Pubblicato su Politica Domani Num 13 - Aprile 2002

Ecosistemi
AMAZZONIA
Modernizzazione e difesa ambientale

Roberto Palladino

Immaginate una superficie vasta come la Francia. Immaginatela piena di alberi altissimi, di foglie grandi anche due metri ed una miriade di animali, ma così tanti che ne potreste riconoscere a stento solo la metà. Bene, adesso smettete pure di immaginare perché questa terra non esiste più. Dal 1970 ad oggi la foresta amazzonica ha perso una superficie vasta 55 milioni di ettari. Attività minerarie, uno sfruttamento dei terreni con tecniche arretrate e, soprattutto, una deforestazione selvaggia, hanno messo in serio pericolo il polmone verde del pianeta. L'Amazzonia, con una superficie di oltre 370milioni di ettari, svolge infatti un fondamentale compito di regolazione climatica compensando e filtrando l'inquinamento della Terra.
La lotta per la difesa dell'Amazzonia cominciò in Brasile negli anni '70 con i movimenti guidati dal sindacalista Chico Mendez, difensore dei diritti degli agricoltori contro i grandi latifondisti. La sua uccisione nel 1988 da parte di sicari dei latifondisti, fece confluire in un'unica "questione amazzonica" i movimenti per i diritti dei lavoratori e le grandi organizzazioni ecologiste. Dal quel momento iniziò una enorme opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, che fece dell'Amazzonia un problema mondiale, discusso nelle grandi conferenze sull'ambiente di Rio de Janeiro nel 1992 e di Kyoto nel 1997. Un problema che è ancora lontano dall'essere risolto.
La ricerca di uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile si scontra nella pratica con gli interessi di veri e propri "cartelli" dei taglialegna. Solo negli ultimi dieci anni 25 multinazionali del legno si sono insediate in Amazzonia, gestendo da sole la metà dell'esportazione del legname (fonte Greenpeace). La svalutazione della moneta brasiliana, il Real, ha reso di fatto più conveniente il legno brasiliano rispetto a quello asiatico od africano. Ciò potrebbe comportare nel giro di pochi anni un aumento del 20% dell'esportazione del legno proveniente dalla foresta brasiliana.
Ma la nuova minaccia per l'Amazzonia si chiama "Avanti Brasile", il nuovo programma di investimenti e sviluppo promosso dal governo brasiliano. Il progetto, partito da poco più di un anno, prevede entro il 2007 investimenti pari a circa 350 miliardi di dollari in tutto il paese. Di questi circa 40 miliardi saranno utilizzati in Amazzonia per la creazione di nuovi porti, aeroporti, strade, gasdotti, linee elettriche, ferrovie e centrali idroelettriche. Strutture a forte impatto ambientale la cui utilità è tutta da dimostrare. Uno studio dell'Inpa (Istituto Nazionale di Ricerca Amazzonica), ha valutato come il progetto "Avanti Brasile" porterebbe, nella migliore delle ipotesi, ad un raddoppiamento delle area degradata dell'Amazzonia e ad una forte riduzione della presenza di foreste primarie. Congiuntamente con la Banca Mondiale, l'Imazon (istituto di ricerca brasiliano) ha valutato come solo il 17% della superficie amazzonica sia adatta al pascolo ed alla agricoltura. I movimenti ambientalisti, alla luce di questi dati, hanno proposto modelli di sviluppo più sostenibili, per la popolazione - circa venti milioni di persone - che abita la foresta. L'ecoturismo, la raccolta di piante medicinali, ed un'organizzazione più razionale del taglio del legno sono solo alcuni dei progetti che porterebbero risorse maggiori rispetto ad agricoltura e pascoli, il tutto con un basso impatto sulla foresta e su chi la abita. Altro campo di battaglia tra ecologisti e latifondisti è la modifica del codice forestale, l'insieme di norme che dal 1965 tenta di proteggere la foresta dai tagli selvaggi.
Da una parte c'è il tentativo di "smantellamento" del codice da parte della Bancata Ruralista, la lobby agraria brasiliana, che ha presentato nell'aprile 2001 un progetto che porterebbe dal 20 al 60 percento la quota di terreno convertibile da foresta a pascolo estensivo o monocolture di soia e cotone. Dall'altra la proposta di cambiamento del codice forestale già avanzata nel marzo 2000 dal consiglio Nazionale Brasiliano per l'Ambiente (CONAMA), frutto del lavoro congiunto di oltre 730 tra gruppi ed organizzazioni ambientaliste e di un dibattito pubblico lungo e complesso. Proposta quest'ultima appoggiata anche da Greenpeace.
La questione amazzonica, dopo gli anni '90, sembra però essere stata ormai dimenticata dai grandi media. Solo le grandi organizzazioni ecologiste rilanciano dai loro siti web i rischi che corre ancora la grande foresta. Gocce in mezzo al mare dell'indifferenza mondiale nei confronti di una terra che garantisce aria pulita a tutto il mondo. Ma ancora per quanto?

 

Homepage

 

   
Num 13 Aprile 2002 | politicadomani.it