Pubblicato su Politica Domani Num 21 - Gennaio 2003

Luis Sepùlveda
Cinema e narrativa a confronto
Il vecchio che leggeva i romanzi d'amore

Giorgio Razzano

Dopo il successo de "La gabbianella e il gatto", il famoso scrittore cileno Luis Sepùlveda ritorna al cinema con una nuova opera: "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore", tratto da un suo libro del '93. L'opera letteraria, che ha entusiasmato la critica e appassionato i lettori di tutto il mondo, ha spinto a portare sul grande schermo questo delicato ritratto di vita naturale.
Il film narra la storia di vecchio bianco di nome Antonio Josè Bolivar (Richard Dreyfuss) che va a vivere a El Idillio, un villaggio sperduto in una regione amazzonica, dove abitano gli indios Shuar. Qui apprende il loro modo di concepire la vita: rispetto per gli animali, la foresta e le popolazioni indigene, ma dai Shuar impara anche a cacciare il giaguaro. Intanto, per passare le notti equatoriali, nella sua capanna in riva al fiume, inizia a leggere dei romanzi d'amore che gli vengono offerti dal dentista Rubicondo Loachamin (Hugo Weaving). Riesce in questo modo ad allontanare l'odio che prova verso tutti gli uomini 'civilizzati' che credono di poter conquistare ogni foresta armati di fucili. Anzi, sarà proprio lui a dare la caccia al 'trigrillo', il felino che, accecato dal dolore, dopo che alcuni individui hanno vigliaccamente ucciso i suoi cuccioli con i fucili, è pronto ad uccidere ogni uomo in cui si imbatte. Il film, che vede il ritorno di Richard Dreyfuss sulle scene cinematografiche, ha uno stile documentaristico nella scelta delle immagini e didascalico nel ruolo che la storia sviluppa: difendere la natura contro l'uomo usurpatore, cercare di far vivere quanto più possibile gli spazi incontaminati del mondo e i suoi abitanti, che non sono solo gli animali, ma anche gli indigeni, gli unici ad essere rimasta al di là della barriera che l'uomo civile ha costruito contro la Natura. Purtroppo però la narrazione filmica non coglie perfettamente il cuore del romanzo di Sepùlveda e la regia di Rolf De Heer non è delle migliori. Il romanzo, al contrario, si presenta in maniera incantevole. Dopo un inizio in sordina prende subito quota, mostrando la parte più delicata del selvaggio Sudamerica: gli indios alle prese con la vita di tutti i giorni, la vita e la morte, la caccia, espressione della sfida con se stesso, e soprattutto un attento protagonista, che nulla ha in comune con questi abitanti se non lo spartire le giornate cercando di imparare a vivere quanto più possibile in maniera naturale. Lo scrittore cileno, abilissimo nella narrazione, possiede uno stile di scrittura rapido; egli appassiona il lettore attraverso episodi che si susseguono velocissimi, ma al tempo stesso lo fa anche riflettere sui comportamenti del protagonista il quale riesce a sopravvivere per coraggio, senso dell'avventura ed anche grazie al suo interesse nel mondo della Natura. La solitudine, altro aspetto caratteristico del romanzo, è un reso in maniera efficace dallo scrittore (e nel film si nota più di ogni altra cosa): la vita di Antonio, che forse rappresenta una sorta di alter ego di Sepùlveda, è scandita da pause e riflessioni e il silenzio è forse la voce più forte che rimane impressa nel cuore dello spettatore. Dal confronto fra le due opere, quella letteraria e quella cinematografica, risaltano immediatamente le limitazioni dell'opera filmica, specie nella sceneggiatura dove, naturalmente, sono stati fatti dei tagli. Sono modifiche inevitabili, che lo stesso scrittore ha ammesso di aver dovuto operare anche durante la preparazione dello script de "La gabbianella e il gatto". È necessario partire dal cuore del romanzo, dal suo messaggio, e poi ridurre e smussare sempre più i contorni; così anche qui, ne "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore", si sono dovute stabilire limitazioni ed ridimensionare certe scene (vedi il senso della vecchiaia, la sapienza di Antonio che vive nella foresta in accordo con gli indios, i segreti della natura che custodisce nel suo cuore), che nel romanzo sono incancellabili per poesia e senso ecologico. Sullo schermo per motivi di tempo, di narrazione e per esigenze di produzione queste scene sono state eliminate per poi essere recuperate in altri modi. Il film non ha la stessa forza espressiva del testo letterario: ricco per certi aspetti, valido per le interpretazioni, con personaggi molto ben riusciti sia sul profilo psicologico che sociale, è però deludente per i suoi contenuti, espressi talvolta in maniera lenta e arida. Suscita comunque valori che rimangono come la tolleranza intesa come eticità, gli anni che passano e la vecchiaia che incombe, la morte, il rispetto dell'ambiente, il senso di una vita vissuta in armonia con la Natura, il rifiuto della violenza.

 

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Num 21 Gennaio 2003 | politicadomani.it