Pubblicato su Politica Domani Num 13 - Aprile 2002

A spasso con le scorie nucleari
C'ERA UNA VOLTA UN TRENO…
…e purtroppo c'è ancora

Simona Ottaviani

Nel 1998 ci fu un clamore tanto esagerato quanto breve per una storia che suonava pressappoco così: "C'era una volta una grossa quantità di scorie radioattive prodotte dalle centrali atomiche tedesche, che la Germania non sapeva proprio come smaltire. Esisteva poi a La Hague, in Francia, la fabbrica della Compagnia generale delle materie nucleari (Cogema) dove tali scorie sono lavorate per estrarvi plutonio e uranio. Le scorie tedesche sono state messe sopra un treno e sono arrivate a La Hague. Il cammino è stato ostacolato dall'intervento di ambientalisti che, arrivati a frotte si sono perfino sdraiati sui binari pur di impedire che le scorie giungessero a destinazione. Questi signori erano preoccupati per il pericolo di contaminazione dell'aria e il rischio di disastro ambientale, qualora il treno fosse deragliato. Arrivate a destinazione, le scorie venivano lavorate in un laboratorio sotterraneo; quindi erano rispedite indietro, sempre tramite treno, ai legittimi proprietari. Naturalmente, lungo tutto il percorso, stazione per stazione, continuavano ad incontrare ambientalisti in protesta."Non è una favola, e neanche stiamo parlando di un caso straordinario o isolato. Questo viaggio in treno Germania-Francia-Germania, delle scorie nucleari, col passare del tempo, è diventato un'abitudine. E ci sono altri treni con i quali si portano a spasso scorie e materiali nucleari: tre treni trasportano il plutonio dalla fabbrica di La Hague a Marcoule e Cadarachea, in Francia, e a Dessel nel Belgio; nel 2001 ben 117 convogli hanno circolato sul territorio francese; ogni anno un centinaio di convogli attraversa il confine tedesco e un quarto di questi raggiunge la Gran Bretagna.
C'è chi nell'Unione Europea vorrebbe che i materiali radioattivi fossero considerati alla stregua di merci ordinarie, per le quali non esistono frontiere. Altri immaginano depositi europei, una sorta di "discariche radioattive" collocate, ad esempio, nella Russia. Qui la situazione è molto particolare e in alcuni casi drammatica. Si parla di liberalizzare l'importazione di scorie e rifiuti radioattivi dal resto del mondo per 20 miliardi di dollari. Esistono in Russia delle città fantasma - le "città chiuse" - come Mayak (fino a poco tempo fa non era neppure riportata sulle carte geografiche), dove da 50 anni esiste un centro militare atomico. Qui gli operai lavorano a rischio altissimo, senza alcuna protezione e gli abitanti vivono in relegazione forzata. Occorreranno 240.000 anni perché decada il potenziale radioattivo del plutonio accumulato nei depositi di Mayak, una quantità paragonabile a 12.000 bombe sganciate su Hiroshima.
Eppure proprio a Mayak è in costruzione un deposito, a marca USA, dove verranno conservate 50 tonnellate di plutonio estratto da testate nucleari russe.
Le centrali nucleari esistono e funzionano; le scorie nucleari però andrebbero trattate nel modo migliore, magari cercando di utilizzarle per altra energia. La ricerca di fonti energetiche alternative deve continuare, perché non è possibile accumulare materiale radioattivo contaminando e condannando a morte intere zone del pianeta con i suoi abitanti.
La soluzione di lanciare tutti i nostri rifiuti sulla Luna o su Marte è semplicemente troppo fantasiosa. Né possiamo continuare a preoccuparci per quello strano trenino che, passando sotto le finestre di casa, fa morire i gerani del balcone.

 

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Num 13 Aprile 2002 | politicadomani.it