Pubblicato su Politica Domani Num 14 - Maggio 2002

La storia del nostro cinema
IL NEOREALISMO
Il cinema del dopoguerra 1945-1955

Giorgio Razzano

Nell'immediato dopoguerra il cinema italiano si affermò internazionalmente con il Neorealismo, una corrente che guardando alla vita di tutti i giorni portava sugli schermi con estrema sincerità i problemi del paese. Se qualcuno si chiedesse la data di nascita di tale avvenimenti, si dovrebbe collocare il giorno lunedì 24 settembre 1945 con la prima proiezione di "Roma città aperta", al teatro Quirino, durante un'interessante retrospettiva di film. Senza aver avuto un battage pubblicitario, il film fu un successo immediato, carico di pathos ebbe una valanga di applausi e a molti, seduti in platea e in galleria, gli occhi s'inumidirono per la commozione. Fu così che per il nostro cinema iniziava il periodo di sprovincializzazione. Pochi critici capirono immediatamente che "Roma città aperta" era l'inizio di una nuova primavera, per molti quel film era semplicemente una banale cronaca di fatto, che si poteva vedere ovunque, anche uscendo di casa. Nell'estate del 1945 le autorità militari alleate avevano abbattuto i diritti di protezione dei film italiani e i cinematografi venivano sommersi nuovamente di film stranieri, principalmente americani, ma anche britannici, francesi e persino sovietici. I governi di allora non fecero nulla né in difesa dei nostri film né per accelerarne il rilancio. Di conseguenza il bilancio fu disastroso: gli stabilimenti di Cinecittà invasi dagli sfollati, le pellicole quasi introvabili, la corrente erogata con estrema economia e i finanziatori dell'età d'oro svaniti nel nulla.
Grazie alla buona volontà di pochi, nel 1945 furono realizzati 25 film, contro una invasione straniera di 800 pellicole, in prevalenza hollywoodiane. All'estero il fenomeno Neorealismo suscitò un interesse ben diverso che in Italia: i consensi furono straordinari come mai era accaduto prima. Per esempio in Francia i nostri film erano considerati vere opere d'arte e giudizi lusinghieri venivano anche dagli altri Stati Europei e dall'America. In realtà quelle realizzazioni erano il frutto più di una visione precaria della vita, della fame e della miseria, piuttosto che di pura ispirazione cinematografica e artistica. Visti i precedenti durante il fascismo, quando tante famiglie e tante persone della strada avevano potuto arricchirsi e sistemarsi definitivamente lavorando nella cinematografia, in Italia si voleva continuare a fare cinema. Fu così che, come nella vita di tutti i giorni si continuava a soffrire, a piangere e a cercare di portare a casa qualcosa da mangiare, anche i film a loro volta costruivano altrettanti scenari di miseria, rispecchiando puntualmente, come mai nessuno aveva fatto in precedenza, una realtà fin troppo reale.
I nuovi film che si andavano producendo nel clima politico tesissimo del 1947 e del '48 non mancarono di rinnovare le sofferenze e di provocare le ire dei benpensanti i quali accusavano questi film di abusare delle disgrazie altrui e di 'stendere i panni sporchi' alla luce del sole, mostrando a tutto il mondo quanto succedeva in Italia. Banditismo, fuorilegge, case di tolleranza e fatti sessuali spesso anche morbosi riempivano le trame di numerosi film, ma tutto questo aveva una ragione: c'era l'esigenza di una profonda riforma della vita morale, un'ansia di conoscenza, c'era la volontà di abbattere e soprattutto demistificare quei miti creati nella cultura italiana nel ventennio pre-fascista e fascista e di eliminare quelle ipocrisie e tabù che facevano parte di un'epoca ormai finita.
Ogni regista e sceneggiatore cercò di descrivere una situazione, vera ma differente in ogni singolo caso: Vittorio De Sica mettendo in scena la solitudine dei poveri, Roberto Rossellini la bruciante realtà della vita, Zavattini la provocazione per risolvere i problemi quotidiani, Luigi Zampa il riso amaro sui difetti della collettività, Lattuada, Germi, De Santis romanzando la vita.
Cinecittà iniziava una lenta costruzione (se Roma era stata bombardata, lo stesso valeva per la città dei film). Si respirava un'aria nuova, si erano create liste per espellere i vecchi fascisti, di fatto però nelle nuove produzioni furono quasi sempre gli stessi di prima a rimettersi al lavoro, ma con una nuova mentalità.
In questo nuovo quadro accadde un evento inaspettato: dopo qualche film, nella Cinecittà ricostruita arrivarono gli americani (produttori, registi, attori, attrici e maestranze) per instaurare una nuova collaborazione italo-americana. La collaborazione fu per la cinematografia italiana un successo enorme: le casse di Cinecittà cominciarono a riempirsi, la città del cinema divenne più efficiente ed iniziò la corsa per un nuovo boom economico.

 

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Num 14 Maggio 2002 | politicadomani.it