Pubblicato su Politica Domani Num 20 - Dicembre 2002

Commercio equo e solidale: non solo bottega

 

"Ha ragione Alex (Zanotelli). Il commercio equo entra sempre più nel sistema di mercato attuale, con le medesime logiche e luoghi. Dovrebbe avere invece una modalità di diffusione che prosperi localmente là dove c'è miseria e sfruttamento, ingiustizia economica, sociale ed ecologica. Questo anche da noi, non solo in Africa, promuovendo e garantendo alla produzione locale un commercio locale. Come dice Alex le botteghe del commercio equo non devono essere esclusivamente punti vendita ma bensì dei luoghi ove si scambiano, oltre alle merci, anche cultura, conoscenza, saperi, tutto quello che non esiste nel sistema del consumo ove ciò che conta è il possesso materiale non certo la reciprocità, lo scambio culturale e la tutela dei diritti dei lavoratori della produzione e del consumatore. Il commercio equo deve essere così, qui da noi come in Africa." (Giovanni Zampini)

Dalla lettera di Alex Zanotelli
"La sfida del commercio equo consiste non nel far entrare nel circuito della moda i prodotti del Sud del mondo ma far diventare un bisogno la scelta etica del consumatore. Ciò significa che è necessario pensare più in termini di innovazione sociale che di innovazione di prodotto." (Tonino Perna)
Per questo ritengo fondamentale che il commercio equo trovi la capacità di uscire dai propri circuiti e fare rete con quelle realtà locali che tentano la creazione di spazi economici locali con mercati locali, orientati al bisogno, sostenibili dal versante ecologico e che promuovono il lavoro. Per questo l'eccessivo strutturarsi del commercio equo potrebbe ucciderlo come movimento. Ritengo infatti importante sottolineare che il commercio equo non è una catena commerciale, né una associazione (men che meno una mega associazione) ma un movimento popolare.
Guai a noi se tradiamo questa intuizione originale!!!

 

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