Pubblicato su politicadomani Num 105 - Luglio 2010

Le reazioni alla finanziaria

di Marco Vitale

Cerchiamo allora di discutere alcuni degli errori di fondo testimoniati da queste reazioni.

La finanziaria non contiene stimoli per lo sviluppo
È il solito lamento degli agevolisti o stimolisti (vedi paragrafo che inizia a pag. 25 del mio libro). Ma pretendere ciò è pretendere di continuare a truccare le carte, è pretendere un imbroglio. Perché questa seconda fase della crisi finanziaria che è emersa nel corso del 2010 ci manda questo inequivocabile messaggio: anche la capacità degli Stati di indebitarsi ha dei limiti e noi questi limiti li abbiamo superati da tempo; continuare questa indegna campagna degli agevolasti, stimolisti e qualchecosisti è continuare ad imbrogliare la gente. è il solito lamento di una sinistra cialtrona ed irresponsabile saldata con larghi settori della c.d. destra altrettanto cialtrona ed irresponsabile, che con la politica consociativa e della spesa pubblica facile ha fatto esplodere il debito pubblico al livello che ha raggiunto, che è un livello di enorme pericolosità per noi, per i nostri figli, per i nostri nipoti. Come ha scritto in un lucidissimo articolo Jeffrey Sachs (Il Sole 24 Ore, 9 giugno 2010):
«I keynesiani classici sono al canto del cigno. Gli stimoli di bilancio globali patrocinati l’anno scorso da Obama sono al capolinea, ripudiati da quello stesso G20 che l’anno precedente li aveva sottoscritti. Di fronte a una crisi del debito pubblico, è arrivato il momento di abbandonare le teorie di corto respiro e privilegiare quegli investimenti di lungo termine necessari per garantire una ripresa solida… Insomma, dobbiamo riprogrammare la nostra tabella di marcia macroeconomica. Non esistono miracoli a breve termine, solo il rischio di altre bolle speculative se corriamo dietro a illusioni economiche. Per ricostruire le nostre economie, la parola d’ordine deve essere investimenti, non stimoli».
E per fare investimenti bisogna iniziare a ridurre da subito spesa corrente e deficit ed iniziare un piano a medio termine (10 anni) per ridurre l’immane costo della struttura pubblica e politica, questa immensa manomorta, che è la causa vera di tutte o quasi tutte le nostre difficoltà e dei nostri rischi di sopravvivenza, e per ridurre l’infernale zavorra del debito.

