Pubblicato su Politica Domani Num 17/18 - Set/Ott 2002

La rottura della trascendenza dell'etica
Giovanni Montironi
Studioso di problemi socio-economici

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La rottura della trascendenza dell'etica

"...non è detto che la mancanza di altruismo significhi per tutti un disvalore; anzi può essere il presupposto di un'etica alternativa, che a valore positivo assume proprio l'individualità come selfishness. E' il caso dell'"oggettivismo" di Ayn Rand, che in America continua a trovare seguaci proprio perché afferma che l'egoismo è l'unica etica oggettivamente fondata. Se il fondamento oggettivo della natura umana è egoistico, l'unico rapporto naturale fra gli individui è il libero scambio....."
[Valerio Zanone, L'età liberale - Democrazia e capitalismo nella società aperta, pag.103, Rizzoli]

Sostengo che il nodo centrale della grave crisi che travaglia attualmente il mondo occidentale, trascinando con sé quasi l'intera umanità, è costituito da un radicale snaturamento dell'etica sociale, e che in tale nodo si concentra un processo degenerativo sistemico di tipo strutturale.
So benissimo che sostenere questa tesi può essere oggi impopolare, e sgradito a destra e a manca: ma tuttavia anni di studio e di azione sui sistemi sociali del nostro tempo mi hanno fatto approdare con perfetta convinzione, perfino scientificamente fondata, su questa ultima sponda.

Se consideriamo come etica sociale il modello di riferimento dell'agire, che permette all'uomo di discernere la giustezza dei propri comportamenti, nell'ambito della società di appartenenza, troviamo che, in generale (al di là di differenze determinate dai valori ultimi propri di ciascun contesto), ogni società ha tentato di sottrarre il giudizio su ciò che è bene e su ciò che è male per la comunità sociale, alla mutevolezza delle preferenze e delle convinzioni soggettive.
In ogni cultura, ed in forme differenti, l'origine dell'istanza etico sociale, che sollecita una risposta dal soggetto umano, viene collocata al di fuori di lui, con una gamma di criteri di risposta, che vanno da quelli totalmente legalistici, a quelli che fanno appello alla coscienza individuale.
Dovunque si trovi la risposta, però, la domanda di un comportamento etico è sottratta all'arbitrarietà del soggetto: proviene dal di fuori di lui.
In questo senso possiamo dire che il campo dell'etica sociale è trascendente rispetto al soggetto.

In particolare, per noi occidentali, è stato importante l'itinerario etico biblico ebraico-cristiano, che apre il discorso in termini di "diritto" oggettivamente rappresentato dalla Legge mosaica, e lo porta a "compimento" nella semplicità estrema di un comando unico: "ama l'Altro".
E la cura dell'Altro sembra costituire un filo rosso che attraversa tutte le culture, anche se mescolato in vari modi con altre componenti etiche, di origine religiosa, filosofica o etnico culturale.
Ad esempio, Meng Tsu, uno degli iniziatori del pensiero confuciano, trattando il tema dell'addestramento etico, parte dal seguente esempio: "Supponiamo che ci sia un uomo che, all'improvviso, veda un bambino piccolo sul punto di cadere in un pozzo. Certamente egli sarebbe mosso a compassione, non perché voglia entrare nella grazia dei genitori, né perché desideri essere lodato dai suoi amici o compagni del villaggio e neanche perché gli dia fastidio il pianto del bambino".
L'obiettivo che egli assegna al soggetto, per poter comprendere questo tipo di appelli ("non è bene che un bambino affoghi"), è quello di acquisire una competenza etica, che lo renda capace di discernere correttamente l'istanza etica anche nei casi più difficili. A tal fine egli individua tre concetti correlati: il primo è quello della "estensione" della sensibilità dai casi più semplici (come quello narrato) a quelli più intricati; il secondo è l'"attenzione" continuamente prestata per capire le situazioni oggettive; il terzo è quello della "consapevolezza intelligente", come coltivazione della propria capacità di risposta "virtuosa".
Qui abbiamo tre disposizioni del soggetto, che possiamo sintetizzare come percepire, comprendere, saper rispondere, che mostrano chiaramente il carattere dell'istanza etica come appello "esterno" al soggetto stesso.

In generale, dunque, l'istanza etico sociale viene interpretata in modo particolare come un richiamo di valore oggettivo, in qualche modo imperativo, che nasce e si sviluppa al di fuori della volontà soggettiva umana: proviene da una fonte che è "altra" rispetto al soggetto al quale si rivolge.

