Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002

Editoriale
Un equilibrio fragile fragile

Maria Mezzina

Non so se il capo di Governo e i suoi ministri pensavano di dover affrontare proprio ora una situazione così drammatica. Certo, il loro silenzio pesa come quelle travi cadute giù dalla scuola che hanno sepolto 26 piccole vittime e infinite grandi speranze.
Da tempo gli avvenimenti internazionali e quelli di casa nostra suggeriscono prudenza e massima cautela, che non sono paura, ma sono piuttosto meditata saggezza. Il destino poi sembra perfino beffardo: dover approvare una finanziaria malvista da tutti - sindacato e imprenditori, comuni e Regioni, scuola e università, CNEL e Banca d'Italia, Europa e Fondo Monetario Internazionale -, proprio ora che tante risorse sono necessarie per le emergenze di questi ultimi giorni, i terremoti, le eruzioni e i licenziamenti della Fiat. E tutto questo mentre la gente continua a scendere in piazza per difendere il posto di lavoro, per proteggere i diritti dei lavoratori, per affermare il principio della giustizia uguale per tutti, per far pressioni per una finanziaria più attenta al sociale.
E intanto l'economia è bloccata, le borse crollano, i prezzi aumentano e tanta gente non ha più un lavoro.
Solo un folle, presentandosi a un elettorato, prometterebbe lacrime e sangue; ma solo un ingenuo può pensare che le più rosee promesse fatte in periodo elettorale (meno tasse, più pensioni, più lavoro, più produzione, più benessere) possano essere veramente mantenute. Il rischio è il fallimento dello Stato (l'Argentina insegna) e la povertà per tutti - esclusi quelli che sapranno speculare - oppure il fallimento, e la conseguente sostituzione del Governo.
Si aggiunga a questo il rischio attentati e il quadro è completo.
Dopo l'11 settembre è stata dichiarata "guerra totale" a un nemico invisibile, il terrorismo. E allora, tutti in fila d'accordo a combattere contro il terrorismo. Solo che in nome di questa guerra troppi innocenti sono caduti a Kabul come a Mosca, a Tel Aviv come a Bali, in Palestina e in Iraq.
Il fatto è che qualcuno sta speculando sul terrorismo; perché dietro, o parallela alla guerra ai terroristi ci sono le guerre per il controllo del petrolio e la guerra dell'acqua.
E intanto così la spirale dell'odio si allunga, in Africa cresce la fame, per la "sicurezza" si rinuncia alla libertà e per la paura si alzano barricate contro il diverso che inesorabilmente avanza. Gli ultimi fatti di sangue, i recenti disastri ambientali, la natura che colpisce perché l'uomo ne ha abusato, vuoi per ignoranza, vuoi per avidità, sono segni importante di una situazione precaria, di un equilibrio fragile fragile.

 

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