Pubblicato su politicadomani Num 79 - Aprile 2008

Indagine IRES
L'occupazione in aumento è femminile e precaria
La maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro non sempre si traduce in emancipazione e migliore qualità della vita, ma solo in una maggiore presenza nel precariato

di Maria Mezzina

Esiste in Italia una questione lavoro femminile. È questa la conclusione a cui giunge il 3° Rapporto dell'Osservatorio sul lavoro atipico in Italia, presentato lo scorso Marzo 2008*.
Nonostante il buon andamento della partecipazione delle donne al lavoro, + 8% nell'ultimo decennio (dal 43% nel 1996 al 51% nel 2006), siamo ancora lontani dalla media europea (- 12%).
La percentuale di presenza femminile nella crescita del mercato del lavoro è stata del 76% (vale a dire che, stando ai dati del 2006, ogni 100 nuovi occupati 76 erano donne), e addirittura del 92% nel caso di occupazioni stabili. I dati si riferiscono al periodo che va dal 1993 al 2006 nel quale risulta che è cresciuta la percentuale di donne occupate, in tutte le componenti del lavoro: a tempo indeterminato (dal 36 al 41%), e dipendente a tempo determinato (dal 13 al 16%).

L'emergenza
È però sui lavori a termine che negli ultimi anni si è spostato il baricentro dell'occupazione femminile. E quindi, nonostante la buona performance, c'è in Italia una emergenza lavoro femminile. Si legge nel Rapporto, "se nel nuovo mercato del lavoro un numero crescente di persone deve affrontare condizioni di instabilità occupazionale che si protraggono nel tempo, attraversando fasi di sottoccupazione e disoccupazione, tra le donne la precarietà è più diffusa e assume caratteri peculiari: riguarda persone relativamente più adulte ed è caratterizzata da impieghi marginali, contratti di breve durata, impegni orari limitati e imposti, minori opportunità di transizione verso occupazioni stabili".
Ecco, di seguito, alcuni dati che dimostrano questa tesi:
- il tasso di disoccupazione femminile nelle classi di età 25-34 e 35-54 anni è molto più elevato di quello maschile nelle stesse classi (10 e 5.3% contro 6.2 e 2.7% rispettivamente - dati ISTAT del II trimestre 2007);
- il tasso di occupazione delle donne (59.5% in entrambe le classi di età) è, di contro, molto più basso di quello degli uomini (81.7 e 90.5%);
- il tasso di attività femminile (15-64 anni), il più basso dell'Europa occidentale, supera di poco il 50%;
- una donna occupata su cinque ha un lavoro temporaneo.

Un sistema bloccato
Sulla piaga del precariato si sono riversate valanghe di parole. Con la strategia tipica del più grande che divora il più piccolo, i contratti a termine sono usati per "risparmiare" sul costo del lavoro e per avere, con l'arma della paura e del ricatto, dipendenti sottomessi e docili, ancorché insoddisfatti e sottoutilizzati. Con il risultato di un generale scadimento sia della qualità della vita dei lavoratori, sia della qualità del lavoro. È diffusa, infatti, una generale insoddisfazione, specie fra coloro con un titolo di studio universitario. Il lavoro con contratto a termine è, nella grande maggioranza dei casi, poco qualificante, sottopagato, precario, poco flessibile nell'orario, chiuso rispetto ai percorsi di avanzamento di carriera. Si verifica con il precariato una frammentazione delle prestazioni lavorative che si risolvono nella impossibilità di migliorare le proprie qualifiche e, quindi, la propria carriera e il proprio contributo al lavoro. Inoltre, è molto difficile se non impossibile partecipare ai programmi di formazione, per i quali è previsto, tra l'altro, meno dell'1% del PIL (legge di bilancio 2006).

Il precariato è a maggioranza femminile
Ma è sulle donne che più si riflettono le negatività del sistema.
La loro presenza nel mondo del lavoro instabile, una volta marginale e a prevalenza maschile, risulta ora rilevante, specie nella categoria dei parasubordinati con reddito esclusivo [vedi box Definizioni]. In questo settore, su quasi 860mila persone le donne sono 490mila e costituiscono il 57% degli atipici esclusivi (dati del 2006). Risulta inoltre che, nonostante le donne costituiscano poco più del 39% dell'occupazione totale, sono invece la maggioranza (53%) dei lavoratori con contratti a termine e dei disoccupati di breve periodo, quelli, cioè, che sono costretti a periodi di inattività fra un lavoro e un altro.
Precariato femminile rispetto all'età - Sono precarie soprattutto le donne in età centrale (35-54 anni), il 41,4% contro il 35,3% degli uomini. Nel Mezzogiorno le lavoratrici precarie sono più numerose che nel Centro-Nord, e, rispetto agli uomini, la percentuale è più del doppio di quella degli uomini. Il precariato nel Mezzogiorno è comunque più del doppio che nel Nord, sia per gli uomini che per le donne.
Precariato femminile e istruzione - Il tasso di occupazione precaria delle donne diminuisce con l'aumentare del titolo di studio, ma schizza verso l'alto per le donne laureate o con specializzazione post universitaria sopra i 65 anni (34,7%). Interessante e sintomatico del disagio femminile in questa fascia di età è il dato che riguarda le lavoratrici interinali, "le ultraquarantenni addette alla pulizia laureate sono il 22,2% del totale, a parità di età non vi sono uomini nella medesima condizione!", si legge nel Rapporto a pagina 86.

__________
* Giovanna Altieri, Giuliano Ferrucci e Francesca Dota, "Donne e lavoro atipico: un incontro molto contraddittorio", IRES, 3° Rapporto dell'Osservatorio sul lavoro atipico in Italia, marzo 2008

 

Homepage

 

   
Num 79 Aprile 2008 | politicadomani.it