* * *

Con l'affermarsi, prima del sistema capitalistico occidentale ed ora, in maniera praticamente incontrastata, del sistema totalizzante del mercato neoliberistico, si verifica una rottura sostanziale del modello antropologico umano consolidato: questa rottura è principalmente etica.
Infatti, con l'avvento del modello di valore capitalistico, nel sec. XVIII per la prima volta nella storia, almeno in quella dell'Occidente biblico-cristiano, cade il presupposto a priori che pone la sorgente principale dell'istanza etico sociale al di fuori della volontà soggettiva.

La radicalità della rivoluzione capitalistica sta proprio in questo: nel porre nelle mani del singolo soggetto umano (individuo) la misura del bene e del male, rappresentata dalla misura del proprio successo/insuccesso nelle azioni della vita sociale.
Tale misura diventa oggettiva in quanto è legata ad un valore quantificabile: il valore monetario associato al risultato ed al costo dell'azione che si vuole valutare. Dunque il successo e l'insuccesso diventano verità oggettive quando la misura dell'agire riguarda un agente "economico".
Ma questo vale in una dimensione assai più generale, dal momento che, come vedremo fra breve, gradualmente ogni azione umana viene ricompresa nell'agire economicamente calcolabile, considerato come unica "legge naturale" dell'agire umano.

Ci troviamo di fronte ad una vera appropriazione da parte del soggetto individuale del criterio del bene e del male collettivo; e ad una violazione di quella alterità trascendente ed assoluta, che è stata tradizionalmente propria di una etica sociale giusta..
Il soggetto vincente dice praticamente: "l'etica sono io"; e "fa giustizia" dell'altro, ogni volta che questi costituisca un ostacolo al suo successo.
Non solo, ma il comportamento egoistico viene assunto come unico comportamento "giusto" e capace di produrre la massima "giustizia" sociale ed economica possibile, in quanto "naturale".
Un tale modello esclude l'ascolto e la cura intenzionale dell'Altro, come soggettività autonoma, come portatore di bisogni da soddisfare, come fonte di un appello: l'altro entra nella percezione e comprensione del soggetto esclusivamente in ragione della propria capacità di soddisfare la volontà di successo del soggetto stesso.
La stessa azione caritativa ed assistenziale, di origine religiosa o civile, viene vista con sospetto e scoraggiata dalle dottrine più integraliste del liberismo economico, in quanto distrazione di risorse dall'unico gioco socio-economico che generi "valore": quello dell'accumulazione di "successo" monetario.
Non è dato alcun "bene comune" in un tale contesto; il bene pubblico nasce come sommatoria meccanica dei successi/insuccessi degli individui: "non esiste alcun oggetto che possa chiamarsi società", proclamava Margaret Tatcher.

* * *

Il punto di incontro tra il comportamento dell'uomo e quello dei fenomeni naturali, viene individuato, nel secolo XVIII, nel principio della razionalità economica..
I principi del comportamento "razionale" hanno preso forma all'inizio di quel secolo. Nel 1705 Bernard de Mandeville rese pubblica la sua concezione etico-politica, che si rifaceva alle dottrine filosofico-sociali di Hobbes, secondo la quale "i vizi privati sono un vantaggio pubblico"
[The fable of Bees: Private Vices, Public Benefits, stampato nel 1714]

Sulla base di questo assioma "sociale" si svilupparono le teorie economiche dei secoli XVIII e XIX, assumendo come principi di partenza due postulati:

1° Postulato: "Tutti gli individui, liberi da condizionamenti, cercano naturalmente la propria massima valorizzazione economica".

2° Postulato: "Se lo stato tutelerà quella libertà, facendo rispettare le "leggi naturali" del mercato, una "mano invisibile" assicurerà il contesto socioeconomico più giusto possibile".

Di conseguenza, non solo un soggetto economico libero non può "naturalmente" che tentare l'ottimizzazione della propria situazione, ma tale comportamento è l'unico socialmente buono e significativo: la redditività della sua azione diventa la misura della sua efficacia sociale, cioè della sua eticità riconosciuta..
Questi principi si trovano tuttora praticamente come fondamento della moderna economia più radicalmente neoliberista

Da questa assunzione non razionale di principio, in qualche modo "eversiva" rispetto al senso comune, sia civile che religioso, maturato da millenni, il mondo liberistico fa discendere, con pretesa di scientificità, ogni possibile "razionalità" dell'agire umano

 

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