Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002

Opera Nazionale della CdR
Testimonianze Dalla "Città dei Ragazzi"
le interviste di Simona Ottaviani

Risponde Porfirio Grazioli, Presidente

Era un prete irlandese che negli anni '30 è venuto in Italia con la prospettiva probabilmente di fare una carriera diplomatica ecclesiastica, diventare Monsignore, diventare magari Nunzio, e la stoffa c'era e la statura culturale e pastorale c'era. Se non ché è rimasto imbrigliato in Italia in incarichi che da Pio XI attraverso i suoi cardinali Canali, Pizzardo, ecc, gli hanno dato nel riattivare quella che si chiamava l'Azione Cattolica che era stata in qualche modo eliminata all'inizio degli anni '30 perché a Mussolini non andava bene, diceva che era un covo di socialisti ecc, invece l'azione cattolica ha un'altra prospettiva e è stato affidato a Monsignor Carroll-Abbing la re-istituzione di questa Actio-Cattolica, in latino questa volta. I collaboratori di monsignore a quel livello lì erano tutti studenti universitari che si chiamavano per esempio Aldo Moro, Luigi Gedda, Giulio Andreotti, e di questo tenore. Hanno collaborato con lui, hanno iniziato negli anni '38-'39-'40 ma nel '40 scoppia la guerra e monsignore viene in qualche modo cooptato, intanto era diventato Papa Pio XII, e approfittando delle sue altissime qualità diplomatiche, conosceva varie lingue, ha avuto l'incarico di seguire le prime vittime della guerra quali erano per esempio i feriti che venivano dal fronte greco e questi feriti venivano all'ospedale dei cavalieri di Malta dove lui era semplice cappellano e ha incominciato a mettere in pratica la sua missione di sacerdote dei più deboli, dei più bisognosi.
Finita la guerra, dopo i bombardamenti e la liberazione, autorizzato dal Papa Pio XII, si è dato a portare viveri, medicinali e primi soccorsi in tutti i luoghi che venivano bombardati, attaccati dalla guerra: quindi siamo a Velletri, Genzano, Albano, Nemi, tutti Comuni che poi gli conferiranno la cittadinanza onoraria. Ma nel frattempo anche a Montecassino Monsignore ha fatto la guerra da prete nel senso che si è messo ad assistere i feriti e i morti e ha meritato la medaglia d'argento al valor militare sul campo. Poi si è fatto tutta la Ciociaria,. Tutta la parte dell'Italia dopo lo sbarco di Salerno e dopo lo sbarco d'Anzio e quindi è stato l'apostolo del Vaticano, della beneficenza, della pronta assistenza. Partiva quando sapeva, tramite lo spionaggio americano, che ci sarebbe stato un attacco da parte delle navi del porto d'Anzio, del porto di Nettuno su Velletri, su Cori, ecc, partiva dal Vaticano con i camion carichi di medicinali, alimentari e li andava a portare sotto le bombe. Velletri è una cittadina che è testimone drasticamente perché Padre Italo Laracca che è un benemerito della zona era uno di quelli che, in contatto con monsignore, partiva da qui e gli portava i medicinali in mezzo alla strada e sotto le bombe. Un bellissimo episodio-aneddoto: mentre stavano sotto le bombe dice "ma qui non c'era del buon vino una volta?" "Sì però bisogna andare dalla parte della strada di là" "Beh, andiamo!" "Ma ci sono le bombe" "Andiamo!". Sono andati hanno preso il vino e lo hanno bevuto. Questo è Monsignore. Questo episodio Padre Italo Laracca lo riporta nel suo libro "Le memorie di Velletri".
A Monsignore, dopo la guerra, viene affidata tutta la distribuzione dei beni Urra. Praticamente il Piano Marshall che doveva dare la beneficenza a tutta Europa, all'Europa sconfitta, con sede in Svizzera è affidata a Monsignore.
