Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002

Diritti umani
Da straccioni affamati a protagonisti
In Brasile il movimento dei "Senza Terra" fra illegalità e riformismo

Maria Mezzina

La situazione economica del Brasile è quanto mai sconcertante. È la decima potenza economica mondiale - con un PIL di oltre 580 miliardi di dollari e la prima dell'America Latina, producendo oltre il 40% della ricchezza dell'intero continente e più del 60% di quella del Mercosul (dati ICE San Paolo, settembre 2002) -, ma la sua ricchezza è distribuita in modo paurosamente ineguale.
Dividendo il Paese due, 50% dei più ricchi e 50% dei più poveri, all'1% dei più ricchi va il 13,9% delle ricchezze del Paese e al restante 49% va il 74,1% delle entrate. All'altra metà dei più poveri rimane quindi solo il 12% delle risorse e, secondo una media delle stime ufficiali (1), 32 milioni di brasiliani vivono in assoluta povertà. Anche la distribuzione delle terre è fuori di ogni proporzione: l'1% dei proprietari terrieri possiede il 46% delle terre e al 90% dei proprietari va meno del 20%.
Le terre coltivate sono poco più del 50%, il resto rimane incolto o perché appartiene a grandi latifondi su cui si operano colture estensive, o perché la terra viene usata dai grandi latifondisti come riserva di valore e per speculazioni finanziarie. Su 400 milioni di ettari di terre di proprietà privata solo 60 milioni (poco più del 14%) viene coltivato. Dall'altra parte degli steccati di questa enorme estensione incolta ci sono oltre 5 milioni di lavoratori agricoli senza terra e oltre 30 milioni di persone, nel ventennio dal '70 al '90, hanno abbandonato le campagne e sono emigrate in massa verso le città dando origine nelle grandi metropoli dove si sono stabiliti ad insediamenti (favelas) con gravissimi problemi di ordine sociale, economico ed igienico-sanitario.

La gran massa dei contadini senza terra, ridotti alla fame per la mancata realizzazione di una riforma agraria, è stata protagonista di conflitti violentissimi negli anni dal 1930 al 1940 che portarono all'occupazione delle terre incolte e alla loro difesa, anche con le armi. Alla fine degli anni '70 cambiano i metodi di lotta: le terre incolte vengono occupate da centinaia di famiglie e il movimento si organizza, grazie anche al sostegno di tanti preti cattolici. Nasce così il Movimento dei Senza Terra (MST) che si trasforma in movimento nazionale nel 1985. L'MST si organizza in commissioni di contadini differenziate per compiti, le quali iniziano su tutto il territorio nazionale forme di lotta a difesa dei diritti della maggioranza più povera del paese, campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica delle zone urbane a livello nazionale e internazionale sui temi della razionalizzazione della proprietà terriera e sulla necessità degli espropri di terre non coltivate.

La Costituzione brasiliana del 1988 penalizza i proprietari di grandi estensioni non coltivate con tasse pesanti e con l'esproprio delle stesse, ma questa norma non è viene applicata; entrano allora in azione i "Sem Terra" i quali occupano le terre improduttive o sulle quali i proprietari non pagano le tasse, e vi si stabiliscono con le famiglie e cominciano a coltivarle, costruiscono case, scuole, servizi rendendo produttivo il terreno. Quando arriva il decreto di espulsione è ormai troppo tardi perché la terra è diventata produttiva, l'MST vi si oppone con un ricorso e l'insediamento in genere viene legalmente riconosciuto ed assegnato ai contadini i quali possono affittarlo e sfruttarlo.
Ma l'MST non si ferma alle rivendicazioni agricole; esso si spinge fino a proporre trasformazioni che investono l'economia e l'assetto sociale del Paese nella sua globalità, e a promuovere forme di pressione sul Governo perché sia avviata la riforma agraria, attraverso manifestazioni organizzate di grande partecipazione e coinvolgimento popolare.
Il Movimento dei Senza Terra ha finora ottenuto importanti risultati economici, sociali e politici. È anche al contributo dei Senza Terra brasiliani che il neo-eletto presidente del Brasile Luiz Ignacio da Silva deve la sua vittoria.

(1) Fonti ufficiali danno stime diverse. Per la Banca Mondiale ci sono 15 milioni di brasiliani sotto la soglia di povertà; per l'IPEA 22 milioni; per l'Istituto della Cittadinanza 44 milioni; per la fondazione Getúlio Vargas 50 milioni.

 

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Num 19 Novembre 2002 | politicadomani.it