Pubblicato su Politica Domani Num 14 - Maggio 2002

Crisi in Medio Oriente
I BAMBINI E LA GUERRA
Piccole vittime del conflitto arabo-israeliano

Maria Cristina Spanu

Proprio in questi giorni sono in corso trattative di pace tra delegazioni israeliane e palestinesi, ma la guerra continua. E' una guerra quotidiana quella tra Palestinesi e Israeliani, generata dall'odio più profondo, una guerra che miete centinaia di vittime, in prevalenza bambini. Ed è proprio per le piccole vittime di tutte le guerre che, da sempre, molte associazioni umanitarie di tutto il mondo si mobilitano, per tutelarle e per far rispettare i loro diritti. A questo scopo l'ONU ha creato al suo interno l'Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia). L'agenzia si impegna affinché giungano sul posto aiuti di prima necessità, ma anche materiale didattico e assistenza sanitaria e psicologica.
Dall'Unicef vengono dati allarmanti: negli ultimi 17 mesi di scontri sono rimasti uccisi 258 bambini e adolescenti: di questi 211 sono palestinesi, 46 israeliani e uno straniero. Più di 7000 bambini e ragazzi palestinesi sono rimasti feriti; almeno 530 rimarranno disabili in modo permanente; 155 ragazzi palestinesi tra i 12 e i 18 anni sono detenuti nelle prigioni israeliane.
Su tutti quanti poi la guerra ha un impatto psicologico devastante.
Risulta dai dati che le vittime sono in maggioranza bambini e adolescenti palestinesi. Ci si chiede come mai siano così tanti. La risposta è shockante: la maggior parte di essi è, infatti, in prima fila nell'Intifada, la "guerra delle pietre", nella quale molti rischiano la vita (essendo esposti ai colpi di arma da fuoco) per poter tirare pietre e bombe a mano nel fronte opposto, dove si trovano i soldati israeliani.
I bambini palestinesi esprimono in questo modo la loro rabbia.
Rabbia, perché la loro situazione è molto diversa da quella dei "nemici israeliani". Lo percepiscono facilmente, vedono la differenza tra le condizioni di vita dei loro miseri campi a quelle dei nuovi insediamenti israeliani: mentre loro vivono in condizioni igieniche pessime, con fogne a cielo aperto e alti cumuli d'immondizia ad ogni angolo di strada, i loro coetanei israeliani hanno a disposizione parchi gioco e piscine, difesi dai soldati e blindati israeliani.
E ancora rabbia, perché spesso sono costretti ad esseri spettatori di eventi traumatici: la morte e il ferimento di parenti e amici, le perquisizioni casa per casa, gli arresti di padri e fratelli. L'impatto psicologico è devastante, genera paura e odio. Proprio l'odio, un sentimento che i bambini non dovrebbero conoscere. Aumenta così anche la loro disponibilità ad accettare la violenza come un metodo adeguato a risolvere i problemi.
Le loro paure si manifestano con sintomi, comuni a quasi tutti i bambini: per esempio facendo la pipì a letto, o peggioramento nei risultati scolastici. La situazione scolastica, in particolare, è assai grave, perché la maggior parte delle scuole, sia palestinesi che israeliane, sono state danneggiate o distrutte. Inoltre, i soldati stessi impediscono ai bambini di entrare nelle strutture che sono ancora agibili; così ben 13.000 bambini rischiano di non poter finire l'anno scolastico.
Molte madri, preoccupate per la sorte dei propri bambini, li portano al Gaza Community Mental Health Programme (Progetto Comunitario di Salute Mentale di Gaza), un centro per la cura dei danni prodotti da traumi psicologici. Ma, nonostante questo, la loro condizione non migliora affatto, poiché, finchè ci sarà la guerra, essa continuerà a seminare odio e a mietere soprattutto piccole vittime innocenti.

[Approfondimenti: www.unicef.it]

 

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Num 14 Maggio 2002 | politicadomani.it