Finita questa operazione di pronto Soccorso, di pronto intervento nei confronti di tutti i bisognosi, quindi sotto le bombe, tanto per dire a Nemi andava nelle grotte del lago di Nemi che era una serie di rifugi, andava a prendere i più deboli, i malati, i vecchietti, le mamme incinte e li portava a essere curati nella villa di Castel Gandolfo dove il Papa Pio XII, e questo non lo dice mai nessuno, di Pio XII si diceva solo che era fascista, aveva messo a disposizione di Monsignor Carroll i corridoi stessi a mettere dei pagliericci, dei materassi alla meglio e ad aiutare questa povera gente. Finita la guerra calda incomincia ad occuparsi dei ragazzi che erano mutilati e tutta questa attività successivamente Monsignore piglierà la medaglia d'oro al valor civile e poi ancora la cittadinanza onoraria di Roma per ciò che ha fatto.
Lui incomincia a raccogliere i ragazzi della stazione Termini, quelli che andavano lavorando durante il giorno, e alla sera li organizzava in un seminterrato di via Varese, un androne sotterraneo, dove gli organizzava per dargli da mangiare almeno la cena perché durante il giorno lavoravano, facevano gli sciuscià. Monsignore è il famoso "Monsignore degli sciuscià", "Sciuscià" che poi è il titolo del film di De Sica e molti dei nostri ex-ragazzi, dei ragazzi di Monsignore, sono le comparse di questo film, vere, naturali. Gli portava da mangiare la sera farina di uovo, di pesce, ecc, prendendolo dal Vaticano insieme con il suo collega d'ufficio, minutante di segreteria che si chiamava Giovan Battista Montini, Monsignor Giovan Battista Montini, Paolo VI, il quale poi verrà a fargli visita qui, perché ha visitato la Città, il primo papa che è venuto alla Città. Giovan Battista Montini l'avrebbe voluto fare vescovo parecchie volte ma Monsignore non ha mai voluto "Lasciami con i ragazzi".
Quando si è trovato questo primo nucleo di ragazzi ormai dopo la guerra, tra le maceria, senza una famiglia, senza un supporto familiare o perché avevano perduto i genitori o perché i genitori chi stava ancora in guerra, chi stava prigioniero, chi si era disgregato già di fatto, si è posto il problema: questi ragazzi lavorano, "sciusciano", rubano, ecc, ma stanno insieme: come possiamo fare dato che non c'è più una famiglia? Mettiamoli insieme come una piccola comunità, facciamo una comunità ad immagina e somiglianza del Comune dando la responsabilità, avviandoli, dando a ciascuno un compito da svolgere ma che se lo eleggano tra loro questo compito, se lo assegnino tra loro, quindi si eleggano un Sindaco: facciamo una Città di ragazzi. L'idea è questa in modo da avviare quell'esercizio dell'autogoverno, il metodo dell'auto-responsabilizzazione: ognuno piglia un incarico, gli viene assegnato dal Sindaco che lui ha eletto democraticamente e a cui deve tener fede. Questo è il principio pedagogico fondamentale della Città dei Ragazzi di Monsignor Carroll. Questo pensiero pedagogico è compreso in una tesi di laurea che è stata discussa l'anno scorso a pieni voti, ed è il fiore all'occhiello della nostra pedagogia: avviare i ragazzi all'esercizio della libertà e responsabilizzarli nello spirito della dignità civica, della responsabilità civica, del servizio agli altri mentre crescono loro. "Sognai un giorno…"
