Pubblicato su politicadomani Num 72/73 - Set/Ott 2007

Una crisi (forse) salutare
La disonorevole discesa della finanza spensierata e creativa
Crescita limitata e titoli spazzatura sono una reale minaccia per le famiglie italiane. Per superare la crisi sono necessari il controllo del Governo e della Banca d'Italia, e politiche abitative a favore dei più deboli e delle famiglie giovani

di Maria Mezzina

Esiste un legame lungo e sottile fra le previsioni di crescita economica dell'Italia e la crisi dei mutui che sta mettendo in ginocchio l'economia Usa. La crescita del Paese nel 2007, secondo le previsioni dell'Eurispes, non supererà l'1,7%. Un po' di meno di quanto il Tesoro è disposto ad ammettere, abbassando la crescita prevista dal 2% all'1,9%.
Gli ultimi quattro mesi dell'anno sono quasi sempre i più critici, ma questa volta ci sono ragioni serie e non facilmente rimovibili che giustificano la stima di crescita al ribasso. Intanto rimangono ingiustificati i rialzi speculativi dei prezzi, che sono diventati una costante dell'autunno.
Nel Dpef 2008-2011 (Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo per il prossimo triennio) si parla di "crescita sostenuta dalla domanda interna, ed in particolare dai consumi privati, favoriti dalla graduale ripresa della fiducia".
Bene, anzi male. Perché è proprio questa "ripresa della fiducia" che la crisi finanziaria statunitense di agosto ha colpito, nonostante le assicurazioni che cadono a pioggia sugli italiani.
È passato il tempo in cui uno spot televisivo, tanto ingenuo quanto improvvido, invitava gli italiani a "consumare". Erano allora i tempi della "finanza spensierata e creativa" e delle cartolarizzazioni. Termine che, nonostante l'abuso mediatico, è rimasto pressoché oscuro. Tanto che, anche noi di politicadomani, a suo tempo, abbiamo cercato di fare un po' di chiarezza ("Cartolarizzazioni made in Italy", Politica Domani n. 46, aprile 2005, pag.14).
Ora, si parla sempre di più di "stringere la cinghia". Aumenta infatti in modo vertiginoso il prezzo della benzina: il primo ottobre il petrolio ha superato quota 81 dollari al barile e le previsioni a un anno, secondo "oil-price.net", osservatorio sul prezzo del petrolio che fa monitoraggio a tempo reale, sono di oltre 105 dollari al barile (ore 18:00 del 1 ottobre 2007). Aumenta il prezzo del pane e della pasta, e in fondo a questi rincari c'è la sostituzione del mais al grano duro per la produzione dei cosiddetti ecocarburanti. Aumentano le tariffe dei servizi pubblici, specie quelli locali, elettricità, acqua, rifiuti: il vento delle privatizzazioni ha portato sulla scena italiana multinazionali blasonate e prive di scrupoli. Aumentano i tassi di interesse, otto volte di seguito in un anno e mezzo, e lievitano le rate dei mutui.
Dice l'Eurispes: "La diminuzione dei consumi influirà sul Prodotto interno lordo frenandolo con una ricaduta sui redditi delle famiglie di circa 3,3 miliardi di euro, pari a 160 euro per singolo nucleo. Ed inoltre sono da mettere in conto le perdite derivanti dal mancato rendimento atteso sulla base dell'investimento obbligazionario effettuato. La ricaduta negativa sul bilancio annuale, se anche si ipotizzano percentuali minime per queste operazioni, è calcolata in circa 140 euro per singolo nucleo". Se non lo fa il governo, alla stangata autunnale ci pensano le turbolenze finanziarie internazionali che, inevitabilmente, si ripercuotono sui nostri portafogli.
Pare che tutto sia nato dalla crisi dei mutui immobiliari di marchio USA.
Intraprendenti finanziarie hanno convinto una quantità di famiglie americane (non proprio ben messe dal punto di vista economico-finanziario) a stipulare un mutuo subprime per l'acquisto della casa. Naturalmente ad interessi superiori alla media (ma allora gli interessi erano bassi comunque), vista la mancanza di garanzie che è propria di questo tipo di crediti. Molte famiglie, faticosamente, onorano il loro debito con pagamenti regolari; ma molte altre, causa anche l'aumento delle rate, dovuto all'impennata dei tassi di interesse decisi dalla Federal Reserve, non ce la fanno più e hanno smesso di pagare.
Questa massa di crediti immobiliari, divisi per tipologie, istituti creditizi, durata e quant'altro, sono diventati oggetto di scambio sui mercati finanziari ("derivati sui crediti immobiliari" è il loro nome in codice) e sono andati a far parte dei famosi Hedge Fund. Che è, poi, il nome del genere finanziario a cui questi prodotti appartengono insieme a molti altri "derivati" di diverso tipo.
