Antichi mestieri
La via della seta passa per il Mezzogiorno d’Italia
La seta è un tessuto di origine animale ma è anche una scoperta geniale. Lungo le “vie della seta” c’è stato l’incontro tra le antiche civiltà umane di occidente e d’oriente. Nel Mezzogiorno d’Italia la coltivazione del baco da seta e la produzione dei tessuti sono state in passato attività fiorenti che meritano di essere riprese.
di Antonio Guarino | Mar 2013
Quando si parla di seta viene immediato pensare alla “via della seta”, un percorso storico-geografico che lega fra loro due civiltà, quella occidentale europea e quella orientale cinese.
Si tratta di un reticolo fatto d’itinerari attraverso il quale le due grandi civiltà della storia s’incontravano e si scambiavano merci e conoscenza. I contatti non erano solo tra l’impero romano e quello cinese ma, attraverso le diramazioni del reticolo, arrivavano fino all’India e al Giappone.

Un po’ di storia

In pochi conoscevano la reale provenienza delle merci che arrivavano alle porte dell’occidente. I mercanti raccontavano di terre dove vivevano mostri, degli uomini e delle donne che li abitavano, di paesi magici e fatati. Attraverso questa via arrivano oggetti esotici: porcellane, riso, arance, mandarini. Tutti prodotti che furono poi assimilati dall’occidente e fatti propri, al punto da diventare tipici dell’area del Mediterraneo. Insieme a questi prodotti arriva la seta.
Fin dall’antichità le proprietà e la bellezza di questa particolare fibra tessile suscitò una tale domanda da indurre a percorrere la mitica via innumerevoli carovane di intraprendenti mercanti. Essi crearono un “ponte” attraverso il quale vennero in contatto le grandi culture della società umana.
Nell’antica Bisanzio, ai tempi dell’imperatore Giustiniano l’interesse dei commercianti si era spostato dall’occidente impoverito dalle invasioni barbariche verso la Cina da dove importavano i preziosi tessuti di seta e dove esportavano il vasellame e i damaschi prodotti in Siria.
In seguito alla conquista degli arabi, in Sicilia, l’allevamento dei bachi da seta divenne una delle attività più redditizie. Inevitabilmente la produzione si diffuse in Europa e in particolare in Italia in alcune regioni del Sud come la Calabria e la Campania. La Sicilia mantenne per secoli una egemonia nel settore che contribuì alla sua ricchezza.
In Italia la produzione di seta fu alta fino al XVIII secolo. Incominciò a calare nell’intervallo tra le due guerre fino a scomparire negli anni cinquanta, quando la Cina riuscì a recuperare totalmente il suo primato mondiale.
L’origine della scoperta della seta è avvolta nel mistero. La legenda vuole che nella Cina del XXVIII secolo a.C. l’imperatrice Xi Ling-Shi, sfiorando un bruco, ebbe ad avvolgere attorno a un suo dito un filo che subito le comunicò una sensazione di calore. Notando un bozzolo lì vicino capi che c’era un legame tra il baco, quel filo di seta e la sensazione di dolce calore che aveva provato. Partì da questa leggenda il lungo cammino del tessuto di seta che si ricava dal bozzolo.
700 anni dopo la fondazione di Roma, all'inizio dell'estate del 53 a.C., Marco Licinio Crasso, spinto dall'invidia per i trionfi militari di Cesare e Pompeo, partì alla volta della Persia. Fu allora che i Romani vennero per la prima volta in contatto con la seta, perché di seta erano tessute le bellissime e cangianti insegne che i guerrieri Parti innalzavano.

