Pubblicato su politicadomani Num 72/73 - Set/Ott 2007

Opinioni
Le biotecnologie e il principio di precauzione
Una riflessione sugli ogm del Presidente Nazionale delle ACLI

di Andrea Olivero

Nel nostro tempo di rapidi cambiamenti il rapporto tra la terra e l'uomo è caratterizzato da alcuni fenomeni che lo hanno profondamente mutato rispetto al passato. Tali mutazioni costituiscono al tempo stesso delle sfide e delle opportunità.
Temi come la globalizzazione, la lotta alla povertà, l'innovazione culturale e tecnologica, il bisogno di un'agricoltura di qualità, il rapporto con l'ecologia, vanno affrontati saggiamente e con responsabilità per dare aiuto a quanti hanno bisogno e ridare altresì slancio ai lavoratori rimasti fedeli alla terra.
Circa la produzione e la commercializzazione dei prodotti Ogm, le posizioni sono diverse a seconda dei Paesi. Ma la normativa europea in materia è molto chiara e si basa sul "principio di precauzione": richiede cioè una valutazione positiva del rischio sanitario ed ambientale di ogni singolo Ogm, prima dell'autorizzazione alla sua commercializzazione. Su questo principio convergono ormai da tempo le diverse sensibilità laiche e religiose.
L'orientamento di fondo è volto a coniugare libertà e responsabilità, sviluppo ed etica del limite.
"Il potenziale (della scienza) - diceva già Giovanni Paolo II - non è neutro. Esso può essere usato sia per il progresso dell'uomo, sia per la sua degradazione". Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa - recentemente pubblicato - offre a riguardo alcune considerazioni che paiono ineludibili: "Le moderne biotecnologie - si legge - hanno un forte impatto sociale, economico e politico, sul piano locale, nazionale e internazionale: vanno valutate secondo i criteri etici che devono sempre orientare le attività e i rapporti umani nell'ambito socioeconomico e politico. Bisogna tener presenti soprattutto i criteri di giustizia e solidarietà […]. Comunque non si deve cadere nell'errore di credere che la sola diffusione dei benefici legati alle nuove biotecnologie possa risolvere tutti gli urgenti problemi di povertà e di sottosviluppo che assillano ancora tanti Paesi del pianeta".
Ecco perché tendiamo a diffidare di chi sostiene che le culture Ogm possono essere lo strumento per combattere la fame nel mondo. Sappiamo benissimo, invece, che il problema della fame, con la sua drammatica rilevanza etica e politica, non dipende tanto dalla disponibilità complessiva di cibo a livello globale, quanto dalla distribuzione non equa delle capacità di produzione e da fattori di arretratezza e ingiustizia economica e sociale, per i quali troppi esseri umani non hanno ancora un adeguato accesso agli alimenti anche in aree e Paesi del mondo autosufficienti quanto alla produzione agricola.
Il problema della fame è, infatti, intrinsecamente connesso a quello della povertà, in quanto è parte sia delle sue cause sia dei suoi effetti. Le tecnologie agricolo-alimentari da sole non sono sufficienti a spezzare tale circolo vizioso, se non intervengono anche cambiamenti nelle priorità politiche, nell'organizzazione sociale e nell'ordine economico, come richiesto dal "diritto al cibo", impegno vincolante dei Governi dei Paesi in via di sviluppo, secondo quanto convenuto nei Summit mondiali sull'alimentazione degli ultimi anni.
La storia dei successi tecnologici ottenuti nella soluzione dei problemi alimentari ha peraltro evidenziato dei limiti, connessi soprattutto al fatto che molte tecnologie di elevata efficacia produttiva hanno comportato, non solo nei Paesi in via di sviluppo, effetti collaterali indesiderati e pressioni su altre risorse, come l'uso intensivo di prodotti chimici e un grande fabbisogno di acqua. Occorre inoltre sempre considerare che ogni tecnica può costituire uno strumento di progresso, purché rispetti il criterio di una corretta applicazione, nel rispetto dei principi morali che salvaguardano la dignità della persona e il bene comune.
Una particolare attenzione va prestata, soprattutto, alla valutazione dei possibili effetti degli organismi transgenici sull'uomo e sull'ambiente, dai punti di vista biologico, produttivo, economico e sociale. Accanto a grandi opportunità teoriche, tali tecnologie presentano rischi di cui, allo stato attuale delle conoscenze, è difficile dare una valutazione adeguata. La possibile irreversibilità di taluni processi e l'incertezza legata alla parzialità delle conoscenze esigono nel campo degli organismi transgenici una particolare cautela, unita a ulteriori sviluppi nella ricerca scientifica.
Piace ricordare ancora una volta Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del mondo agricolo, quando alle associazioni cattoliche disse: "Camminate nel solco della vostra migliore tradizione, aprendovi a tutti gli sviluppi significativi dell'era tecnologica, ma conservando gelosamente i valori perenni che vi contraddistinguono".

[Fonte: Italia Europa - Liberi da Ogm, 18 settembre 2007]

 

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