Pubblicato su Politica Domani Num 20 - Dicembre 2002

Turchia
Dietro e fuori le sbarre
Libertà, diritti umani e carceri di massimo isolamento

Maria Mezzina

Stanno morendo, di una morte lentissima e atroce; già in 98 se ne sono andati ma a decine sono ormai in coma irreversibile. Sono i prigionieri nelle carceri della Turchia; protestano così la loro opposizione al nuovo sistema carcerario e cercano in questo modo di portare all'attenzione del mondo il problema della violazione dei diritti umani in Turchia.
Le vecchie carceri turche prevedevano larghi spazi di detenzione, da 60 fino anche a 200 detenuti, tutti nella stessa camerata. Costretti a questa promiscuità, non erano rare forme di violenza collettiva che si risolvevano spesso anche nell'uccisione di detenuti ritenuti "scomodi". Eppure questo tipo di detenzione permetteva una forma di prosecuzione della vita di relazione all'interno del carcere; inoltre costituiva un deterrente importante contro atti di violenza e torture fisiche e psicologiche che si sarebbero potuti compiere nei confronti dei detenuti, molti dei quali incarcerati per reati politici e di opinione, o in carcerazione preventiva perché in attesa di giudizio o in attesa di essere condotti davanti a un giudice. Lo sciopero della fame estremo a cui si sono sottoposti, non solo i detenuti ma anche alcuni loro amici e famigliari fuori dal carcere, è contro la detenzione in un tipo di carcere di massimo isolamento e a favore della modifica in senso meno restrittivo dell'articolo 16 della legge anti-terrorismo. La legge prevede il totale isolamento in piccoli spazi e senza alcun contatto con l'esterno di tutti i detenuti, condannati e in detenzione preventiva, nelle nuove carceri - dette di tipo "F" -, che continuano ad essere velocemente costruite accanto alle vecchie carceri. I nuovi luoghi di detenzione sono formati da tante piccole celle da uno a tre posti, con un cortiletto davanti per "l'ora d'aria", circondato da pareti tanto alte da impedire che il sole possa mai raggiungere il terreno (13 mq per le celle singole e 45 mq di cortiletto). Il fatto è che questo tipo di regime carcerario è proibito dai trattati internazionali sui diritti umani perché, in queste condizioni, i detenuti sono alla mercé di possibili torture da parte di carcerieri e ufficiali di polizia, e perché questo tipo di detenzione è considerato per se stesso degradante e lesivo della integrità mentale del detenuto.
La Turchia non brilla per rispetto dei diritti umani. La recente legge che abolisce la pena di morte (condizione necessaria ma non sufficiente perché il paese sia ammesso nell'U.E.), non ha ancora portato la "giustizia" invocata da tutti. Sono frequenti i casi di arresto per reato di opinione e la chiusura di associazioni e organi di stampa non allineati con il governo al potere. La legge anti-terrorismo del 1991, agli articoli 8, 159 e 312, prevede come reati penali la propaganda separatista, l'insulto a pubblico ufficiale e l'incitamento all'odio (formula sotto la quale cadono anche i casi in cui si fanno semplici riferimenti alla questione curda). Questa legge è stata e continua ad essere usata per arrestare ed intimidire coloro che si occupano di diritti umani e coloro che esercitano il loro diritto alla libertà di espressione, specie nei casi in cui si manifestano opinioni - ovviamente diverse da quelle del governo in carica - sulla questione curda, sulle carceri di tipo "F" e sull'Islam. Nonostante le dichiarazioni concilianti di ministri e capi della polizia, forme di maltrattamento e vere e proprie torture continuano ad essere abitualmente usate e largamente tollerate o persino incoraggiate ; queste avvengono specie nei giorni immediatamente seguenti l'arresto, nelle stazioni di polizia, anche contro donne e bambini. E non sono pochi i casi di "sparizioni" dovute ad esecuzioni extragiudiziali.
Nella costituzione turca (1982), all'articolo 17 si legge: "Nessuno sarà soggetto a tortura o maltrattamenti incompatibili con la dignità umana". Ma, "la tortura è un problema di cultura. Occorreranno almeno altri 10 anni perché in Turchia si ponga fine alla tortura", ha dichiarato l'ex Ministro degli Interni il 28 luglio 2001 al giornale Cumhuriyet.

 

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