Pubblicato su Politica Domani Num 13 - Aprile 2002

Gli USA non ratificano il protocollo di Kyoto
IL DIVORZIO DA KYOTO
Politica isolazionista e pericolo di recessione

Marianna Bartolazzi

La notizia è recente, George W. Bush non intende confermare il patto per la riduzione dei gas nocivi firmato a Kyoto nel 1997.
Gli USA sono uno dei maggiori paesi-fonte dell'inquinamento mondiale con una produzione di gas nocivi pari al 25%. Con il trattato di Kyoto, riconoscendo le proprie responsabilità avevano manifestato l'intenzione di partecipare alla soluzione del problema.
Un ampio coro di proteste ha accolto l'annuncio, all'estero ma anche negli Stati Uniti; l'inaspettata decisione ha stupito l'opinione pubblica, il Dipartimento di Stato, a tutt'oggi sommerso dalle proteste, e lo stesso Senato. Quest'ultimo, pur avendo votato contro il trattato di Kyoto, era certo, come da cerimoniale tipicamente americano, che il Presidente sarebbe stato più moderato e più favorevole al trattato. Il voltafaccia sull'ambiente, il raffreddamento dei rapporti con Mosca, i bombardamenti sull'Iraq, lo smantellamento delle riforme di Clinton nella sanità e nel lavoro. Sembra che Bush voglia cancellare dalla storia americana quel modo di far politica di stampo prettamente democratico, appartenuto a Clinton e Gore, per imporre, con ogni mezzo, un cambiamento radicale. Innumerevoli le contestazioni alla "svolta" del presidente. Il più profondo segnale di disapprovazione viene da Greenpeace che considera la politica ambientale di Bush del tutto deleteria e prevede il fallimento USA in tutti i fronti, nazionale e internazionale. Greenpeace denuncia che Bush non ha alcun mandato, né del popolo americano né del Congresso, per rompere le trattative internazionali sul clima.
Il 4 marzo 2002 i ministri dell'ambiente europei hanno completato la parte legale necessaria alla ratifica del trattato di Kyoto. Giappone, Russia e Europa dell'Est devono ratificare il trattato prima della fine di maggio perché esso possa essere pronto essere il summit mondiale di Johannesburg. Perché il protocollo diventi una legge internazionale occorre che 55 paesi, e i paesi industrializzati responsabili del 55% delle emissioni lo ratifichino entro 90 giorni prima del summit mondiale.
Probabilmente il motivo fondamentale per cui Bush non vuole ratificare il trattato è tutto interno: gli USA, soprattutto dopo l'11 settembre, stanno vivendo una profonda crisi che passa per seri problemi di elettricità, per aumenti ingenti delle tariffe, per la scarsità di gas naturale e di centrali elettriche, per un'estrema dipendenza dal petrolio dell'Opec, per una pericolosa recessione in agguato.
La crisi energetica e le minacce di recessione non sono però una buona giustificazione per uscire dal protocollo di Kyoto, in questo modo oltre che mettere a rischio la situazione ambientale interna e quella mondiale, si compromettono tutti i futuri accordi internazionali sull'ambiente. Ne sono convinte le associazioni ambientaliste e non solo loro.
Fondamentale è a questo punto che l'Europa diventi leader in questo campo e ratifichi il protocollo di Kyoto in vista del summit mondiale; è la promessa fatta agli europei e la speranza di tutti gli ambientalisti.

 

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