Pubblicato su Politica Domani Num 13 - Aprile 2002

Tra discariche …
BIDONVILLE
e "giungle" economiche

Chiara Graziosi

Là dove il cemento divora ogni singolo centimetro di verde, là dove i grattacieli sono il simbolo dell'opulenza cittadina, là dove i più importanti centri finanziari hanno le loro sedi, là, nelle grandi metropoli, accanto a questi concentrati di tecnologia e ricchezza sorgono imponenti e fatiscenti le "bidonville". In queste città nelle città, abbandonate a sé stesse, il concetto d'igiene è totalmente sconosciuto, le abitazioni sono precarie, costruite quasi sempre con vecchie lamiere, mattoni o legno, su terreni statali o privati. Molte di queste abitazioni sono composte di una sola stanza priva di finestre, nella quale si ammassano numerose persone con conseguenze immaginabili. Le baracche sono prive di elettricità e di acqua corrente e dunque le donne sono costrette a raccogliere l'acqua piovana e a lavare i panni in quella stagnante. Nei vicoli, attraversati da rivoli di liquami, ratti e cumuli d'immondizia fanno da scenario ai giochi dei bambini. La disoccupazione domina tra gli abitanti delle "bidonville", mentre gli uomini cercano lavoro, in ogni modo stagionale, nelle fabbriche, le donne vendono il loro corpo esposto ai passanti come una qualsiasi mercanzia nelle vetrine di quei negozi che i coreani chiamano "sulcib".
A Smokey Mountain, nei pressi di Manila, gli abitanti della baraccopoli sono costretti a vivere della loro stessa disgrazia. Questo è il più vecchio insediamento umano nella discarica di una metropoli, popolato da persone che vivono del riciclaggio dei rifiuti. Smokey Mountain iniziò a prendere l'aspetto attuale nel 1945, dopo l'arrivo nelle Filippine delle truppe Usa. Immediatamente si formò la comunità che ancora oggi abita le pendici di una montagna di rifiuti alta quarantacinque metri, perennemente coperta di fumo per l'autocombustione degli stessi (da qui il nome di Smokey Mountain). Tutti i 25mila abitanti della bidonville, che copre un'area di 25 ettari, sono impegnati nel recupero e riciclaggio dei rifiuti: gli scavatori aspettano che i camion portino i rifiuti freschi e raccolgono tra i trenta e i quaranta chili di materiale che consegnano ai selezionatori, il cui ruolo è quello di vagliare i rifiuti in modo da offrire ai grossisti un prodotto il più possibile omogeneo.
Alcuni Stati, di fronte a situazioni oramai insostenibili, si attivano con piani di reinserimento sociale degli abitanti delle "bidonville". In Portogallo, nonostante il tasso di crescita economica sia del 3,2% annuo, la diffusione delle "bidonville" continua a crescere, soprattutto in prossimità di grandi centri come Lisbona e Porto. Lo Stato si è fatto promotore di un programma nazionale per la rimozione delle baraccopoli e l'assegnazione di nuove case (Programa especial de realojamento), iniziato sei anni fa. Questo progetto - che ad oggi non ha portato a grandi cambiamenti - interessa oltre 150mila persone e per la sua attuazione è stata prevista una spesa di circa 200miliardi di "escudos" (circa 1 miliardo di Euro). L'assurdità di questa situazione, migliaia di persone che vivono in condizioni pietose in un paese dell'UE, sta nel fatto che il mancato sviluppo sociale non è giustificabile, data la crescita del PIL del 3,2% annuo e la possibilità di vantare uno dei più bassi tassi di disoccupazione ufficiale d'Europa (4,5%).
Numerosi personaggi di rilievo sono stati interrogati dalla stampa portoghese sul perché lo Stato non sia intervenuto in passato a fermare l'abusivismo edilizio che ha permesso la crescita delle baraccopoli e sui motivi del crescente degrado sociale degli abitanti. La risposta più esauriente, e sconvolgente, viene da Maria José Maranhïo, sociologa del Centro studi territoriali di Lisbona: "Questi insediamenti precari sono stati tollerati nel corso degli anni perché le autorità, locali e nazionali, vi hanno trovato il loro tornaconto. Con un mercato legale immobiliare fortemente speculativo, dato che i terreni edificabili sono rari, e una politica di edilizia popolare inesistente, le baracche costituiscono una risposta spontanea alle necessità abitative degli operai. E se questi poi non devono pagare l'affitto, si riduce anche la richiesta di aumenti salariali. In questo modo ci si garantisce una mano d'opera sempre competitiva". La speculazione economica ai danni dei lavoratori è sottolineata anche dall'economista e deputato liberale David Justino che dichiara: "Le condizioni di lavoro nel paese sono vergognose. La competitività delle imprese è fondata sui bassi salari, non sulle tecnologie. Oggi la flessibilità è esasperata. È la giungla".

 

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Num 13 Aprile 2002 | politicadomani.it