La riduzione della spesa pubblica corrente comporterà “enormi sacrifici”
È, tra l’altro, la tesi di Stiglitz che ho contestato. Eppure Stilglitz dovrebbe conoscere l’Italia.
Sa ad esempio, che il costo della classe politica siciliana, dei neobaroni o neofeudatari, sul popolo siciliano è inaudito? Sa che anche una Regione apparentemente virtuosa come la Lombardia compie sperperi enormi (ad esempio negli ultimi campionati di sci invernale in Valtellina si è speso circa tre volte quello che era necessario spendere e la parte in eccesso ha avuto effetti devastanti sulla popolazione portando nella cittadina di Bormio metodi che, tecnicamente, è corretto definire mafiosi)? Sa che la Merkel ha proposto di ridurre il numero di soldati tedeschi da 250 mila a 210 mila, mentre noi ne abbiamo 280.000, il numero più alto di tutti i paesi europei? Sa che, come scrive l’On.le Alessandro Pagano:
«La Corte dei Conti dice che bisogna legare gli aumenti delle retribuzioni della Pubblica Amministrazione alla produttività, ma questa è una cosa a cui non crede più nessuno. Troppo forte è infatti la pressione che la burocrazia esercita nei confronti di chi governa. E se non vengono concessi gli aumenti la macchina amministrativa viene bloccata del tutto. Negli Enti Locali e in particolare nelle Regioni questa pressione è ancora più forte.
Con queste condizioni il federalismo sta nascendo già zoppo e l’unica proposta seria è quella di bloccare per qualche anno l’autonomia contrattuale degli Enti Locali per riconcederla poi con regole severissime e con vincoli di bilancio non scardinabili.
Chiudo con un esempio virtuoso. La Norvegia ha 5 milioni di abitanti ed ha la seconda riserva di petrolio più estesa al mondo. Grazie a queste condizioni i norvegesi potrebbero vivere di rendita per 400 anni e andare in pensione quando vogliono. Invece loro hanno alzato l’età pensionabile fino ad arrivare in molti casi a 75 anni di età. Le risorse risparmiate sono state investite verso le generazioni future mediante un welfare particolarmente favorevole alle famiglie. Guarda caso oggi in Norvegia la media dei figli è di 4,5 per ogni famiglia, contro la media di 1,9 in Italia.
Conclusioni: tra 20 anni l’Italia sarà piena di vecchi e di poveri, mentre la Norvegia sarà un paese vigoroso e ricco».
Sa che negli ultimi nove anni sono state realizzate operazioni straordinarie per 168 miliardi di euro (dei quali 153 miliardi provenienti dalle privatizzazioni) per contribuire a diminuire il debito pubblico che, invece, sono in gran parte andate a finanziare la spesa corrente? Sa che si sono rischiate crisi di governo quando si è cercato di farla finita con il privilegio solo italiano delle pensioni di anzianità mentre si lesina il centesimo su opere pubbliche destinare a impedire frane e alluvioni (possibilmente senza affidarle alla “cricca”)? Sa che preferiamo finanziare i megalomani grattacieli e palazzi delle Regioni per i nababbi regionali che agiscono come i vecchi baroni siciliani ai tempi di Caracciolo? Sa che un piano serio di sistemazione del territorio (se si riesce a tenere fuori i ladri e malfattori) è stimato in 150 miliardi di euro, una spesa possibile su un certo numero di anni, in parte finanziabile con i mancati danni che regolarmente dobbiamo sostenere per i ricorrenti disastri ambientali? Ha un’idea delle decine di migliaia di consulenze per un valore totale di miliardi di euro elargiti dalle varie PA per consulenze che non valgono la carta su cui sono scritte? Sa che in tanti nostri ospedali vi sono importanti impianti per analisi, ecografie e tac che funzionano poche ore al giorno? Sa che mentre la nostra sanità pubblica (in molte regioni nelle mani della malavita organizzata) piange miseria, in città come Milano, con le tariffe della Regione, si sono creati, negli ultimi 30 anni, giganti sanitari (come il San Raffaele) o comunque ottimi ospedali (come l’Humanitas, l’IEO, Monzino) e che vi sono persone che con la gestione ospedaliera hanno accumulato autentiche ricchezze? Sa che è stato stimato che con la diffusione corretta dell’informatica si potrebbero risparmiare almeno 25 miliardi di euro all’anno, e ciò senza lacrime e sangue ma rendendo il lavoro più efficiente e quindi anche più gradevole? Sa che esistono degli studi seri che dimostrano che in molti settori della nostra PA le persone e le competenze sembrano essere dove non devono essere e viceversa? Sa che la PA è l’unico comparto del nostro Paese dove la produttività è negli ultimi 20 anni calata anziché aumentare? Sa che mentre si parla di ridurre le province, queste mostrano una crescita inarrestabile e quasi schizofrenica (92 negli anni sessanta, 103 nel 1992, 110 nel 2007, con province come quelle di Barletta-Andria-Trani che hanno tre capoluoghi ed in Parlamento giacciono domande per costituirne un’altra ventina)? Sa, ad esempio, che nella stagione calcistica 2005–2006, la provincia di Lecce ha investito 1,2 milioni di euro nella squadra locale di calcio e che la provincia di Cagliari sponsorizza la squadra di calcio del Cagliari?
Queste e tante altre storie simili giustificano alla grande l’affermazione di Cappugi che: «Se la realtà non fosse una cosa seria, verrebbe da ridere quando qualcuno – a proposito dei tagli al bilancio dello Stato - parla di tagli “vergognosi” alla spesa sociale; di “macelleria sociale”, di “mani nelle tasche degli italiani”. Mali di oggi che hanno le radici in quelli di ieri… Occorre il coraggio di dire la verità abbandonando le varianti del “pensiero unico” che ci stanno penalizzando. Se facciamo questo passo, scopriremo che le correzioni richieste non sono poi così terribili come il “pensiero unico” sostiene, almeno sino a che siamo in tempo per intervenire… Né ci si venga a dire che così facendo si vuole smantellare lo Stato sociale. Il discorso è un altro, il cuore di tutto è la comprensione che siamo davanti ad un problema grave ma notissimo».

 

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