Pubblicato su Politica Domani Num 12 - Marzo 2002

IL CASO OCHALAN

In Italia, l'attenzione riguardo alle violazioni dei diritti umani si è accesa in occasione del caso Ochalan. Il leader del PKK (partito comunista curdo) fu fermato in territorio italiano in base ad un mandato d'arresto spiccato in Germania. La magistratura tedesca però non richiese l'estradizione. La chiese invece la Turchia. L'allora governo D'Alema si trovò in grossa difficoltà: la costituzione italiana e il diritto europeo vietano, infatti, di estradare un detenuto verso un paese in cui vige la pena di morte. Il tema dei diritti umani divenne argomento di pubblico dominio: la Turchia veniva accusata di persecuzione contro il popolo curdo e di sistematiche violazioni d'ogni diritto umano, perpetrate specialmente nelle carceri.
La soluzione del caso fu definita da molti "all'italiana": Ochalan, dopo essere stato arrestato a Roma, a Fiumicino (aveva con sé un passaporto falso), fu rilasciato dopo che la Germania - che contro di lui aveva spiccato un mandato di cattura - dichiarò che non avrebbe chiesto l'estradizione. Lasciata quindi l'Italia arrivò in Kenya; qui fu arrestato nell'ambasciata greca di Nairobi, nella quale si era rifugiato chiedendo asilo politico, e finalmente estradato in Turchia.
Le polemiche infuriarono per qualche tempo. L'Europa fece pressioni perché non fosse comminata la pena capitale; il "patto" sotterraneo con la Turchia era l'entrata del paese nella UE in cambio della vita di Ochalan. Ragioni di opportunità da ambedue le parti fanno sì che il processo abbia tempi lunghi. All'epoca dell'arresto qualcuno avanzò l'ipotesi che Ochalan non sarebbe stato giustiziato: semplicemente, spentisi i riflettori, sarebbe "sparito".
A tre anni di distanza si sa ben poco della sua sorte; dopo quel martedì di settembre poi nessuno vuole preoccuparsi di un terrorista.

 

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Num 12 Marzo 2002 | politicadomani.it