Pubblicato su politicadomani Num 69 - Maggio 2007

Notizie Dall’Asia

 

Imprese europee in Cina
Ogni anno le imprese dell'Unione europea perdono oltre 21 miliardi di euro per il mancato rispetto da parte della Cina delle regole del commercio mondiale. Lo dice uno studio della Commissione europea.
Pechino offre ampie opportunità di investimento alle ditte estere, specie nei settori dei servizi e della tecnologia, ma in molti campi non rispetta gli impegni assunti aderendo all'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio): ad esempio, non tutela abbastanza la proprietà intellettuale e non sempre pretende che le regole dell'Omc siano seguite da parte delle autorità locali (le quali spesso concedono ampi vantaggi alle ditte locali). Questo crea una disparità di fatto tra le imprese europee (che rispettano le regole) e quelle cinesi.
Fra i settori in cui la Cina crea maggiori ostacoli alle imprese europee ci sono i servizi, dove le ditte europee sono più forti e le tecnologie per un'energia pulita, di cui la Cina ha estremo bisogno, con un mercato che si stima sarà di 98 miliardi di euro per il 2010. Altri settori in cui Pechino favorisce le ditte nazionali sono quelli finanziario, costruttivo, delle telecomunicazioni e dei macchinari. Sempre più le ditte europee creano fabbriche in Cina per produrre merci non più destinate all'esportazione, ma all'immenso mercato interno, in rapida crescita. Ma - dice lo studio - Pechino applica condizioni "poco chiare e discriminatorie" nei confronti di queste imprese, a vantaggio di quelle cinesi.
Peter Mandelson, commissario Ue al Commercio, commenta che "le barriere non-tariffarie della Cina costano agli operatori dell'Ue non meno di 21,4 miliardi di euro all'anno in perdita di opportunità commerciali".
Se la Cina non si adeguerà alle regole dell'Omc, è possibile che l'Ue ricorra alla Commissione dell'Omc a Ginevra.
Altri reclami sono stati presentati all'Omc da UE e Stati Uniti alla fine del 2006 contro il diverso trattamento riservato da Pechino alle ditte estere e a quelle cinesi nella produzione di parti di autovetture. Ma finora Pechino non appare troppo preoccupata di queste denunce.

[fonte: Asianews]

I più ricchi e i più poveri
È sempre più profondo il divario economico fra ricchi e poveri in Asia, e la crescita strabiliante di alcune economie del continente non è la risposta al problema. L'allarme è stato lanciato dal presidente dell'Asian Development Bank, Haruiko Kuroda, nel corso di una conferenza in Vietnam che ha riunito alcuni fra i più importanti donatori del mondo, insieme per studiare il modo di distribuire al meglio la ricchezza e gli aiuti umanitari alle popolazioni asiatiche, facendoli arrivare
a chi ne ha veramente bisogno ed evitando corruzione, appropriazione indebita e sprechi.
Secondo i dati della Banca mondiale, in Asia vivono i 2/3 dei poveri di tutto il mondo. Solo nella parte orientale del continente vi sono 585 milioni di persone che vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Di questi, 375 milioni sono cinesi, 100 indonesiani, 40 vietnamiti, 35 filippini ed i rimanenti sparsi per il resto della zona.
Dice Kuroda: "Cina ed India, in particolare, vivono situazioni di sempre più grave disavanzo economico. L'Asia ospita alcune delle più vivaci economie mondiali, e questo fattore ha allontanato dalla povertà milioni di persone". Tuttavia, "i benefici di questa crescita non sono stati distribuiti in modo equanime. Mentre molti avanzano nella società, moltissimi vengono lasciati indietro".
L'economista spiega che "la crescita in sé non è una soluzione ai problemi del continente. Queste economie che corrono così in fretta mostrano che, anche se si è ridotta la povertà assoluta, si è intensificato il divario fra ricchi e poveri. Negli anni a venire, chi è responsabile di queste economie dovrà tenere a mente la questione". Kuroda si è poi appellato ai governi: "Spendete più soldi per l'assistenza sanitaria e l'istruzione, perché questa è la chiave per risolvere il problema".

[fonte: Asianews]

 

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