Pubblicato su Politica Domani Num 14 - Maggio 2002

Le grandi dighe
LA BANCA MONDIALE SI RITIRA
India: un caso emblematico

Maria Mezzina

Le raccomandazioni vengono proprio dalla Banca Mondiale, il principale finanziatore di dighe al mondo, Commissione Mondiale delle Dighe (Wcd): non vale economicamente la pena di portare avanti progetti di costruzione di grandi dighe se il costo dell'opera supera del 15% quello iniziale, se si i tempi di realizzazione superano di oltre cinque anni quelli previsti e se i margini di profitto sono inferiori di oltre il 13% quelli preventivati. È su queste cifre che è iniziato il balletto delle grandi compagnie internazionali interessate al finanziamento delle grandi dighe.
India, Cina, Turchia sono solo alcuni degli stati i cui governi hanno approvato la costruzione di gigantesche infrastrutture idriche. I sistemi di dighe e di canalizzazione delle acque sarebbero destinati ad alimentare centrali idroelettriche, a rifornire di acqua potabile e irrigua zone ad alto rischio di siccità, a controllare le inondazioni periodiche. Soprattutto però la costruzione di queste strutture ad alto impatto ambientale e sociale servono ad attirare nel paese il denaro di gruppi finanziari mondiali per rilanciare lo sviluppo economico del paese.
Grandi dighe vuol dire grandi finanziamenti, molto lavoro, molta produzione e sviluppo globale del paese. Peccato però che l'equazione sia solo apparentemente semplice; la sequenza è infatti sbagliata perché non tiene conto di altre fondamentali variabili.
Il caso India (valle del Narmada) insegna.
Il progetto di costruzione di tre grandi dighe e di oltre 3500 piccole dighe risale a 20 anni fa. Il suo scopo dichiarato era di portare acqua potabile ad oltre 40 milioni di persone, acqua per irrigazione ad oltre 1,9 milioni di ettari di terra agricola, elettricità nelle case e garantire la crescita economica delle regioni coinvolte. Quarantatre dighe fra quelle più grandi dovevano essere completate per il 2000 e l'intero progetto per il 2020. Il costo iniziale però era aumentato già nel 1990 del 43%, mentre gli introiti previsti sono stati fortemente ridimensionati per due ragioni fondamentali: la superficialità dei dati raccolti per la stesura del progetto e la mancata osservanza di alcune regole fondamentali previste dalla BM per la concessione dei finanziamenti. Prima fra tutte la partecipazione dei cittadini alla realizzazione del progetto, una rilocazione adeguata e un giusto compenso alle famiglie costrette ad abbandonare le terre che sarebbero state sommerse.
Quanto ai dati raccolti, la BM e persino una commissione governativa avevano ammesso che erano errati su vari fronti: la portata d'acqua del fiume era stata sovraestimata e quindi la funzionalità della diga e i benefici che ne sarebbero derivati si erano ridotti di molto; la qualità dell'acqua sia potabile che irrigua era inferiore alle previsioni; il numero di famiglie che sarebbe stato necessario dislocare era cresciuto oltre dieci volte le previsioni iniziali.
E qui veniamo al secondo punto. Le raccomandazioni della BM recitano testualmente: assicurare che le popolazioni tribali non siano in alcun modo danneggiate a causa della loro rilocazione; fare in modo che la terra perduta sia sostituita con terra di uguale valore e qualità; garantire la partecipazione delle popolazioni alle decisioni che la riguardano; far sì che le condizioni di vita delle popolazioni rilocate non peggiorino. Nonostante la pressione del governo centrale sulla BM, per convincerla a portare avanti il finanziamento del progetto, la resistenza delle popolazioni interessate (disobbedienza civile, azioni di resistenza non violenta e non cooperazione) ha di fatto bloccato il progetto. Il resto è stato fatto dal rapporto Morse (Bradford Morse era il capo della commissione UNDP incaricata dalla BM di redigere il rapporto) che ha provato senza ombra di dubbio che tutto il progetto doveva essere ripensato.
Dei 450 milioni di dollari stanziati dalla BM, 170 milioni sono stati sospesi e l'intero progetto è in fase di revisione. Intanto le spese previste sono salite a 530 milioni di dollari e si cercano altri finanziamenti.
La decisa partecipazione della gente a difesa della terra e dei propri villaggi e l'inosservanza delle prescrizioni sull'impatto sociale inevitabilmente collegato alla costruzione delle grandi opere, oltre a determinare il ritiro della BM dal finanziamento dei progetti, stanno convincendo anche altri finanziatori internazionali a riflettere sul loro costo umano ed economico, quando questi vanno a ledere il bene di intere popolazioni. Una importante lezione che viene dalla valle del Narmada.

Progetti analoghi, tutti fieramente osteggiati, sono in corso di realizzazione.
In Cina, la diga delle Tre Gole sul fiume Yangtze, verrebbe a creare il più grande bacino idroelettrico del mondo. Sul progetto si addensano accuse di corruzione - i bacini sarebbero realizzati con materiali scadenti - e aspre critiche, provenienti anche da membri del governo centrale, per il pesante impatto ambientale, sociale e artistico-culturale che ne deriverebbe. Il progetto dovrebbe essere completato per il 2009.
In Turchia è prevista la realizzazione del GAP (Great Anatolian Project): 17 centrali idroelettriche, 22 dighe, 3200 milioni di dollari da completare entro il 2015.

 

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Num 14 Maggio 2002 | politicadomani.it