Albert Otto Hirschman
Fra i suoi insegnaamenti quello che non esiste un’unica via che porti allo sviluppo economico, perché la pianificazione deve tenere conto delle specificità locali e ricercare “le possibili razionalità nascoste”
di Luca Meldolesi e Nicoletta Stame | Apr 2013
11 dicembre 2012. È scomparso Albert Otto Hirschman. Classe 1915. Economista e sociologo.
Nato a Berlino e cittadino del mondo. Aveva studiato a Parigi e a Londra e si era laureato a Trieste. Aveva partecipato attivamente alla lotta antifascista in Francia, Spagna e in Italia, paese a cui lo legava la profonda amicizia con Eugenio Colorni, marito di sua sorella Ursula, che poi sposò Altiero Spinelli, dopo che Colorni venne ucciso dai fascisti.
Rifugiato politico negli Stati Uniti, negli USA ha insegnato in varie università e ha lavorato per la Federal Reserve. Intensa la sua attività in Colombia e in America Latina, dove è stato a lungo consulente e ricercatore.
L’esperienza dell’America Latina ha avuto sulla sua teoria dello sviluppo economico un impatto importante. Sono figlie di questo periodo le opere “The strategy of economic development” (1958); “Journeys toward progress” (1963); “Development projects observed” (1967); e la raccolta di scritti “A bias for hope. Essays on development and Latin America” (1971).
In economia è stato un precursore della teoria dello sviluppo. Nella ricerca è stato un pioniere delle contaminazioni: teoria e pratica, tradizione e sperimentazione. Non ha mai esitato a uscire fuori dagli schemi tipici della disciplina (o delle discipline) di cui era esponente di spicco per avventurarsi in percorsi inusuali e inesplorati con l’impazienza di chi non si rassegna a considerare la diversità delle discipline come un dato di fatto e a tollerare le divisioni poste a barriera fra di esse come dei muri impenetrabili. È stato descritto come un genio giocoso.

La testimonianza degli amici
“Albert Hirschman era ammalato da tempo.
A lungo, Nicoletta ed io siamo andati a trovarlo d’estate, nella nostra “visita annuale” (come la chiamava con simpatia la moglie Sarah che aveva finito per “adottarci”) guidando un’automobile a nolo per un giorno intero - tra Boston e Princeton. La scomparsa improvvisa di Sarah all’inizio di quest’anno ed il trasferimento di Albert in una clinica specializzata avevano ormai preannunciato l’inevitabile.
Talvolta, tuttavia, accade ai veri maestri un’uscita di scena, senza uscir dalla scena.
È stato così per Eugenio Colorni, di cui Albert parlava spesso, al presente – come se fosse nella stanza accanto.
E così abbiamo agito noi stessi - nonostante la silenziosa agonia di Albert. E continuiamo a farlo.
Infatti, proprio come accade per l’Eugenio (si dice alla milanese), la presenza di Albert tra noi non viene mai meno. E continuerà indubbiamente, in futuro, ad ispirarci con la sua intelligenza creativa, a rincuorarci con la sua ironia sottile, ad incoraggiarci.”
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