In questi 50-60 anni si è tentato di tenere fede a questa impostazione ideologico-pedagogica che adesso sta subendo alcuni colpi di aggressione perché non si crede più tanto alla comunità, alla comunità come momento sussidiario della famiglia. La famiglia è la società iniziale, la cellula della società ma se questa viene in qualche modo compromessa, disgregata per qualunque ragione, oggi ce ne sono molte di più del tempo della guerra per disgregare famiglie, il passo successivo, sussidiario che è l'educazione del ragazzo quale potrà essere? Una comunità simile a un comune per poter responsabilizzare i singoli ragazzi, anche i più deboli, anche i più sprovveduti di doti naturali. Allora Monsignore su questo principio, che in qualche modo aveva mutuato da Padre Flannaghan ma Padre Flannaghan in America non aveva trovato il terreno, Padre Flannaghan aveva concepito il principio della responsabilizzazione e basta, non aveva, pur avendo fatto un film su queste cose, non trovava in America il terreno adatto. Monsignor Carroll, che è biografo di Padre Flannaghan, e amico, quindi ne conosceva tutta la consistenza pedagogica, monsignor Carroll qui in Italia ha fatto le Città dei Ragazzi su quel principio, e le ha avviate e le ha portate avanti praticamente fino ad adesso, iniziando a fondare la Repubblica dei Ragazzi a Civitavecchia e poi ad affidarla come era nel suo stile. Avviava delle opere e le affidava a persone volontarie che volessero continuare nella sua impostazione, Padre Antonio, don Antonio Rivolta è stato il suo primo collaboratore. E poi man mano ha fondato un cinquantina di opere analoghe ma a questa Città dei Ragazzi, dopo che ha lasciato Civitavecchia, continuando a seguire abbastanza Civitavecchia soprattutto per aiutarla a crescere economicamente, ha comprato questa zona e l' ha bonificata in senso di ambiente per giovani ragazzi già suddivisi in gruppi. Qui abbiamo le ville da molto prima di quando si parlava di gruppi appartamento, casa famiglia, robetta che stanno inventando adesso e sta già cominciando a morire. Ha fatto delle ville: Città Giardino, Città Industriale con Villa Terrazzano, Villa Colombo, Villa Marco Polo, Villa Magellano, ecc in moduli, il nostro sito dice in "comunità modulari, in piccoli gruppi". Questa cosa è andata avanti per parecchio tempo, ha fondato la Città dei Ragazzi nel 1952 con la prima pietra di Città Giardino e poi l' ha sviluppata sempre con il metodo dell'autogoverno.
La Città dei Ragazzi, la Città delle Ragazze e la Cittadella che raccoglieva in Via Flaminia i primi ragazzi che avevano avuto problemi di criminalità, usciti dal carcere dei minori li accoglievamo in comunità di 14-16 ragazzi per avviarli al lavoro, a fare i pompisti ai distributori di benzina, il calzolaio, il vetraio, ecc, dopo che avevano avuto esperienza nella vita del carcere dei minori. Queste tre comunità, unità operative, le seguiva direttamente Monsignore da questo posto centrale, questo osservatorio: la Città dei Ragazzi, suddivisa in Città Giardino e Città Industriale, prima erano Città Vecchia e Città Nova, e poi la Città Delle Ragazze. La cittadella purtroppo è stata chiusa però era un'altra delle nostre unità che Monsignore seguiva direttamente attraverso i suoi collaboratori direttori del Centro Osservazione Medica Psico-Pedagogica con funzioni di anamnesi generale del ragazzo, del caso dal punto di vista medico psicologico, ecc. si faceva una cartella per poi avviare su questo caso un progetto educativo basato sull'autogoverno, individualizzato e personalizzato.