Come nasce la seta

Il baco da seta è ghiotto e si nutre delle foglie del gelso. La vita del baco, quindi, è legata all’esistenza di queste piante.
Il baco produce la seta da due ghiandole parallele collocate all'interno del corpo. La seta è costituita da proteine raccolte nelle ghiandole. Il baco estrude da due aperture situate ai lati della bocca, i seritteri, una bava ricca di proteine, sottilissima, che a contatto con l’aria si solidifica. Si crea così un filo, lungo da 300 a 900 metri e largo dagli 8 ai 22 micron, dentro il qualche il baco si avvolge come in un sudario. Nel caldo e soffice bozzolo il baco subisce una metamorfosi: si trasforma prima in pupa (o crisalide) e poi in farfalla (della famiglia dei Bombycidae) che esce infine dal bozzolo dopo averlo forato. Per evitare la rottura del bozzolo e conservare intatto il lungo filo sottile, i bozzoli sono gettati in acqua bollente in modo da uccidere all’interno le crisalidi appena prima della fuoruscita dal bozzolo e recuperare integro il prezioso filo di seta.

La seta riflette la luce con un particolare splendore e assorbe in modo straordinario i colori creando una grande ricchezza di sfumature. Le caratteristiche fisico-meccaniche del filo sono notevoli: il filo di seta è resistente ed elastico, il tessuto rimane fresco e ben stirato a lungo grazie al semplice contatto con l’aria. Le stoffe di seta sono morbide e scivolano dolcemente; la caduta perfetta degli orli le rende adattissime per i drappeggi. La seta è molto appropriata per l’abbigliamento perché è anallergica e trattiene il calore del corpo; si macchia, però, facilmente e non resiste molto al sole.

