Pubblicato su Politica Domani Num 20 - Dicembre 2002

USA, elezioni di medio termine
La carta vincente di George
Il futuro americano, sempre più a destra…

Marianna Bartolazzi

Dopo Franklin Delano Roosevelt nel 1934, nessun Presidente aveva condotto il proprio partito a vincere alla Camera e al Senato nelle elezioni di medio termine.
George Bush, come Bill Clinton, ha sconfitto la "maledizione di medio termine" ottenendo un risultato addirittura migliore del suo predecessore, che aveva fatto guadagnare terreno al partito democratico, pur essendo rimasto in minoranza.
I repubblicani hanno ripreso il controllo del Senato, hanno consolidato la maggioranza alla Camera e hanno conservato il maggior numero di governatori nei 50 stati, aprendo una strada che porta gli Stati Uniti sempre più a destra.
I numeri del bottino: 227 seggi alla Camera, dove la maggioranza assoluta è di 218, e 51 seggi al Senato, uno in più della maggioranza assoluta; il vicepresidente Dick Cheney è anche Presidente del Senato e può votare con il suo partito. Un alto funzionario della Casa Bianca commenta in questo modo il risultato elettorale: "Gli elettori ci hanno consegnato le chiavi della macchina: possiamo accelerare la corsa, ma se finiremo fuori strada la colpa sarà soltanto nostra". In effetti, non ha tutti i torti. Bush non deve più contrattare niente con il congresso, e si può affermare - quasi con sicurezza - che possieda ormai il potere assoluto, ma è altrettanto vero che mai come adesso il Presidente corra molti rischi: non potrà più incolpare l'opposizione democratica e l'ex Presidente Clinton di essere i responsabili della crisi economica. Bush ha tempo fino al 2004 per giocarsi le carte del "potere assoluto". E il gioco, secondo la visione di Bush, sarà tutto condotto in questi campi: economia, tasse ridotte per le aziende, incentivi per chi investirà in borsa, meno restrizioni per gli amministratori delle corporation coinvolte negli scandali finanziari, diventeranno permanenti i tagli alle tasse per 1.350 miliardi di dollari in 10 anni; Iraq, Bush può cominciare la guerra in qualunque momento, anche senza l'autorizzazione dell'Onu; giustizia, sterzata a destra della magistratura per soddisfare i desideri del Presidente riguardo le leggi sull'aborto e le restrizioni dei diritti civili in favore della "sicurezza", leggi speciali per limitare i risarcimenti per i danni alla salute e all'ambiente; sicurezza, creazione di un ministero della sicurezza interna, che assorbirà parte dei poteri dei governatori e dei ministri di giustizia, esteri e difesa, che avrà ai suoi ordini la Cia e l'Fbi e avrà fondi straordinari contro il terrorismo; assistenza sociale, assegnazione alle chiese di buona parte dei fondi federali per l'assistenza sociale, delega dell'assistenza dei poveri agli istituti religiosi, riforma del welfare con l'abolizione dei sussidi per le madri nubili e aumento degli incentivi al matrimonio; pensioni, incoraggiamento dei lavoratori ad investire in borsa parte dei contributi che vengono versati per le pensioni; sanità, la mutua degli anziani sarà trasferita ad assicurazioni private e il costo dell'assicurazione sarà in parte deducibile dalla dichiarazione dei redditi. Il Presidente potrà ora, in piena e pulita coscienza, affermare che il popolo americano gli ha affidato un mandato senza riserve per la guerra all'Iraq, e considerarsi assolto dagli scandali finanziari che hanno coinvolto gran parte dei più forti finanziatori della sua campagna elettorale. Eppure le piazze americane continuano a riempirsi di dimostranti contro la guerra, e i sondaggi riportano che la maggiore preoccupazione degli americani è la crisi economica piuttosto che le armi di Saddam. Il motivo è semplice: il partito democratico sembra avere rinunciato al suo diritto istituzionale di opposizione contro la guerra e di denuncia degli scandali finanziari (forse perché vi sono coinvolti anche alcuni suoi notabili).

 

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Num 20 Dicembre 2002 | politicadomani.it