Pubblicato su Politica Domani Num 15/16 - Giu/Lug 2002

Nel mondo del pallone
GIOCARE CON IL SUDORE DEI BAMBINI
Non tutto è oro quello che luccica

Daniele Proietto

La denuncia apparsa su alcuni giornali riguardante lo sfruttamento dei bambini nella produzione di articoli sportivi in Pakistan (ed in seguito anche in India), ha fatto tremare, anche se solo per poco, l'imponente business che esiste attorno al mondo dello sport, ed in particolare a quello del calcio.
Era il 1995, la vicinanza temporale con gli Europei di calcio del 1996 (che si sarebbero disputati in Inghilterra), creò attorno alla faccenda la giusta attenzione, tanto da costringere alcune fra le più importanti organizzazioni sportive e umanitarie a interessarsi al problema. Intervennero la Federazione Mondiale dell'Industria degli articoli Sportivi (WFSGI), la Confederazione Internazionale dei liberi Sindacati (ICFTU), l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (FIFA). Anche alcune fra le più note industrie di articoli sportivi (Adidas, Nike, Reebok…) parteciparono, preoccupate della loro immagine a livello internazionale, e iniziarono campagne contro lo sfruttamento dei bambini. Il problema si rivelò più grande di quello inizialmente ipotizzato: il numero di bambini che lavora nelle fabbriche di articoli legati al mondo del pallone si aggira attorno ai 30.000. Controlli effettuati di recente nella città di Jalandhar (India) rivelano che il 92 % della popolazione cuce palloni da calcio e il restante 8% lavora nella produzione di altri articoli sportivi. Si parla di 10.000 bambini sfruttati nel lavoro nero: di questi, 1350 lavorano soltanto, gli altri lavorano e studiano. I palloni vengono cuciti da bambini dai cinque anni in su: "tra coloro che lavorano full-time il 37% è di età compresa tra cinque e dodici anni e il resto tra tredici e quattordici. Tra coloro che lavorano e vanno a scuola i due terzi hanno tra cinque e dodici anni". I bambini iniziano così a lavorare giovanissimi, e nella maggior parte dei casi quando lavorano e studiano, a un certo punto abbandonano lo studio.
Un altro grosso problema affligge questi bambini: la salute. Oltre ad inalare sostanze tossiche come l'inchiostro e la colla, i piccoli cucitori soffrono di forti dolori alla schiena, alla testa, alle ginocchia (devono stare seduti con le gambe incrociate) e alle dita. Col passare degli anni, la postura scorretta e l'utilizzo continuo di aghi per cucire deformano la colonna vertebrale dei ragazzi e provocano gravi malformazioni alle dita, che assumono un aspetto tozzo e irregolare.
Questa situazione è resa ancora più grave dall'elevata numero di ore in cui i "bambini-cucitori" sono costretti ogni giorno a lavorare: "un bambino di sei anni che lavora full-time impiega mediamente 7,5 ore a cucire palloni, mentre un ragazzo di tredici ne impiega 9. Coloro che studiano e lavorano sopportano un fardello ancora maggiore: 9 ore a sei anni e quasi 11 ore a tredici". Lo sfruttamento sul lavoro di questi bambini produce gravi danni anche all'economia generale del paese: l'abbandono della scuola da parte della maggioranza dei ragazzi non permette la crescita di generazioni preparate e qualificate in grado di offrire prospettive future migliori.
L'economia di questi Paesi ristagna, paralizzata da una struttura semplice ma al contempo resistente, basata sulla figura degli "intermediari". Sono questi i personaggi che procurano ai cucitori i kit per la fabbricazione dei palloni (prodotti semigrezzi acquistati dalle fabbriche), e poi passano a ritirare i prodotti finiti. In genere un intermediario ha al suo servizio dalle 200 alle 500 persone (spesso famiglie intere), che nella maggior parte dei casi lavorano nelle proprie abitazioni.
Le paghe si aggirano attorno ai 0,50 €, ben al di sotto della paga salariale minima stabilita per legge. Non c'è fra questa povera gente alcun concetto di salario minimo garantito né di appartenenza ad associazioni sindacali. Piuttosto ogni tentativo di organizzare gruppi di protesta viene subito fermato con la violenza da parte degli intermediari.
Nonostante le iniziative promosse dalla FIFA (come quella chiamata "fair play") e i tentativi dell'UNICEF volti a cercare di risolvere la situazione, non ci sono stati evidenti miglioramenti, e, in un mondo che spende milioni di euro per vedere qualcuno correre dietro una palla, molto probabilmente, quella di questi piccoli che i palloni li cuciono rimarrà ancora a lungo una pagina nera nella dorata storia dello sport.

 

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