La cosa importante e che precorreva un pochino i tempi è questa: adesso si richiede la firme del minore per qualsiasi progetto venga fatto per lui e lo richiede la nuova legge, la disposizione del regolamento per i gruppi appartamento. Questa qui è una cosa che sempre è stata fatta all'interno della Città dei Ragazzi: è sempre stato chiesto il parere dei ragazzi qualsiasi cosa venisse fatta per loro porta la firma.devi conoscere qual è il tuo progetto educativo. dott.sa Angela D'Anna Psicologa e Assistente Sociale CdR

Che cosa l' ha ispirata?
L'amore per i più deboli, i ragazzi più bisognosi su una convinzione: che i ragazzi sono già persona in atto. La filosofia scolastica dice che un bambino è un uomo in potenza perché è ancora piccolo e potrà diventare uomo, quando sarà uomo sarà uomo in atto. Per quanti riguarda il concetto di persona non esiste potenza e atto, già appena è concepito è una persona in atto, in quanto tale è anche portatrice di doti, le più piccole, le più misere, anche l'imbecille ha una dote, quella di essere intanto una persona da rispettare. Maxima debetur puero reverenzia, al ragazzo bisogna dare il massimo rispetto. Su questo appena il ragazzo comincia a esprimere la sue facoltà, abituarlo alle scelte sulla sue responsabilità, iniziare la scuola di autogoverno appena è possibile. Città dei Ragazzi si è organizzata con una fascia dai 9-10 per le ammissioni, tenendoli fino alla maggiore età e poi oltre la maggiore età assistendoli per all'inserimento nel lavoro ma anche con un bambino dai 0 agli 8 anni c'è la possibilità di fare opera di autogoverno. Si occupa quindi di tutta questa fascia di ragazzi bisognosi, possibilmente con un più davanti: più bisognosi degli altri, i più bisognosi di tutti e prenderli per avviarli ad un esercizio, ad una crescita formativa e auto-responsabilizzante. Si deve abituare a dire: questo se tu lo vuoi lo fai, se non ci riesci non deve dipendere da te; se non ci riesci perché dipende da te non ti sei impegnato abbastanza, io ti aiuto in tutti i modi, ti tolgo i condizionamenti, ti sto vicino, ecco la figura dell'educatore che nella Città è assistente non è il termine pienamente comprensivo del concetto ma in latino ad-sisto vuol dire "sto ad, sto appresso, sto vicino" per aiutare chi si trova in difficoltà. Questa sarebbe l'opera dell'assistente e non prendere per mano trascinandolo dove vuoi tu, indicare la strada, aiutarlo ad imboccarla e poi assisterlo in modo che da solo vada avanti, questo è l'autogoverno.

Quali sono le differenze con gli altri istituti?
Non ne voglio sapere. Non lo so, non li conosco gli altri istituti. Certo non devono essere quelli che mettono in fila i ragazzi, che non impostino l'educazione su una valorizzazione del ragazzo qualunque sia il livello base di partenza. Ognuno ha delle risorse diceva Monsignore, anche il più handicappato chissà che quando saremo in paradiso quell' handicappato non sta più su di me che sono un maestro di pedagogia? Questo l' ha detto pure al Papa, in udienza col Papa, parlando dei ragazzi deboli gli ha detto "Santità, chissà quando saremo in paradiso.." e il Papa gli ha detto "Hai ragione chissà che qualche scemo di questi handicappati non ci sta sopra!". Perché ogni persona, per quanto scarse, limitate, discutibili, condizionate possa avere le sue facoltà ce ne ha abbastanza per uscir fuori da solo ad essere qualcuno nella vita. Anch'io servo.

