Pubblicato su Politica Domani Num 20 - Dicembre 2002

Apertura dell'UE alla Turchia
Verso un'Europa multietnica
Allargamento o riunificazione?

Alberto Carroccio

Al Consiglio Europeo del 12 dicembre a Copenhagen, l'UE deve decidere se fissare o meno una data per l'apertura dei negoziati sull'adesione della Turchia. Entrata nel 1999 nell' elenco dei Paesi candidati a entrare nell' Unione, era però stata di fatto bloccata lo scorso 25 ottobre, quando i Quindici avevano deciso di non indicare la data di avvio dei negoziati.
Oggi la Turchia si affaccia in Europa con un nuovo profilo: è guidata da un partito Islamico moderato che ha un leader, Recep Tayyp Erdogan condannato, per "incitamento all'odio religioso", a dieci mesi di reclusione e a cinque anni d'interdizione dalle cariche pubbliche. Causa della condanna: aver pronunciato in pubblico, il 6 dicembre 1997, questi versi: "I minareti sono le nostre baionette, le cupole i nostri caschi/ Le moschee sono le nostre caserme, i credenti i nostri soldati/ Questa armata divina protegge la mia religione/ Dio è grande, Dio è grande". Impossibilitato a diventare premier, nonostante alle ultime elezioni il partito da lui guidato, Giustizia e Sviluppo (Akp), abbia ottenuto i 2/3 dei seggi del Parlamento (363 su 550), si è trovato costretto a recitare ufficialmente il ruolo del secondo, in attesa di un emendamento della costituzione. Da subito però la sua figura è apparsa chiaramente a tutti come quella di un leader proiettato verso l'Europa: poco dopo la vittoria ha infatti dichiarato: "Non cammineremo ma correremo incontro all'UE". La sua in effetti sembra una corsa contro il tempo, dovendo cercare di incontrare più leader possibili prima della fatidica data del 12 Dicembre. Una strada in salita per l'ex sindaco di Istanbul, dato che è iniziata sotto l'anatema lanciato da Valéry Giscard d'Estaing, Presidente della Convenzione Europea, convinto che l'ingresso della Turchia nell'UE "causerà la paralisi" e "sarebbe la fine dell'Unione". Per ora, le sue preoccupazioni sembrano essere condivise solo da tale Pietro Cavedio - sindaco leghista di uno sperduto paesino di 1.300 abitanti dell'Alta Valsassina -, che alla notizia della vittoria della lista islamica ha fatto mettere le bandiere a mezz'asta nel suo comune. "La posizione dell' Italia è chiara: noi pensiamo che un grande Paese come la Turchia debba entrar e a far parte dell' Unione Europea, come già fa parte dell' Alleanza atlantica", ha affermato il Presidente del Consiglio Berlusconi, dando credito a Erdogan in visita in Italia lo scorso 13 novembre, prima tappa del suo giro in Europa.
È però certo che la maggior parte dei paesi europei, ad esclusione dei paesi nordici, sembra concordare con il fatto che la Turchia oggi più che mai ha bisogno di verifiche concrete e durature.
Il governo Erdogan deve dimostrare di voler proseguire nell'opera di avvicinamento all'UE, continuando sulla strada già tracciata dal precedente governo Ecevit il quale, sotto la pressione di Bruxelles, aveva approvato l'abolizione della pena di morte, la piena libertà di opinione e di associazione e l'abolizione del divieto di usare la lingua curda, che potrà dunque essere diffusa e insegnata.
La maggioranza schiacciante, ottenuta in parlamento grazie ad un sistema elettorale con un altissimo sbarramento al 10%, che di fatto ha dato il 66% dei seggi ad un partito che ha ricevuto il 34% dei voti scrutinati, sembrerebbe indicare la possibilità di un governo stabile e perciò in grado di affrontare tutte le riforme necessarie per l'ingresso del Paese nell'Unione Europea. Ingresso della Turchia, a seconda dei pareri, porterebbe ad un'ulteriore allargamento o ad una più estesa riunificazione dell'Europa, la cui identità sembra essere oggi il nuovo motivo di scontro. Se infatti l'allargamento può essere in definitiva illimitato, il concetto di riunificazione presuppone l'esistenza di un nucleo centrale attorno al quale si ritrovano le nazioni nel senso che si riconoscono e condividono tale elemento unificatore. Le ragioni delle comuni radici cristiane, nelle quali si riconoscono i Paesi dell'Unione, sembrano invece soltanto un pretesto per nascondere ciò che, di fatto, è oggi il principale motivo di appartenenza all'UE: l'andamento economico. È ciò che sostiene Orhan Pamuk, uno dei più famosi romanzieri turchi, quando dice che "in Turchia ci sono 20 milioni di disoccupati che vivono con 2.500 dollari all'anno e che la prospettiva di risanare quest' economia è un sogno." Un sogno che è anche la sfida dell'Europa di domani.

 

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Num 20 Dicembre 2002 | politicadomani.it