Non basta. In quell’accenno è celata in realtà una profonda ignoranza. Pubblichiamo qui una lettera che Alberto Carzaniga ha inviato al giornalista, la risposta del giornalista e il successivo commento dell’ex alto funzionario del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo facciamo perché condividiamo le sue osservazioni e perché riteniamo che sia compito dei media - disatteso in gran parte - cercare di aiutare questo nostro paese a uscire dal tunnel.
IL CARTEGGIO
A Piero Ostellino
Le scrivo in merito al suo articolo di fondo di ieri, che condivido totalmente ma che considero incompleto.
Cosa manca, e purtroppo manca sempre, non solo nei suoi scritti.
È verissimo che, come Lei scrive: "continuiamo ad aver bisogno di rigore nella spesa e, soprattutto, di una radicale semplificazione legislativa e amministrativa...". Ma chi come me ha vissuto per un po' da dentro l'Amministrazione Pubblica, sa che c'è un altro problema gravissimo sottostante di cui nessuno parla, che è poi alla radice dei nostri mali: è il mancato passaggio da una cultura di gestione ove i conti vanno bene se tenuti secondo la legge (che è fatta per non prendere mai le misure a chi amministra; pensi solo alla Moratti, che lascia dicendo che i conti sono in ordine - avanzo di 130 milioni, se ben ricordo - e Pisapia, che arriva dicendo che c'è un buco di 500 milioni. Ed hanno ragione entrambi, sempre secondo legge!), ad una cultura di gestione ove sempre deve prevalere il risultato, quello vero e univoco.
Siamo al paradosso: i nostri conti devono essere "tradotti" per essere presentati a Bruxelles ove vige una forma di "partita doppia" molto chiara e comprensibile (ESA 95, curata da Eurostat) e noi continuiamo ad avere una contabilità che non fa capire mai ai cittadini quali siano i conti nemmeno del loro comune. A volte nemmeno i consiglieri comunali riescono a capire quali siano questi conti.
Questo passaggio, che si traduce nei fatti ad avere una contabilità per cassa consolidata tipo Esa 95, e dove la cassa è cassa, e non teologia contabile - come è oggi, grazie ad una Corte dei Conti che ha trasformato la contabilità in una palestra di esercitazioni di diritto pirandelliane ed inconcludenti -, richiede uno strumento che addirittura è pronto e funziona da almeno un decennio: si chiama Siope. Nessuno sembra arrivare alla ovvia conclusione che tenere i conti come si tengono ovunque nel mondo (meno che nella nostra Pubblica Amministrazione) è la premessa per controllare i costi, e che pubblicizzarli in rete (secondo principi tipo "opendata") è poi la premessa per portare il mercato dentro la Pubblica Amministrazione, distinguere i mariuoli ed i nullafacenti dalla persone per bene e capaci, avere uno stato che "faccia di più e meglio con meno", che è poi la sintesi della buona politica.
Sempre cordiali saluti e grazie dell'attenzione.
Alberto Carzaniga
Ex sottosegretario al bilancio
nel governo Dini
La risposta
Lei propone una rivoluzione che non è solo contabile, ma politica, che non si farà mai perché i conti sono “arcana imperii”.
Piero Ostellino
Editorialista, già direttore
del Corriere della Sera
IL COMMENTO
Qui trovate a mio avviso la ragione prima dei motivi per cui ci stiamo tutti dando da fare: un ex direttore del "Corriere", oggi editorialista e redattore degli articoli di fondo di questo giornale, se la cava dicendo che fare i conti è "arcana imperii".
Ossia non capisce, o meglio non vuole capire che i nostri guai hanno alla radice la volontà di non volerne capire le cause, di continuare a non voler vedere ciò che è ovvio.
Finché un ex direttore del Corriere, che però è ancora lì, non capisce che lui, proprio lui, è una delle concause dei guai che denuncia, perché tace sulla causa principale dei nostri guai, abbiamo motivi seri (forse anche nobili) per continuare a fare quel poco che cerchiamo tutti noi di fare.