Pubblicato su politicadomani Num 76 - Gennaio 2008

Insicurezza e incidenti sul lavoro: ora basta!
La tragedia della Thyssenkrupp di Torino, dove in un orribile incidente sono morti sette operai, è solo l'ultimo episodio di una guerra che si combatte sui posti di lavoro. Una guerra nella quale si contano in media 1300 vittime mortali ogni anno

di Cristiano Nervegna*

Ora basta! Di fronte all'ennesimo incidente mortale, aggravato direi dalle condizioni di lavoro in cui la tragedia è maturata, mi sento di ribadire quanto il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica più volte ha chiesto, in questi anni di grande sofferenza del mondo del lavoro. Tale sofferenza, tante volte denunciata, è stata nascosta dalle inutili diatribe ideologiche cui una politica inconcludente e un sindacato poco determinato ci ha, da tempo, abituati. Tuttora, più delle riflessioni degli esperti, colpisce la storia personale degli operai coinvolti negli incidenti. La loro e quella semplice e sana delle loro famiglie! E mentre sentivamo dire che gli operai non esistono più, probabilmente troppo poco fotogenici per la cultura dei "reality" (finzione della finzione), si scopre - il rapporto ISFOL 2007 parla di "un paese con una forte base occupazionale industriale" - che sono tanti e che se la passano sempre peggio. Li abbiamo quasi convinti, però, che è così che deve andare (il mercato globalizzato) e addirittura che, se un estintore non funziona, anche se lavorano alla ThyssenKrupp, probabilmente è colpa loro. Scorrendo l'elenco delle leggi più importanti (siamo il paese che ha il più alto numero di leggi, ma che le rispetta di meno), dal 1955 ad oggi, ci si convince che il problema è davvero più ampio, che l'insicurezza sul lavoro è ormai una dimensione globale, che non si può affrontare soltanto con il rispetto delle norme, ma coinvolge quello che siamo (soprattutto se credenti) e l'idea di futuro verso cui ci muoviamo. Il tutto vissuto in un paese che il Censis fotografa, con grande efficacia, parlando una ''costante inclinazione al peggio", con una realtà che diventa ogni giorno "poltiglia di massa", quasi una "mucillagine".
Non è retorica, ma storia vissuta, contrapporre a questa mucillagine le dodici ore di lavoro di Antonio prima che moglie e tre figli perdessero tutto. Non è retorica ripartire da queste famiglie e chiedere giustizia perché è tutto il mondo del lavoro che la pretende, nelle grandi ingiustizie come nelle piccole, quotidiane che toccano tanti giovani; tutti parte della stessa sofferenza, della stessa insicurezza. Cosi come non può essere considerato retorico il meravigliarsi che gli ispettori del lavoro facciano, talvolta, i consulenti per le stesse imprese che devono controllare e che molte aziende, anche pubbliche, con uffici occupati da migliaia di lavoratori, non siano in possesso neanche del Certificato di Prevenzione Incendi.
Le proposte le abbiamo già fatte:
- un'organizzazione aziendale, per la sicurezza, frutto di percorsi formativi ed informativi (non firme su un pezzo di carta) che coinvolgano anche la direzione aziendale ed in modo specifico il datore di lavoro, unica figura per la quale la legge non ammette ignoranza e a cui si richiede la realizzazione di un sistema unico e razionale di gestione della sicurezza, che entri nei gangli della struttura aziendale senza appesantimenti né ipocrite burocratizzazioni;
- applicazione dei Sistemi di Gestione della Sicurezza (SGS) in grado di legare in modo indissolubile la sicurezza ai principi della qualità e del miglioramento continuo, evitando che le certificazioni assumano identità indipendenti, favorendo invece, l'implementazione di un unico sistema di processi integrati a miglioramento della stessa efficienza/efficacia dei processi produttivi;
- offrire vantaggi concreti a chi applica procedure virtuose attraverso premi e sgravi fiscali legati alle buone prassi, così come, invece, l'esclusione dai bandi di gara in funzione dei coefficienti di frequenza e gravità degli incidenti occorsi;
- una diversa cultura della flessibilità lavorativa che non può continuare ad essere strumento nelle sole mani delle imprese, ma deve essere considerata un'opportunità e, quindi, valorizzata. In questo senso è urgente l'impegno per ridurre le ampie aree di precarietà lavorativa;
- appare superfluo ricordare, poi, come, senza un adeguato sistema di controlli, che tocchi anche le piccole e medie imprese, i risultati attesi dalle azioni precedentemente descritte resteranno, appunto, tali.
Tutelare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro vuole dire, oggi, riconoscere quei diritti troppo spesso subordinati ad obiettivi aziendali ispirati al teorema "fare presto e al costo più basso". Ma questa non è impresa!
Un'ultima considerazione mi sta a cuore: la vita umana, da difendere sempre, deve tornare il cardine delle politiche, l'oggetto principale dei percorsi gestionali e formativi, la risorsa su cui investire, anche in termini di ottimizzazione dei processi, perché è su questa dignità essenziale che il mondo del lavoro troverà le risposte alle domande di senso e, contemporaneamente, produrrà cambiamenti reali nella società.
Questa è la sfida: la sicurezza sul lavoro rientri in una visione globale ove la vita umana non sia affidata alle sole leggi, ma custodita quale risultanza di quella centralità della persona nel lavoro che la Dottrina Sociale della Chiesa ci ha sempre proposto e che spaventa proprio perché mette in crisi quel "mercato dei principi" sul quale abbiamo, troppe volte, costruito una idea di efficienza che non regge più.
Pensando ai tanti lavoratori e ai tanti imprenditori cattolici torna in mente quello che Papa Benedetto XVI ha scritto nella sua ultima enciclica, "Spe salvi" circa il rischio di un cristianesimo ripiegato su se stesso che rende la fede "in qualche modo irrilevante per il mondo".
Forse, su questo mondo del lavoro, non è più tempo di silenzi!

* Segretario nazionale del MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica)

 

Articolo 1 della Costituzione italiana:

"L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul LAVORO..."

Morti bianche
(dati ufficiali INAIL):
1082 nel 2002
1092 nel 2003
1024 nel 2004
999 nel 2005
1047 nel 2006
1038 nel 2007 (fonte: articolo21.info)

Tra cui
Antonio Schiavone, 36 anni
Roberto Scola, 32 anni
Angelo Laurino, 43 anni
Bruno Santino, 26 anni
Rocco Marzo, 54 anni
Rosario Rodino', 26 anni
Giuseppe Demasi, 26 anni
deceduti in seguito all'incidente del 6 dicembre 2007 alla Thyssenkrupp di Torino

 

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