Quanti ragazzi ospita?
Puntum dolens. La Città dei Ragazzi non ha mai fatto questione di numero ragazzi, ha fatto sempre questione di spazi persona, cioè quanto spazio mi serve non solo fisico ma culturale, ambientale per avere un ragazzo? Deve poter avere sì un letto, deve poter avere un posto a tavola, deve avere un posto a scuola, un posto di gioco… Allora i posti persona della Città dei Ragazzi noi abbiamo raggiunto i 148 ragazzi, potevamo forse metterne anche di più. Da quel momento è cominciato a calare da quando hanno fatto la cosiddette "de-istituzionalizzazione", togliere i ragazzi dalle comunità senza ricordarsi che la comunità si era formata perché la famiglia era disgregata. Questa è una illogicità che la legislazione di adesso sta ancora riattando. Le case famiglia stanno fallendo, avrebbero come scopo di tenere i ragazzini da 0 a 8 anni, e poi i gruppi albergo, noi, dai 10-11 fino ai 16-17 anni, devono tenere i ragazzi per il tempo strettamente necessario al reinserimento in famiglia. Allora la casa famiglia è nata perché non c'era la famiglia, li deve tenere 3 mesi per rimetterli lì, lo dice la legge. Illogicità totale. La concezione della comunità della Città dei Ragazzi, invece, secondo lo spirito e il pensiero di Monsignore, è: dato che la famiglia non c'è, purtroppo non si ricostruisce più, possibilmente se si riuscisse a ricreare un nucleo di fratelli e mettere insieme fratello e sorella, e qui noi facevamo ammissioni anche fino a 3 fratelli appositamente, un fratello qui e due sorelle alla Città delle Ragazze appositamente, per poi ricreare qualche condizione di riunificazione. Ma i ragazzi di 15-16 cominciano anche dalle famiglie più sane e più organizzate cominciano la fase della centrifugazione dalla famiglia. Andare a rincorrere i ragazzi per rimetterli dentro la famiglia quando si trovano in fase psicologicamente, fisiologicamente in fuga è assurdo: bisogna creare fuori della famiglia ambienti comunitari che mi raccolgano le istanze quindi sarà l'ambiente sportivo, sarà l'ambiente dei giochi, della scuole e c'è tante altre occasioni, quelli sono i luoghi di valorizzazione dei ragazzi. Non perché si è contro la famiglia ma in un ambiente come il nostro che la famiglia non c'è mai stata pensare a riportarli in famiglia è una utopia distillata e pura. Purtroppo la legislazione ha il (già al?) tempo della de-istituzionalizzazione, le politiche di sinistra che portavano via i ragazzi dalle comunità, e dopo due anni ce li riportavano qui perché non avendocela una famiglia finivano sulla strada.

Com'è cambiata dalla sua nascita?
Direi che nello spirito non è cambiata, è cambiata la tipologia dei ragazzi bisognosi. Si parte dai ragazzi vittime della guerra, mutilatini, gli sciuscià, gli orfani, più o meno così, si passa ai figli dei separati, ai figli dei divorziati, agli immigrati, adesso è il momento loro, purtroppo, all'accoglienza selvaggia degli immigrati, alla immissione poco organizzata d questi con tutta la problematica che ne deriva e qui stiamo pagando in questo momento questa fase.

Com'è organizzata?
Il problema è: è un istituto come un altro, con una responsabilità, un direttore, ma internamente a fini puramente pedagogici, quindi di educazione , la Città dei Ragazzi è concepita come una piccola comunità uguale simile all'ente locale con l'autorità che nasce dai ragazzi per elezione, che poi distribuisce gli incarichi e quindi si mette in moto un meccanismo di autogoverno simile a un ente locale. Ecco perché nell'assemblea della Città dei Ragazzi ci sono 4 bandiere delle 4 Repubbliche Marinare che sono il simbolo delle prime autonomie locali in Italia dal Medioevo e sono Amalfi, Genova, Pisa, Venezia. E chiaramente questi sono gli esempi, i modelli di comunità che si organizza come un comune, quindi c'è il suo Sindaco, si chiamavano i Podestà, erano i Capitani del popolo, eletti democraticamente con il ballottaggio che hanno inventato adesso. Alla prima elezione i primi due che prendono voti poi la settimana successiva concorrono per essere sindaco uno dei due. E tutte cose che funzionano qui da 40 anni, da quando ci sto, dal 1 ottobre '62, ma prima che venissi io già funzionava così e praticamente questo modo di essere organizzati ci si illude, ma si ha ormai anche la certezza, che il ragazzo si abitui a gestire se stesso in solidarietà con gli altri, con dei doveri da assolvere, con dei diritti da avere e da reclamare in assemblea quotidiana discutendo. È una palestra di responsabilizzazione la vita organizzata alla Città dei Ragazzi.

