Pubblicato su Politica Domani Num 20 - Dicembre 2002

Carceri, vini e cantine
Un DOC di Velletri molto particolare
Il miracolo degli ultimi che si incontrano con i primi

Maria Mezzina

Ci sono degli eventi che appartengono alla sfera del quotidiano capaci di modificare nel profondo persone e luoghi. È il caso dell'invito che ho ricevuto da un Rotariano di Velletri per l'inaugurazione della cantina del carcere di Velletri e la degustazione del vino, per la prima volta prodotto all'interno della casa circondariale. Il vino, quando è poco, è gioia e convivialità, il modo migliore per accogliere pienamente "l'altro". Il fatto poi che il rito conviviale si svolgesse all'interno del carcere è stata la ragione più importante della mia partecipazione.
La visita alla cantina e alle serre e la degustazione del vino - prelibato il novello, appagante il bianco, ancora troppo giovane il rosso, che sarà pronto per il primo dell'anno -, meritavano una maggiore attenzione. Trovato l'interlocutore adatto, un Rotariano viticoltore ed enologo, una passione per l'uva ed i vini ereditata dal padre, ricco di esperienza, con una grande carica di generosità e di umanità ("solo un Rotariano", dice lui chiedendo di rimanere anonimo) ho scoperto, in un'intervista, i segreti di quel piccolo grande successo.
Il carcere è stato costruito su un'ampia spianata, contrada Lazzaria, una volta intensamente coltivata a vigneto e poi abbandonata. Le ruspe hanno distrutto le vigne per far posto alla costruzione ma molti vigneti attorno sono stati risparmiati. Il terreno, fertile, andava però coltivato e occorreva piantare dei giovani vitigni - "ripiantumare delle barbatelle", viti selezionate riproducenti pregiate (in gergo tecnico) - perché la produzione di vino potesse essere ripresa. Il Rotary è un'associazione internazionale che "svolge progetti di interesse pubblico, prendenti di mira molti dei problemi più scottanti del mondo moderno. I Rotary club sono autonomi e decidono i loro progetti in base alle necessità locali". Il DG (Governatore Designato) del 1995, Cesare Longo, è da allora il coordinatore della Commissione Rotary "Reinserimento - Dal carcere alla società", che ha già promosso progetti a Roma, a Viterbo e in Sardegna. Longo ha messo insieme il carcere e la tradizione agricola ed enologica della città, e ha chiesto al club di Velletri di preparare un progetto da realizzare all'interno del carcere. È a questo punto che, sostenuto dagli altri soci del club, è entrato in gioco l'esperto enologo della mia intervista.
Sono stati determinanti, per la felice riuscita del progetto, vari fattori e alcune fortunate circostanze. La Costituzione Italiana, innanzi tutto, che all'articolo 27, terzo comma dice "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". La posizione della struttura, come già detto, al centro di una vasta zona prima coltivata a vigneti. La presenza fra i Rotary del nostro viticoltore, enologo appassionato e generoso. L'esistenza nel carcere di una serra bene avviata, sotto la direzione dell'agronomo dott. Rodolfo Craia, che in questo miracolo ha avuto un ruolo fondamentale. La presenza fra i detenuti di Marcello, un esperto enologo che ha portato avanti il progetto dall'interno insieme ad una decina di altri internati. E infine, su tutto, la disponibilità del Direttore, il Dott. Vincenzo Magri.
La realizzazione del progetto è andata avanti per gradi: la risistemazione dei vigneti, la ripiantumazione delle barbatelle e il recupero delle viti autoctone (varietà pregiate del luogo scomparse a causa della guerra e della commercializzazione indiscriminatata). È stata fatta la misurazione dei vigneti per poter censire le vigne al catasto vinicolo e ottenere il marchio DOC (denominazione di origine controllata) e IGT (indicazione geografica tipica), a cura del geometra Giorgi, anche lui Rotariano, per poter immettere sul mercato un prodotto di qualità, in grado di sostenere la concorrenza e di superare il pregiudizio di chi legge sull'etichetta la sua provenienza: "Casa Circondariale di Velletri".
E così è nato il progetto. Esso è piaciuto al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria che lo ha finanziato e, con il contributo di esperienze e professionalità esterne ed interne, lo ha realizzato.

Una cantina piccola, tecnologicamente avanzata e bene avviata
La cantina è piccola (18.000 bottiglie di vino prodotte) ma è tecnologicamente avanzata. Il sistema di "pigiatura morbida" permette la produzione di "mosto fiore pregiato". La fermentazione avviene in silos a temperatura termocontrollata (circondano i silos fasci di tubi, nei quali passa acqua glicolata, che mantengono la temperatura del mosto fra i 16 e i 18 gradi).
Il piano di commercializzazione, curato per ora dal mio interlocutore, prevede il coinvolgimento di tutti i club del Rotary, delle cantine enologiche locali e degli appassionati di vini di qualità. Ma anche il carcere può vendere il prodotto.
E dopo? I detenuti, che sono pagati per il loro lavoro, sono solo degli ospiti (per il più breve tempo possibile, è l'augurio di tutti) della casa circondariale. Per alcuni di essi però la cantina potrebbe diventare un lavoro onesto e redditizio, una volta liberi e fuori dal carcere. Continuare a coltivare i vigneti, fare da consulente enologo, interessarsi della commercializzazione del vino, fare trasporti e consegne, diventano reali possibilità per mantenere se stessi e la propria famiglia. Ci sono tutti gli elementi per costituire un'azienda cooperativa, piccola per ora (qualche diecina di persone), ma certamente in grado di crescere; perché il vino è veramente buono: "macerazione criocarbonica al 100%" notava Franco Salvatori (Ezio al Ponte) intervenuto alla degustazione e anche lui appassionato e affascinante narratore di vini; "uno dei due migliori 'novelli' assaggiati quest'anno" diceva il capo dei sommelier, anche lui presente all'evento. E il prezzo è basso in confronto alla qualità.
Un miracolo fatto con il concorso di tutti, a cominciare dai nostri Padri Costituenti, con l'impegno professionale, umano e sociale di "quelli come il Rotary", fino alla testimonianza del valore della umana dignità nel lavoro e nella dedizione, senza distinzione alcuna

 

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