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La rottura della
trascendenza dell'etica Link
alla versione integrale dell'articolo La rottura della trascendenza dell'etica "...non
è detto che la mancanza di altruismo significhi per tutti un
disvalore; anzi può essere il presupposto di un'etica alternativa,
che a valore positivo assume proprio l'individualità come selfishness.
E' il caso dell'"oggettivismo" di Ayn Rand, che in America
continua a trovare seguaci proprio perché afferma che l'egoismo
è l'unica etica oggettivamente fondata. Se il fondamento oggettivo
della natura umana è egoistico, l'unico rapporto naturale fra
gli individui è il libero scambio....." Sostengo che il nodo centrale della
grave crisi che travaglia attualmente il mondo occidentale, trascinando
con sé quasi l'intera umanità, è costituito da
un radicale snaturamento dell'etica sociale, e che in tale nodo si concentra
un processo degenerativo sistemico di tipo strutturale. Se consideriamo come etica sociale
il modello di riferimento dell'agire, che permette all'uomo di discernere
la giustezza dei propri comportamenti, nell'ambito della società
di appartenenza, troviamo che, in generale (al di là di differenze
determinate dai valori ultimi propri di ciascun contesto), ogni società
ha tentato di sottrarre il giudizio su ciò che è bene
e su ciò che è male per la comunità sociale, alla
mutevolezza delle preferenze e delle convinzioni soggettive. In particolare, per noi occidentali, è stato importante l'itinerario etico biblico ebraico-cristiano,
che apre il discorso in termini di "diritto" oggettivamente
rappresentato dalla Legge mosaica, e lo porta a "compimento"
nella semplicità estrema di un comando unico: "ama l'Altro". In generale, dunque, l'istanza etico sociale viene interpretata in modo particolare come un richiamo di valore oggettivo, in qualche modo imperativo, che nasce e si sviluppa al di fuori della volontà soggettiva umana: proviene da una fonte che è "altra" rispetto al soggetto al quale si rivolge. * * * Con l'affermarsi, prima del sistema
capitalistico occidentale ed ora, in maniera praticamente incontrastata,
del sistema totalizzante del mercato neoliberistico, si verifica una
rottura sostanziale del modello antropologico umano consolidato: questa
rottura è principalmente etica. La radicalità della rivoluzione
capitalistica sta proprio in questo: nel porre nelle mani del singolo
soggetto umano (individuo) la misura del bene e del male, rappresentata
dalla misura del proprio successo/insuccesso nelle azioni della vita
sociale. Ci troviamo di fronte ad una vera
appropriazione da parte del soggetto individuale del criterio del bene
e del male collettivo; e ad una violazione di quella alterità
trascendente ed assoluta, che è stata tradizionalmente propria
di una etica sociale giusta.. * * * Il punto di incontro tra il comportamento
dell'uomo e quello dei fenomeni naturali, viene individuato, nel secolo
XVIII, nel principio della razionalità economica.. Sulla base di questo assioma "sociale" si svilupparono le teorie economiche dei secoli XVIII e XIX, assumendo come principi di partenza due postulati: 1° Postulato: "Tutti gli individui, liberi da condizionamenti, cercano naturalmente la propria massima valorizzazione economica". 2° Postulato: "Se lo stato tutelerà quella libertà, facendo rispettare le "leggi naturali" del mercato, una "mano invisibile" assicurerà il contesto socioeconomico più giusto possibile". Di conseguenza, non solo un soggetto
economico libero non può "naturalmente" che tentare
l'ottimizzazione della propria situazione, ma tale comportamento è
l'unico socialmente buono e significativo: la redditività della
sua azione diventa la misura della sua efficacia sociale, cioè
della sua eticità riconosciuta.. Da questa assunzione non razionale di principio, in qualche modo "eversiva" rispetto al senso comune, sia civile che religioso, maturato da millenni, il mondo liberistico fa discendere, con pretesa di scientificità, ogni possibile "razionalità" dell'agire umano
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Num 17/18 Sett/Ott 2002 | politicadomani.it
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