Da dove cominciare?
Questioni di democrazia e di produttività
di Luca Meldolesi | Feb 2013
Dalla necessità più assoluta di dire la verità ai cittadini e di ricreare nel Paese un clima di fiducia e di speranza. Dall’atto pratico che, di per sé, cambierebbe ogni cosa: la conoscenza dettagliata on line dei conti pubblici. Basterebbe un ordine di servizio (una firmetta del Presidente del Consiglio!). Perché quei conti fortunatamente esistono – tramite il sistema Siope gestito dalla Banca d’Italia.
Il problema è, per l’appunto, che non sono pubblici quei conti: sono «secretati» dalla Ragioneria Generale dello Stato, come se fossero un «segreto di Stato» del tempo che fu. […]
Dopo tutta l’acqua passata sotto i ponti ci troviamo ancora di fronte una «precauzione monarchica», chiamiamola così, dura a morire! […]
La prima cosa da fare per superare quella lunga sordità è dire pubblicamente come stanno le cose. È mettere in condizione i cittadini di verificare loro stessi questo «stato degli atti»; è «mettere in rete» in forma disaggregata quei dati. È creare parallelamente un piccolo servizio a disposizione del pubblico per leggerli insieme, quei dati. […]
Per quanto è possibile, dunque, bisogna abolire ogni segreto della Repubblica. Bisogna che tutti possano sapere tutto di tutti (se lo desiderano, naturalmente). Di modo che si possa sviluppare una grande discussione collettiva sui fatti concreti. Di modo che i cittadini possano interrogarsi davvero sul «da farsi», possano giungere a una valutazione obiettiva e meditata della situazione. E su tale base possano decidere consapevolmente: cosa è necessario fare.
Se lo facessimo, questo grande atto di trasparenza on line, si ridurrebbe di colpo il margine di manovra dell’imbroglio e del malaffare; perché quest’ultimo ha le sue radici proprio nell’opacità del sistema pubblico. «Alzare il velo» su come stanno effettivamente le cose è un imperativo etico, prima ancora che una scelta di policy. Consente di lanciare una grande offensiva moralizzatrice: proprio quella di cui gli italiani sentono un enorme bisogno. Ed è anche il modo più giusto per rendere la vita pubblica alla democrazia, cominciando a chiudere la lunga pagina dello scandalismo (e della «supplenza» della magistratura). […]
Se lo facessimo, il governo democratico […] potrebbe avviare il sistema pubblico su nuove basi, proprie di un sistema multicentrico fondato sul calcolo economico e sulla quantità/qualità dei risultati; che aziona al suo interno (e nel rapporto con i cittadini) relazioni cooperative ed emulative; che vive in una logica progressiva di rendimento economico vero e proprio; che, invece di subire passivamente il «gap» di produttività, lo utilizza al contrario per rincorrere il più rapidamente possibile chi ha una pubblica amministrazione più performante della nostra (ci vuol poco!).
La verità è molto semplice. Osservata dall’esterno, l’Italia è quel Paese bizzarro che mentre è costretto ad accettare ristrettezze pubbliche crescenti, si permette, nello stesso tempo, di fare a meno del calcolo economico micro. Non è solo costo della politica, corruzione e criminalità; è anche e soprattutto obsolescenza e inefficienza. […]
Abbiamo di fronte il problema di liberare le direzioni di tutti gli uffici dai vincoli centralisti in modo che possano mobilitare (innanzitutto) le energie pubbliche esistenti, e nello stesso tempo di vincolarle indirettamente ai valori (ed ai funzionamenti) del mercato in modo che quelle stesse direzioni siano spinte davvero a mobilitarle, quelle energie.
Paradossalmente, l’Italia che ha una grande tradizione storica imprenditoriale non è stata ancora in grado di inventare una «proxy» pubblica di quella stessa tradizione. Paradossalmente (insegna l’economia dello sviluppo), proprio perché il sistema pubblico è il principale tallone d’Achille del Paese (il fattore di arretratezza, da «late comer», che intrappola energie, anche inconsapevolmente), esso è anche uno straordinario «reservoir» di capacità e risorse da cui è indispensabile attingere per migliorare le prestazioni dello Stato e per rilanciare l’economia italiana.
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