentre nell’altra metà del mondo montavano le tensioni, scoppiavano guerre e carestie e la gente continuava a morire e a fuggire: in Medioriente, in Africa, in Asia, in America Latina. Ma anche all’interno dell’opulento occidente si diffondevano la paura di non riuscire a sopravvivere alla competizione per il “benessere”, la povertà e il disagio sociale.Poi, l’11 settembre, di fronte alla Tv, mentre cadevano le torri gemelle, ci siamo chiesti: perché? Qualcuno allora ci ha spiegato, come si fa ai bambini, che esiste un ”asse del male” e che noi che siamo buoni e bravi dobbiamo combattere questi nemici cattivi, che hanno tante armi nascoste e vogliono farci tanto male, e che dobbiamo essere tutti uniti.No, è arrivato il momento di dire un NO chiaro e netto non solo alla guerra, ma soprattutto a questa offesa alla nostra intelligenza e alla nostra libertà. Non c’è stato un solo ragionamento convincente sulla necessità di questa guerra se non la favola da bambini che ci vogliono far credere. Ben altri sono i motivi, e ben altri sarebbero i modi per garantire pace e tranquillità nelle regioni dove di questo c’è bisogno - negli interessi stessi di chi vuole la guerra - a cominciare da quel lavoro di intelligence che troppo presto è stato ritenuto inutile e sorpassato. Ma ci siamo bevuti il cervello. Il miraggio di una prosperità senza fine e senza limiti ci ha fatto dimenticare l’etica della responsabilità. Il NO della voce del Papa è solo un grido solitario nel deserto. Non serve quantificare i probabili morti, come se dietro quei numeri non ci fossero interminabili sofferenze sulle quali continuiamo cinicamente a giocare. È ora che si urli forte NO a questa guerra; se qualcuno pensa che sia solo un modo spiccio di far girare un’economia in crisi, questa volta potrebbe sbagliarsi e l’errore sarebbe fatale.

 

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Num 21 Gennaio 2003 | politicadomani.it