Distratti o ignoranti?
Radiazione Cosmica “in fondo”
Molti scienziati italiani hanno lavorato a una delle più belle ricerche: svelare i misteri dell’origine dell’universo attraverso l’analisi dei dati raccolti dal satellite “Planck”. La notizia del successo della ricerca e della missione è passata quasi sotto silenzio sui grandi quotidiani italiani.
di Alessandro Lovato | Mar 2013
22 marzo 2013. Una strana immagine campeggia sulle prime pagine di alcuni tra i più famosi quotidiani mondiali, New York Times, Herald Tribune, Financial Time, Le Monde. è l’immagine della mappa della radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background, CMB), ottenuta analizzando le misure del satellite dell'Agenzia Spaziale Europea, “Planck”.
Lanciato il 14 maggio 2009, “Planck” ha iniziato a scandagliare la radiazione elettromagnetica che dallo spazio profondo giunge fino a noi nella regione di frequenza delle microonde (le stesse dei piccoli forni che troviamo in cucina).
Ora, sappiamo che nelle prime fasi della vita dell'universo la temperatura era così elevata da rendere impossibile la formazione di atomi. E siccome per questa ragione i fotoni non potevano propagarsi liberamente, l'universo era desolatamente opaco. Circa 380.000 anni dopo il Big Bang, nell'epoca della "ricombinazione", l'universo divenne finalmente freddo abbastanza da permettere la formazione degli atomi, consentendo ai fotoni di viaggiare liberamente e di mutare così l’aspetto dell’universo da opaco a trasparente.
Fu allora che si originò la CMB, rilevata accidentalmente nel 1964 da Arno Penzias e Robert Wilson, sedici anni dopo essere stata ipotizzata da George Gamow.
La CMB permea lo spazio in modo essenzialmente isotropo, vale a dire la sua presenza si trova ovunque né essa predilige alcuna particolare direzione spaziale. Da qui l'origine del termine "radiazione cosmica di fondo".
Secondo la teoria del "corpo nero", che venne coniugata con la meccanica quantistica dal fisico Max Planck, è possibile associare la temperatura di un corpo ad uno spettro di frequenza di emissione. Per esempio la temperatura della superficie del Sole corrisponde a un picco di emissione nello spettro visibile (non a caso i nostri occhi percepiscono questa parte dello spettro elettromagnetico).
La temperatura della radia-zione cosmica di fondo è di circa -270 gradi Centigradi, molto vicina allo zero assoluto (-273,15°C). Come conseguenza della espansione dell'universo la radiazione cosmica di fondo ora è molto più fredda di quando si era originata.
È stato notato che la temparatura della CMB presenta piccolissime anisotropie, dell'ordine di 1/100.000. L’ipotesi è che esse corrispondano ad anisotropie di temperatura nella fase della ricombinazione, quando cioè la materia primordiale dell’universo iniziò ad assumere l’aspetto in cui oggi la conosciamo. In questo modo studiare quello che accadde prima della ricombinazione, ovvero nelle primissime fasi di vita dell'universo, diventa impresa possibile. L’inflazione (si chiama così la fase di violentissima espansione dell'universo) stabilisce un nesso di causa-effetto fra le variazioni di temperatura della CMB e le piccolissime fluttuazioni quan-tistiche presenti nei primi istanti successivi al Big Bang. Inoltre, le microscopiche variazioni di temperatura della CMB sono necessarie per spiegare (su grande scala) la distribuzione delle galassie presenti nell'universo attuale, il quale risulta isotropo solamente su scala cosmologica.
I risultati di “Planck” appena pubblicati sono in sostanziale accordo con il modello cosmologico standard dell' universo, anche se c’è qualche scostamento con le misure precedentemente effettuate. Il modello standard dell’universo - detto ΛCDM, Lambda Cold Dark Matter - è basato sulla relatività generale di Albert Einstein e permette di spiegare, oltre alla CMB, la struttura a grandi scale delle galassie (ovvero la loro distribuzione), l'abbondanza dei nuclei leggeri (come l'idrogeno l'elio ed il litio), e l'espansione accelerata dell'universo. Secondo il ΛCDM l'universo è costituito, oltre che da materia ordinaria, da una rilevante quantità di materia oscura (dark matter) e da una grande componente di energia oscura. Dove la prima, la materia oscura, non è osservabile attraverso la radiazione elettromagnetica, ma è necessaria per rendere conto della dinamica delle galassie. La seconda, l’energia oscura, è necessaria per spiegare l'attuale espansione accelerata.
Gli esperimenti precedenti a “Planck” davano una stima di presenza di materia ordinaria pari al 4,5% del totale, la materia oscura era calcolata intorno al 22,7% e la densità di energia pari al 72,8%. I risultati di “Planck”, danno indicazioni diverse: risulta infatti che la componente di energia oscura è minore (68,3%), che c’è più materia ordinaria (4,9%) e più materia oscura (26,8%).
Inoltre, il valore della costante di Hubble misurato da “Planck”, che risulta essere pari a 67,3 km/s per Megaparsec, conferma che il processo di espansione dell'universo sta accelerando, ma ad un tasso minore rispetto a quanto si era misurato prima.
Combinando i valori dei parametri cosmologici del modello, si trova che l'universo di “Planck” è 80 milioni di anni più vecchio di quanto non si credesse prima, e che la sua età sia di circa 13,81 miliardi di anni.
Tra gli altri risultati, non meno importanti, è stato ribadito il vincolo esistente sul numero delle specie di neutrini, le particelle ipotizzate da Pauli per soddisfare il principio della conservazione dell'energia nei decadimenti radioattivi. “Planck” conferma il numero di tre, neutrino elettronico, neutrino muonico e neutrino tau, in accordo con quanto era già stato trovato con esperimenti fatti in laboratorio a terra.
Grazie ai risultati di “Planck” è stata vinta una sfida scientifico-tecnologica di enormi proporzioni, le cui implicazioni, peraltro, sono impressionanti. Si pensi, ad esempio, alle raffinatissime tecniche di analisi dati che sono state necessarie per isolare la radiazione elettro-magnetica di origine stellare e galattica, la quale deve essere rimossa dal segnale ricevuto dal satellite. Inoltre, per raggiungere una sensibilità sufficiente, necessaria per studiare le anisotropie della CMB, sono state implementate tecniche di criogenia all'avanguardia per raffreddare i due rivelatori di microonde.
All’Italia va il merito della realizzazione del rivelatore a basse frequenze e della analisi dei dati da esso provenienti, e di parte del sistema criogenico per il rivelatore di alte frequenze. Al progetto hanno lavorato numerosi ricercatori italiani, molti affiliati a istituzioni estere, i quali, pur non essendo direttamente coinvolti nella parte operativa dell'esperimento, in quanto parte delle collaborazioni necessarie, hanno contribuito allo straordinario successo della missione.
Il costo della missione “Planck” è stato stimato intorno ai 700 milioni di euro e rientra nel quadro del Programma Scientifico dell'ESA, a cui l'Italia contribuisce per circa il 13% del totale.
Il dispiegamento straordinario di forze e l'impegno economico e scientifico assolutamente ragguardevole per il nostro paese hanno portato a risultati straordinari. Eppure, quasi nessuna traccia di “Planck” si trova nelle prime pagine dei quotidiani italiani del 23 marzo (con l’unica eccezione de "La Stampa").
La radiazione cosmica di fondo è stata derubricata “in fondo” alle pagine interne.
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