Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002

Parlamento Italiano
185/90, una legge di civiltà a rischio
Vendere armi anche ai paesi in guerra in nome della libertà di commercio

Dario Volpe

È da mesi in corso nel Parlamento italiano l'esame della proposta dell'Onorevole Previti in materia di semplificazione di esportazioni di armi. La proposta (ddl 1927), sostenuta anche da Minniti (Ds) e Mattarella (Margherita), punta a modificare la legge 185 del 90 che vieta all'Italia di vendere armi a nazioni in guerra e in paesi dove i diritti umani non sono rispettati.
Il disegno di legge 1927 introduce la formula della "autorizzazione globale" per esportare armi in caso di coproduzione tra due Paesi/industrie dell'Unione Europea o della Nato. Per ottenere l'autorizzazione il commerciante di armi (anche se italiano, purché in coproduzione con un altro Paese UE o Nato) non dovrà più informare né il Governo né il Parlamento sulla destinazione del materiale bellico né dare tante altre informazioni ora previste nella legge 185. Si afferma la libertà di commercio e quindi le armi italiane potranno essere vendute anche a dittatori, a Paesi in guerra e ad usurpatori dei diritti umani. Nel luglio del 2000 Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania e Svezia hanno ratificato un accordo quadro che definisce delle procedure comuni per determinare le destinazioni extraeuropee del commercio delle armi e rafforzare la cooperazione europea in questo settore. I Paesi che hanno ratificato l'accordo applicano la formula della "autorizzazione globale", che non esclude però controlli e limitazioni verso Stati in guerra o verso Paesi che violano i diritti umani. Infatti, nel caso di coproduzione di armi, i Paesi che hanno ratificato l'accordo quadro decidono assieme la destinazione finale (il Paese cioè al quale saranno vendute le armi). L'accordo del 2000 dà agli Stati che l'hanno sottoscritto la possibilità di controllare il commercio di armi: ogni Paese può bloccare il commercio verso uno Stato ritenuto a rischio, aggressivo o repressivo, secondo la propria normativa o politica estera.
Il disegno di legge 1927 ratifica e rende esecutivo anche per l'Italia l'accordo quadro, ma introduce modifiche che vanno oltre l'accordo stesso.
In pratica il ddl 1927 fa valere l'autorizzazione globale per tutti i Paesi dell'Unione Europea e della Nato - non solo per quelli che hanno ratificato l'accordo quadro -, e quindi anche per quegli Stati che non prevedono norme comuni relative a decisioni da prendere circa il Paese che acquisterebbe le armi. Ciò significa che in tutti i casi in cui il rilascio di tale autorizzazione riguardasse Stati che non facessero parte dell'accordo, né il Governo né il Parlamento sarebbero informati sulla destinazione del materiale di armamento prodotto con pezzi e componenti di marca italiana e assemblato all'estero. Inoltre l'autorizzazione globale si applica anche tra industrie. Sarà quindi sufficiente per una società italiana stringere un accordo con una qualsiasi società turca o ungherese (anche costituita ad hoc) per godere delle procedure semplificate.
Ma non finisce qui. Il ddl introduce anche una preoccupante "precisazione" che riguarda i diritti umani. Nel testo si legge che le violazioni delle convenzioni devono essere "gravi". L'aggettivo "gravi" amplia il campo dei Paesi con i quali è possibile commerciare materiale bellico e apre la possibilità di esportare armi anche in Stati dove i diritti umani sono comunque calpestati.
Insomma vince la logica della legge più permissiva, delle norme che mettono in secondo piano diritti umani e che non si curano, anzi vanno a favorire le guerre in corso.
In base alle modifiche della legge 185, previste dal ddl 1927, per ottenere la licenza di esportazione di armi l'operatore deve dichiarare soltanto "la descrizione del programma congiunto; le imprese dei paesi di destinazione o di provenienza del materiale; il tipo di materiale". Scompaiono quindi tutte le informazione relative al numero dei pezzi, alle intermediazioni finanziarie e al destinatario. Informazioni che scompaiono anche dalla relazione annuale del Governo al Parlamento. La Camere, dunque, non hanno alcun controllo sul commercio di armi. Se le modifiche verranno accettate dal Parlamento l'Italia potrà vendere liberamente armi all'Iraq e poi magari bombardarlo assieme a Usa e Gran Bretagna.

[Dati: dal dossier di Chiara Buonaiuti - Osservatorio sul commercio delle armi]

Homepage

 

   
Num 19 Novembre 2002 | politicadomani.it