Riflessioni da sinistra dopo lo tsunami delle elezioni politiche
C’è qualcosa di nuovo, oggi, nell’aria… una speranza
Il M5S sta aiutando la sinistra ad abbandonare il politichese richiamo alla “stabilità” e a riappropriarsi del confronto con i propri elettori e con la gente sui temi che veramente contano
di Antonio Guarino e Mattia Vallifuoco | Mar 2013
Uno tsunami politico positivo, il Movimento 5 Stelle. Ha portato una ventata di rinnovamento che, oltre che emergere dai mass media, ancora di più coinvolge la gente comune.
È confortante vedere e sentire persone comuni che, elette in parlamento si preparano alla trasferta a Roma, parlare di case condivise, di ricerca di modi di trasferimento su rotaie e di strategie per partecipare alla vita parlamentare senza compromettere gli impegni della vita quotidiana. Sono scomparse auto blu, faccendieri e portaborse.
Il M5S sembra ancora, però, un oggetto misterioso e spaventa la dichiarata volontà di non voler essere ricondotto alle categorie tradizionali della politica.
Se una rivoluzione volevano farla, i “grillini”, ci sono riusciti prima ancora di entrare in Parlamento.
È già un evento rivoluzionario, infatti, sentire Bersani e Vendola proporre il dialogo su alcuni punti qualificanti: il taglio del costo della politica, una legge anticorruzione, l’attuazione di politiche di solidarietà. La politica torna a parlare un linguaggio vero, attento ai problemi. Non c’è nessun “politichese” richiamo alla stabilità, né l’estenuante trattativa di poltrone da distribuire.
È chiaro che l’ “oggetto misterioso” lo si può stanare solo parlando un linguaggio nuovo, che va nella direzione dell’immaginario della gente, di quelle speranze per troppo tempo deluse e con quella carica di entusiasmo troppo a lungo repressa.
La vera rivolta che i nuovi parlamentari stanno facendo con piglio irrompente investe la burocratizzazione della politica. È come se la comunità in prima persona sentisse il bisogno di riappropriarsi di una parte di quello spazio che le era stato strappato; è come se si assistesse all’apertura al popolo dei giardini del re dopo la rivoluzione.
Il fermento che si sente nell’aria fa pensare alla raccolta dei cahiers de doléances nelle campagne della Francia, all’ansia di poter esprimere le proprie lamentele sapendo che saranno ascoltate.
In questi anni abbiamo visto più volte i tentativi della sinistra di appropriarsi della rappresentanza del disagio sociale e di farsi portavoce delle aspettative per un nuovo mondo (con Sinistra Arcobaleno, Rifondazione, SEL, Ingroia). Sono stati tentativi franati miseramente. Quel risultato sempre sotto il tre per cento li ha relegati via via più lontani dalla realtà della gente e dalla stessa comunità.
La luce delle stelle del Movimento chiarisce le cause dei fallimenti, che non sono certo dovuti all’aprirsi della sinistra ai temi ambientali o a quelli della società civile, o alla ricerca di un nuovo patto con la Natura, ma al fatto che quelli che li proponevano non erano più credibili, la comunità non li riconosceva più come parte di sé. Dietro le diverse sigle gli attori sono sempre gli stessi: maschere inchiodate a interpretare un copione oscillante, nella sua ripetitività, tra il tragico e il comico (come lo spettacolo delle scissioni e microscissioni di gruppi ridotti sotto l’uno per cento).
Molti dei militanti di sinistra hanno vissuto con speranza nel cuore almeno qualcuno di quei tentativi, per poi arrendersi all’evidenza: il loro unico scopo era di riproporre inaccettabili sclerotizzate burocrazie ideologizzate, del tutto estranee alla comunità. La politica è e deve essere uno spazio collettivo accessibile a tutti, quindi gli spazi della politica non possono essere occupati in modo permanente. Non era rimasto più spazio in quest’area - che in parte ha raccolto l’eredità del vecchio Partito Comunista Italiano - per una possibile svolta. Ormai era diventata chiara l’incapacità di superare i suoi limiti, anche nei momenti più favorevoli.
In seguito alla vittoria di Grillo, c’è stata una svolta “linguistica” nel Partito Democratico. Negli otto punti del suo programma Bersani ha parlato di cose concrete: segno evidente di come Grillo possa perfino aiutare la sinistra a ritrovare una sua naturale collocazione all’interno della società e ad uscire da esclusive logiche di apparato. Se questi punti non basteranno per un accordo con il M5S, serviranno però a collocare il partito su posizioni distanti da quelle di Monti e a riavvicinarlo al suo elettorato storico, che dal partito pretende il superamento di logiche e linguaggi strumentali al potere e di aprirsi alla società proponendo una classe politica non fossilizzata.
Il problema partito sollevato dal M5S riguarda soprattutto la sinistra: è qui, infatti, che è più drammatica la perdita di rappresentanza.
La vittoria del Movimento è importante perché aiuta (forse) la sinistra a superare una autoreferenzialità di cui liberarsi dall’interno è diventato illusione; l’aiuta a ritrovare la sua vocazione: una sinistra moderna che è espressione delle diverse culture che la compongono, socialista, cristiana, ambientalista; l’aiuta a porre questioni assolutamente fondanti, dal lavoro alla fine del dominio dei mercati finanziari, da una nuova dimensione del rapporto uomo-ambiente al riconoscimento di forme nuove di famiglia, alla valorizzazione delle differenze.
L’affermazione del M5S è anche legato al problema della rappresentanza.
È un tema di grande attualità, anche nella Chiesa che, nel dare le sue dimissioni, il Papa Emerito Joseph Ratziger ha chiarito con queste parole: “la Chiesa non è mia, non è vostra, ma di Dio”, indicando così la necessità di ricondurre la Chiesa a quel legame originario con la Verità che finirebbe per essere stravolta fuori della universalità che accoglie le idee e i principi su cui si basa la dignità dell’uomo.
Allora, come è per la Chiesa, quando i partiti si ispirano a idee e principi di promozione di una società giusta e della dignità umana, quando la loro storia è una storia di partecipazione popolare e democratica, i partiti non sono dei segretari, né dei fondatori, né di questo e quell’apparato, ma appartengono alla gente che li ha votati e di cui sono espressione.
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