Pubblicato su Politica Domani Num 12 - Marzo 2002

Storia del cinema italiano
I "TELEFONI BIANCHI"
Gli anni '30

Giorgio Razzano

All'inizio degli anni Trenta in Italia c'erano due soli studi cinematografici: la Cines a Roma e la Fert a Torino, entrambe ospitavano troupe raccolte dalla strada e al termine delle riprese si scioglievano. Le case cinematografiche americane erano ritenute irraggiungibili, grandi film e soprattutto ottimi attori d'oltreoceano, doppiati da voci che il pubblico imparava a riconoscere e ad amare, erano il massimo per noi. Di nostro si faceva ben poco, si andava avanti alla giornata, si creavano frettolose trascrizioni letterarie o quadri storici, molto lontani dai cliché americani.
La ricerca della "formula giusta" per risanare il cinema italiano arrivò da Luigi Freddi presidente della direzione generale della cinematografia, e dai suoi capaci collaboratori, tra cui Luigi Chiarini e Jacopo Comin. Essi capirono subito che bisognava insegnare a fare film, scegliere le sceneggiature e soprattutto fare pubblicità ai film che uscivano. Foto di attori e attrici di set cinematografici riempirono le prime riviste specializzate del settore, come "Bianco e Nero", "Cinema", "Lo Schermo" o il settimanale "Film", create allo scopo di suscitare aspettative intorno alle nuove produzioni.
In seguito ci furono due momenti storici importanti per l'Italia e per il cinema: il famoso "Progetto imperiale", nato con l'entrata del nostro Paese in guerra per colonizzare l'Etiopia, fu l'occasione per il nostro cinema per mettere in scena storie di eroi alle prese con il fronte etiopico e per realizzare film a taglio documentaristico, che servivano per lo più a mostrare l'intento dell'Italia di civilizzare una parte così povera dell'Africa.
L'altro grande evento che diede impulso al cinema italiano fu l'edificazione di Cinecittà. Nata in via Tuscolana e inaugurata da Mussolini il 27 aprile del 1937, essa aveva un'estensione di 75 mila metri quadrati di strade, piazze e giardini, una grande piscina, tre ristoranti, diverse palazzine per dipendenti e impiegati, poche moviole ma ben 16 teatri di posa. Tutto ormai sembrava pronto per la nuova nascita, ma ancora qualcosa di importante, al di là di ogni ottimistica previsione, doveva accadere: di fronte a tanta abbondanza di mezzi, le quattro case cinematografiche americane più famose si rifiutarono di esportare in Italia le loro produzioni, disertando così un ricco mercato di consumatori e la "legge Alfieri" del 18 gennaio 1939, che finanziava i film nazionali, finì per creare la più massiccia produzione di pellicole italiane (circa 80 l'anno).
Nasceva così per circostanze di necessità e senza piani ben precisi una breve e frenetica stagione cinematografica. La nuova stagione, detta dei "Telefoni bianchi", coincideva con il periodo del divertimento: la nazione era una potenza imperiale, la popolazione viveva in un certo agio, le sale cinematografiche erano strapiene e così i ristoranti, le sale da ballo, i concerti di musica classica e leggera, anche i treni popolari erano sempre affollati, ci si muoveva con grande facilità. Un brivido d'euforia s'impadronì delle famiglie italiane. Questo stile di vita piaceva a tutti, certo, ma qualcosa a certi registi e sceneggiatori non andava del tutto giù: ad esempio il regista Mario Camerini nel famoso film "Il signor Max" (con un giovane De Sica) provò a dimostrarlo. Il giovane Max giornalaio di via Veneto vuole cambiare vita, frequentare il bel mondo e sposare una donna ricca, per questo si traveste da nobile; scoprirà che la vita dei ricchi non vale un solo giorno della sua da semplice giornalaio e sposerà una ragazza al pari di lui. Con questo breve film Camerini voleva dimostrare che il fascismo aveva dato un'immagine così totalmente illusoria della vita, da impedire di capire cosa stava accadendo dietro quello sfarzo.
Interrogarsi, scegliere, schierarsi sul piano del "politico" era impossibile per il popolo italiano tutto teso a rincorrere l'illusivo sogno di vivere felici e ricchi. I film che uscivano erano di puro divertimento con battute nate da sciogli lingua e ritmi sfrenati, ma alla fine ben poca sostanza rimaneva.
Così ogni sera il libero professionista sfoggiava il suo lucido smoking, cenava nelle trattorie di lusso, poi andava a teatro, all'uscita offriva nella sua lussuosa casa un aperitivo agli amici e tutti si divertivano sbronzandosi fino all'alba.
In un clima del genere in pochi, pochissimi avevano visto e capito che era il 10 giugno del 1940 e quel giorno Mussolini aveva invaso la Francia, mentre a Cinecittà "la bella festa" continuava come se nulla fosse….

PROSSIMAMENTE per "La storia del cinema italiano":
- Il cinema italiano nella bufera della guerra
- Il Neorealismo
- I generi del cinema italiano degli anni '50

 

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