Che tipo di legame si crea tra la Città e suoi "cittadini"?
Siamo una piccola comunità che interagisce con la più vasta comunità democratica. Interagisce, si inserisce come può, incominciando a imparare come si fa a stare in società, come si fa a fronteggiare i problemi.

Cosa continua a legare gli "ex-cittadini"?
Questo spirito di solidarietà e di fraternità di una palestra vissuta per anni, ecco un punto. Noi nella nostra comunità prevediamo un modello permanenza di almeno 3-4 anni per avviare un progetto educativo, non 2-3 mesi per reinserirli nella famiglia, la contraddizione della nuova legislazione in atto. Che ci viene imposta, tra l'altro, non è che la scegliamo. Se non riuscite proprio a metterli in famiglia allora li tenete voi, noi siamo la pattumiera della legislazione che prevede istituzionalmente il rientro in una famiglia che non c'è e quindi ecco le case famiglia che riescono a funzionare, quando funzionano, quando non funzionano si bruciano da sole e vengono chiuse. Quando funzionano praticamente dovrebbero servire a riportare i ragazzi a casa, a casa non c'è la famiglia e allora dove li portano poi, se non si fa un progetto di 2-3 anni di avviamento alla vita?

Vista la vostra esperienza crede che sia possibile una convivenza multietnica…?
Si, si tratta soltanto di crederci e di avere persone che ci credano disposte, ecco il volontariato vero. Volontariato non retribuito, si fa il contratto di lavoro noi qui con gli educatori, ma l'educatore deve avere questo plus valore di spirito che deve dire "io mi metto a disposizione per cercare di assistere persone in difficoltà ùadulte. E questo è impagabile.

Quali difficoltà incontrano i ragazzi nel processo di integrazione nella Città?
I ragazzi extracomunitari qui da noi non ne incontrano di più di quelle che incontrano fuori, ne incontrano di meno. Non dico che non incontrino difficoltà perché poi i rapporti umani si creano, si sono creati qui gruppi etnici uno contro l'altro armati ma questo con molta probabilità anche per scarsa sorveglianza degli educatori che hanno questa funzione si smussare gli angoli, di fare da omogeneizzanti e cercare di far capire tra i vari gruppi l'importanza di essere se stessi sì, ma in collaborazione con gli altri che non sono come se stessi. Qui manca una forte azione educativa.

E nella società italiana in generale?
Sono quelle di tutti i ragazzi e questi nostri ce ne hanno in più, hanno la colpa di diventare maggiorenni mentre stanno…

Quali sono le prospettive per i ragazzi una volta compiuti 18 anni?
Finalmente raggiungono la cosiddetta capacità incriminabile, capacità giuridica di essere ritenuti criminali, clandestini. Questo è il destino dei ragazzi che compiono 18 anni. La legislazione italiana Bossi-Fini, tanto per non citare nomi, condanna il ragazzo che non ha ancora 18 anni a diventare un delinquente, criminale perché ha compiuto 18 anni. Si aspettavano 18 anni per fare la festa di compleanno della maggiore età, oggi chi di maggiore età qua dentro è un possibile reo di essere maggiorenne e può essere cacciato via.

A livello internazionale esistono strutture simili?
Pare proprio di no, però siccome il mondo non lo conosco tutto posto per posto, pare di no. Quello che esiste è che da tutte le parti del mondo, e dico dai 5 continenti compresa l'Australia ma compreso per esempio l'Asia estrema, il Giappone, vengono da noi a imparare, più di qualche settimana fa abbiamo avuto ospite un'associazione giapponese, amici di Monsignore, già da 20 anni sono nostri collaboratori e cercano di avviare un'esperienza come le nostre.

 

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Num 19 Novembre 2002 | politicadomani.it