Pubblicato su Politica Domani Num 7 - Sett/Ott 2001

Le Interviste
Risponde la sig.ra Sandra Rosati Calcatelli

 

di Simona Ottaviani

Come ha conosciuto la PUER?
Da mio fratello che prendeva già un bambino e parlava bene di questa esperienza. La prima volta ho accolto due bambini, un maschietto e una femminuccia e l'esperienza è stata bellissima. L'anno dopo ho ripreso solo il maschietto per due mesi e il terzo anno per tre mesi. Tre mesi sono stati un po' troppi, soprattutto per lui, perché aveva nostalgia delle famiglia nonostante stesse bene con noi perché c'erano anche tutti i miei nipotini della sua età e perché a noi piace uscire e quindi lo portavamo sempre insieme. Per cinque anni. È un'esperienza da consigliare a chi la può fare.

Perché ha iniziato a collaborare con quest'associazione?
Si parlava spesso dei bambini della Bielorussia - adesso se ne parla di meno - si diceva che questi ragazzini hanno bisogno dei soggiorni italiani, del clima italiano perché la maggior parte soffrono di tiroide. Il mio è stato un bambino fortunato perché non ha niente ed è stato sempre bene. Nello sviluppo stanno leggermente indietro, non più di tanto però, e poi qua sono spesso sottoposti a visite mediche.

È rimasta in contatto con i bambini che ha accolto?
La famiglia del bambino non ha telefono. Mi sarebbe piaciuto ricevere una telefonata perché lui parla l'italiano. La mamma l'anno scorso ha mandato una lettera di ringraziamento, io le ho risposto, però la corrispondenza è difficile perché occorre una persona che scriva in russo e l'indirizzo deve essere scritto benissimo perché altrimenti è difficile che la lettera arrivi. E poi quando arriva una lettera dalla famiglia è necessario trovare chi la legga. Altri ragazzini invece telefonano, rimangono sempre in contatto.

Qual è la difficoltà più grande che ha incontrato?
Le difficoltà maggiori ci sono state il primo anno perché i bambini non parlavano l'italiano, si trovavano con persone diverse, non avevano ancora otto anni, quindi erano piccoli, magari era la prima volta che uscivano di casa, non gli piaceva niente da mangiare; ci siamo trovati tutti in difficoltà noi e loro. Il mio bambino non faceva tanta amicizia, non sono bambini che fanno tanta amicizia, sono chiusi, un po' restii; qualche femminuccia è un po' più aperta, più socievole, più affettuosa; forse sono anche piccoli, anche se questa è una cosa relativa. Poi gli anni successivi interviene la conoscenza reciproca e anche se fanno i capricci è una cosa normale, di tutti i bambini. Il mio è un ragazzino abbastanza sereno; certo, gli manca la famiglia anche se qui sta cento mila volte meglio che al suo paese. Credo che sia un ragazzino proprio povero, vive nelle campagne, lontano dai centri, a casa sua non hanno telefono. Mio marito ci si è affezionato proprio tantissimo, poi caso vuole che si somigliano anche.

La città come ha accolto questo tipo di iniziativa?
Parecchie famiglie si sono impegnate ad accogliere questi ragazzini. Le autorità non hanno fatto più di tanto, so che negli altri paesi prendono più iniziative. Quest'anno il Comune ha trovato degli sponsor che hanno organizzato una bella festicciola da Iacchelli.

Come si potrebbe migliorare l'accoglienza di questi bambini?
Facendo delle gite tutti insieme, portandoli al mare, in montagna, magari con un intervento anche da parte delle autorità. L'importante però è che stiano bene in famiglia perché se il ragazzino non si sente bene accolto non sta bene, sta male lui e sta male anche chi lo ospita.

Quando si ospita lo stesso bambino per più di un anno è difficile lasciarlo andare per accoglierne un altro?

No perché ci sono tanti bambini nella Bielorussia che avrebbero bisogno di venire in Italia. Legambiente non faceva venire mai lo stesso bambino perché, dicono, hanno bisogno tutti. Con la PUER è meglio, perché è logico che si creano dei legami affettivi e si vuole far tornare lo stesso bambino. Con Legambiente ogni anno occorreva ricominciare tutto daccapo. Così è più bello ma, in fondo, non è neanche giusto perché i bambini che vengono hanno tanto e gli altri non hanno niente.

I bambini che arrivano sono già in contatto tra di loro?
Si conoscono perché ogni tanto ci si riunisce; si conoscono un po' sull'aereo, poi nel gruppo, quando vengono divisi a seconda del paese di destinazione, e poi si conoscono nelle festicciole dove si sta tutti insieme. Poi ci sono bambini che si conoscono perché abitano nello stesso paese, o perché sono sempre gli stessi che tornano presso le stesse famiglie.

Come hanno accolto i suoi figli l'arrivo di un "nuovo membro" nella famiglia?
Bene, se lo portavano sempre con loro.

 

Homepage

 

   
Num 7 Sett/Ott 2001 | politicadomani.it