Pubblicato su politicadomani Num 72/73 - Set/Ott 2007

Incidenti sul lavoro
La precarizzazione della persona
Lavoratori come merce di poco conto

Drammatica analisi del segretario nazionale del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica

di Cristiano Nervegna

Commentare l'ennesima morte sul lavoro di questa estate non è facile. Rischiamo di abituarci alle parole di circostanza perdendo di vista un elemento essenziale di questi accadimenti: sono sempre un indicatore della qualità del lavoro e sono, quasi sempre, evitabili.
Se si analizzano i dati consolidati dobbiamo contare 2.600 incidenti al giorno (940 mila l'anno) con 1.065 morti nel 2005 (3 al giorno). Nel 2006 gli incidenti sono aumentati, nei primi cinque mesi, in media dello 0,34%: a Maggio l'incremento è stato del 4,3%, ma soprattutto a Gennaio si è registrato un + 5,01%. Tirando le somme solo a Maggio gli incidenti sono stati 90.161, quasi 3.000 al giorno, domeniche incluse.
Siamo secondi, in Europa, per gli incidenti in agricoltura (63.528 ogni 100.000 occupati), elettricità e gas. Al terzo posto nei trasporti (55.155) e nell'industria manifatturiera (192.315) e al quarto nelle costruzioni (92.902). Il 21,2% degli incidenti mortali, in Europa, tocca il nostro Paese (1 su 5 è un morto italiano). Giovani, donne e lavoratori atipici, naturalmente, i più colpiti (sotto i 34 anni abbiamo il 40% di incidenti sul totale). Aumenta drammaticamente del 18% il numero degli infortuni dei lavoratori precari e del 31% quello degli interinali. A fronte di un leggero miglioramento del dato medio, rispetto agli anni precedenti, sembra questa la caratteristica principale della situazione che stiamo vivendo: l'aumento degli infortuni soprattutto per i lavoratori precari e gli immigrati. Queste valutazioni non tengono conto per altro del numero di incidenti, difficilmente valutabile, dei lavoratori in nero. Quattro milioni, secondo l'Inail, di cui 300.000 solo in agricoltura. Gli infortuni di questi "lavoratori fantasma" non vengono mai denunciati. A livello mondiale l'Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia due milioni di morti l'anno a causa di malattie contratte, in maggioranza, sul posto di lavoro.
Il quadro, nella sua crudezza, si chiarisce ulteriormente se, guardando sempre i dati Inail, si correlano gli incrementi percentuali della produzione industriale con le variazioni dei coefficienti di frequenza e gravità degli incidenti: ad ogni aumento percentuale del primo dato corrisponde un incremento dei valori di questi ultimi. Siamo lontani dall'auspicata inversione di tendenza e registriamo, invece, che i progressi in termini di prevenzione/innovazione e procedurizzazione di buone prassi sono sostanzialmente fermi.
Alla luce di questa situazione sembra doveroso ringraziare, oltre a Papa Benedetto XVI che aveva immediatamente ricordato la morte dell'operaio 25-quenne di Messina, il Presidente della Repubblica per la fermezza con la quale ha recentemente voluto ribadire che tale situazioni sono "inaccettabili sotto il profilo della sicurezza sul lavoro e richiamano alla necessità di una più costante e forte vigilanza per il rispetto delle norme e delle condizioni di lavoro".
Cosa sta accadendo al mondo del lavoro ?
Direi, semplicemente, che stiamo assistendo ad un fenomeno di "precarizzazione", intendendo, con questo, non soltanto quanto attiene gli aspetti contrattuali ma, soprattutto, la dignità della persona umana e il ruolo sociale valutato e auto-compreso, ormai, soltanto in termini di produzione di reddito. Tale impostazione genera, in realtà, maggiori inefficienze e perdita di competitività. Se il lavoro diventa una merce qualsiasi, sono proprio le imprese a pagare il prezzo più alto.
La mancanza di sicurezza sul lavoro è, quindi, il risultato di tale frammentazione di senso che provoca inadempienze palesi rispetto alle normative vigenti, scarsissima formazione ed informazione (soprattutto per quanto attiene le responsabilità e il ruolo del datore di lavoro), sottovalutazione del rischio e, a mio avviso elemento fondamentale, scarsissimo impegno nella costruzione di sistemi di sicurezza interni alle aziende (Sistemi di Gestione della Sicurezza) in grado di conciliare qualità del prodotto e "safety", attraverso processi di miglioramento continuo e gestione delle fasi transitorie e/o critiche dei processi di produzione.
L'idea che la sicurezza sia soltanto un costo è ancora troppo diffusa e, spesso, l'interpretazione burocratica delle leggi favorisce tale convinzione, laddove, invece, è ampiamente dimostrato che i costi della prevenzione sono "residuali" rispetto al costo delle ore di lavoro perse per infortunio o per ripristinare condizioni di sicurezza rese inaccettabili dalla scarsa applicazione di principi elementari di tutela della salute.
Queste incongruenze diventano sistematiche laddove i bandi di gara o l'assegnazione degli appalti non richiedano esplicitamente il rispetto delle normative vigenti in termini di sicurezza sul lavoro (con particolare attenzione alla formazione continua del personale) o prevedano forme di sub-appalto tali da rendere difficili i controlli sugli addetti che le aziende effettivamente impegnano nelle realizzazioni affidate.
Il tema dei controlli, in particolare sui cantieri, riveste poi un ruolo centrale: l'insufficienza cronica degli addetti alle verifiche mi sembra possa essere considerato ulteriore elemento a conferma della superficialità che, troppo spesso, dimostriamo nell'affrontare le sfide della tutela della salute sui luoghi di lavoro.
La sicurezza sul lavoro non è soltanto un problema le cui soluzioni possano essere dettate da leggi (il Movimento Lavoratori ha salutato con entusiasmo, durante il campo nazionale di questa estate, l'approvazione alla Camera della legge del 3 Agosto 2007, n. 123) o da norme di buona tecnica. Investe direttamente valori e aspirazioni, permette di riproporre il lavoro come questione centrale, ridefinendo il tema della sua stabilità, del suo arricchimento professionale: all'interno di questi riferimenti diventa possibile finalmente pensare un'organizzazione del lavoro centrata sulla persona e un'applicazione delle leggi che, fuori dallo schema riduttivo colpa/sanzione, favorisca la partecipazione attiva di tutte le componenti aziendali al miglioramento continuo delle condizioni di lavoro e quindi dei risultati aziendali.

 

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