Per avere un'idea di quello che accade sui mercati finanziari, pensate a un mercatino rionale, di quelli dove si vende di tutto, dalla frutta fresca ai calzini. Le merci in vendita - ortaggi, frutta, salumi, latticini, vestiario, detersivi, ecc... - rappresentano tipologie diverse dei cosiddetti "derivati": pacchetti finanziari che fanno capo a crediti immobiliari, interessi su prestiti, interessi su risparmi, plusvalenze (ovvero aumento di valore di titoli azionari o altro). Insomma, ogni tipo di prodotto legato a operazioni economico-finanziarie capaci di produrre denaro. E supponete, inoltre, che, in questo mercato, i "prodotti" non si acquistino con denaro contante, ma con altri "prodotti". Avrete allora un'idea abbastanza chiara di che cosa sia un mercato finanziario. Il punto è che, in fondo al vorticoso girare di questo genere di merci, c'è il denaro dei risparmiatori che banche e istituti finanziari ricevono e amministrano. Risparmi loro affidati affinché li facciano "rendere", producano cioè un po' di denaro, abbastanza perché quel gruzzoletto possa tenere testa all'inflazione e non perda di valore.
In realtà i "derivati" sono stati inventati per proteggere i grandi investitori da eventuali perdite finanziarie in borsa. La tesi è che operazioni veloci di vendita e acquisto in borsa di prodotti molto volatili tende a mantenere stabile il valore complessivo di un portafoglio di titoli. Questi prodotti devono essere facili a scambiarsi, e non agganciati ad una reale consistenza economica quale, per esempio, l'aumento di fatturato e di valore di un'impresa quotata. Si tratta di operazioni che si fondano sulla fiducia degli intermediatori finanziari, confidando nella loro abilità e competenza.
Autorevoli esperti di finanza non vedono nel mercato dei "derivati" ragioni di preoccupazione, e ritengono, anzi, che possa concorrere a stabilizzare gli altri mercati. A condizione però che i derivati siano limitati di numero, in modo da poterli efficacemente controllare; che vi siano coinvolti solo pochi soggetti molto ricchi, in modo che eventuali perdite non ricadano drammaticamente sui singoli piccoli investitori alla base della piramide; e che la quotazione (rating) di questi prodotti sia fatta tempestivamente da agenzie di rating esperte e indipendenti, per evitare dolorosi tracolli finanziari.
In altri termini - per riprendere il nostro esempio del mercatino rionale - è necessario impedire che il mercatino venga invaso da tanta merce scadente, ed è compito delle agenzie di rating far sapere correttamente a chi si muove fra i banchi del mercatino quanto costa esattamente la merce che sta acquistando, e il valore di quella che sta cedendo in cambio.
Ebbene, tutte queste condizioni sono state disattese.
Al moltiplicarsi frenetico dei "derivati", che circolano sui mercati finanziari, si è aggiunto l'oligopolio delle tre più grandi agenzie di rating, Standard & Poor's, Moody's e Fitch, che da sole controllano il 95% dei prodotti finanziari. Inoltre, su di esse pesa come un macigno il sospetto di conflitto di interessi: risulta infatti che gli esperti di finanza internazionale, che lavorano nelle agenzie, e che decidono le quotazioni dei prodotti finanziari, sono anche consulenti finanziari delle banche e degli istituti coinvolti nello scambio dei prodotti in questione.
In un'intervista a "Vita", Marco Vitale, economista d'impresa, tra i pionieri dei fondi di investimento e del merchant banking avendo fondato, insieme ad altri, le società del Gruppo Arco, afferma: "Sono ormai circa 10mila gli Hedge Fund (i fondi, cioè, ricchi di questi "derivati", n.d.r.) che operano sul mercato internazionale. Di questi circa 6mila si trovano nelle Cayman Island, scrigno misterioso e protetto. Un terzo di questi, secondo uno studio di Peter Herring, mantiene in bilancio derivati ormai privi di valore". ("Etica&Finanza", anno VIII n.7, settembre 2007, pag.I)
Facile, quindi, e inevitabile, direi, che in questo marasma finanziario, diventato pressoché inespricabile e incomprensibile, si vengano a creare delle "bolle" destinate a scoppiare... e a far male. Quanto male, dipende molto dal controllo che la BCE e, soprattutto, i governi e le banche centrali dei singoli paesi (da noi la Banca d'Italia) riescono ad avere su questi prodotti.
Nel caso specifico dei derivati legati ai mutui-casa statunitensi - che stanno mettendo in difficoltà tutti i mercati mondiali - occorre intervenire, suggerisce ancora Marco Vitale, con politiche abitative in grado di aiutare sul serio le famiglie in difficoltà. Che sono in maggioranza quelle giovani.

 

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