Ascesa e discesa della produzione in Campania

Nel 1789 Ferdinando IV di Borbone fece costruire una fabbrica di seta a San Leucio vicino a Caserta. Si producevano qui le sete per arredamento. In poco tempo la fabbrica divenne uno dei punti di eccellenza per la produzione di questi tessuti il cui livello raggiunse elevati standard d di qualità.
Il processo parti dall’adattamento di un'antica vaccheria di proprietà del sovrano. Il re voleva realizzare un moderno setificio che avrebbe dovuto produrre tessuti pregiati di suo gusto per abbellire gli interni della vicina reggia di Caserta. Il progetto reale comportò la realizzazione di un'intera filiera che andava dalla coltivazione del gelso e del baco da seta, fino alla lavorazione dei tessuti.
In Italia la coltivazione del baco si sviluppò, oltre che in Calabria nell’area attorno a Catanzaro, città che la seta rese ricca e famosa, anche in Campania. A Mercato San Severino in provincia di Salerno e nell’agro nocerino sarnese esistono ancora oggi toponomastiche che richiamano gli antichi raduni dei mercanti e dei produttori di seta, e i filari di alberi di gelso. Giustiniano, nel suo Dizionario geografico ragionato del regno di Napoli 1791-1805, cosi commenta parlando di Sarno “Il territorio produce tutte le derrate di prima necessità (…) si alligano bene le piante fruttifere, e similmente i gelsi, onde nasce tra i detti abitanti l’industria pure dei bachi da seta”.
Il gelso caratterizza il paesaggio: ne delimita i confini, si raccoglie intorno alle masserie, le piante di gelso disposte in doppi filari lungo le strade segnano le vie di accesso alle aree urbane. Le foglie raccolte da qui erano date come alimento ai bachi allevati all’interno dei casali. Qui, con l’inizio della trasformazione del baco in crisalide iniziava un processo che veniva chiamato “salire al bosco”: le donne preparavano un intreccio di rami detto “bosco” dove i bachi da seta si disponevano per tessere i bossoli e lì dentro custodire le pupe.
Tutto l’ambiente doveva essere mantenuto a temperatura costante, intorno ai 23°, con una umidità del 65% e un’illuminazione minima. Per questo i contadini utilizzavano le cucine e le camere. Addirittura i bozzoli (cuculli), venivano custoditi nel seno delle donne le quali potevano così accorgersi subito del momento esatto per la loro bollitura, che doveva avvenire prima della trasformazione della pupa in farfalla, la quale sfarfallando avrebbe tagliato il filo sericeo.
Nel 1863 a Cannitello in Calabria si contavano 120 filande con 1200 addetti. È qui, come in Campania, che ben presto si passa da un’attività artigianale di semilavorati alle filande i cui prodotti finiti saranno esportati in Francia e negli Stati Uniti, grazie a una joint-venture calabro-britannica (degli Hallem e degli Eaton).
Si venne a formare così una vera e propria multinazionale della seta. Le stoffe prodotte a San Leucio, in particolare velluti, compassi e saie, non furono vendute solo in Italia ma in tutto il mondo. Si trattava di tessuti preziosissimi formati da intrecci di seta, fili d’oro e perle preziose (i compassi), e di sottilissime trame di fili di seta usati soprattutto per abiti femminili particolarmente leggeri e per calze (le saie).
Oltre a San Leucio gli artigiani di questo settore si collocarono nella zona di Caserta - frazione Vaccaria, e comune di Briano - costituendo anche qui un punto importante di riferimento della produzione europea. Tessuti di seta provenienti da quest’area si possono trovare a Venezia, nel Palazzo del Quirinale e nello studio Ovale della Casa Bianca. Le bandiere degli Usa e dell’Inghilterra nello Studio Ovale e a Buckingham Palace sono fatte con fili di seta intrecciati che provengono dalla produzione di seta delle filande campane.
In seguito all’introduzione delle moderne tecnologie produttive a San Leucio le seterie si trasformarono in industrie e raggiunsero nella lavorazione dei tessuti in seta un livello di specializzazione di altissima qualità. Questo polo produttivo si trasformò poi in una nicchia di mercato caratterizzata da un elevato valore aggiunto e destinata a un segmento di èlite, con un trend positivo di crescita in controtendenza rispetto alla generale flessione del comparto.
In seguito, la produzione e la lavorazione della seta diminuì drasticamente. Fattori ecologici determinarono il crollo della bachicoltura: al danno causato dall’uso dei fitofarmaci si aggiunsero le infestazioni dei gelsi da parte di una farfalletta. La produzione iniziò a calare dal 1874 fino a dimezzarsi, ciò, nonostante i tentativi di selezionare semi di gelso resistenti ai pesticidi e alle malattie. Nel 1928 in provincia di Catanzaro rimaneva la produzione di bozzoli a fresco ma scomparivano le filande. Poi ci fu il crollo. La coltivazione del gelso e la produzione dei bozzoli si ridusse a un’attività episodica praticata soltanto da qualche nostalgico contadino.
Nel 1871 per decreto del re Vittorio Emanuele venne fondata a Padova - e non al Sud - la “Stazione Biologica Sperimentale” che fu poi trasformata nel 1967 in “Sezione Specializzata per la Bachicoltura" dell’Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria di Firenze (M.A.F.). È qui che si sono sviluppati e continuano gli studi e la sperimentazione agraria per la propagazione del gelso, e la ricerca per l’analisi e la soluzione dei problemi riscontrati negli allevamenti dei bachi Bombyx mori.
A partire dagli anni ’50 del ‘900 cominciò in Europa la produzione mista di seta pura e di seta sintetica, mentre la seta pura veniva importata in grandi quantità dalla Cina.
Oggi l’Europa, e in particolare l’Italia, continuano ad avere il primato della qualità sulla produzione finale della seta. Tuttavia ciò che rende difficile il suo sviluppo sono i costi e la qualità della materia prima: manca cioè una produzione adeguata di bozzoli. In un paese come l’Italia la cui fama nel settore della moda internazionale è incontrastata e incontestabile il rilancio di questo prezioso tessuto avrebbe un sicuro successo. È però indispensabile che si recuperi in forme moderne l’antica filiera della seta: che cioè la coltivazione del gelso e l’intera filiera di produzione si innervi nel territorio e diventi parte integrante del suo paesaggio. Un paesaggio in cui giustamente l’Europa include accanto al contesto naturale e urbanistico, anche cultura, tradizioni e produzione.
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