Pubblicato su politicadomani Num 69 - Maggio 2007

È morto Corvo bianco

 

Se ne è andato il 23 aprile scorso alle 15:45 ora di Mosca, Boris Eltsin, "Corvo bianco". L'immagine di lui che rimarrà nella Storia - molto di più che quella drammatica di un uomo consumato dall'alcool e dal fumo - è quella di lui in piedi su un carro armato sotto le finestre del Parlamento di Mosca, dove i golpisti del partito comunista al potere tenevano in ostaggio un Gorbaciov debole e impaurito, ad arringare la folla per chiedere la libertà del rivale ma, soprattutto, a costruire per sé l'immagine dell'uomo forte, l'uomo nuovo, il kamikaze della perestrojka, lo statista che stava almeno tre passi più avanti di Gorbaciov sulla strada delle riforme e dell'apertura all'economia di mercato, il primo presidente della Repubblica di Russia democraticamente eletto che di fronte alla lentezza dell'altro scalpitava. Grazie a lui il golpe fallì e il partito comunista venne dichiarato fuorilegge. Quello stesso anno però fallì anche la perestrojka, sotto il peso della catastrofe economica, e il 21 dicembre, con le dimissioni di Gorbaciov da capo di Stato, l'Unione Sovietica cessò di esistere. Nove mesi prima i cittadini sovietici erano stati chiamati ad esprimere con un referendum la loro volontà sulle sorti dell'URSS e per il 75-80% avevano risposto sì a questa domanda: "Ritenete opportuno il mantenimento dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come rinnovata federazione di repubbliche sovrane, nelle quali diritti e libertà di ogni individuo di qualunque nazionalità saranno pienamente garantiti?". Ma Eltsin non tenne conto di questa volontà e in segreto, spinto anche da alcuni capi di stato occidentali, firmò gli accordi che prevedevano la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Padre della democrazia della nuova Russia e del capitalismo selvaggio di lui dice l'analista politico moscovita Pavel Felgenhauer "Molti ricorderanno Eltsin per i caotici anni '90, le difficoltà e le crisi economiche, l'inflazione galoppante e le crisi finanziarie degli oligarchi che hanno ridotto in ginocchio la Russia". Liberalizzazione dei prezzi, privatizzazione selvaggia e riforme economiche fatte con il sistema della terapia d'urto hanno profondamente segnato il paese: accanto ad una piccola classe di oligarchi ultramiliardari e senza scrupoli che ancora oggi dominano il paese si sono create moltitudini di disperati privati di qualsiasi copertura sociale e destinati alla miseria e alla fame a causa dell'inflazione. Sono loro a pagare il prezzo più alto. Come a pagare un prezzo altissimo è anche la Cecenia, le cui aspirazioni indipendentiste - che due guerre, ambedue iniziate con Eltsin, hanno cercato inutilmente di piegare - avrebbero poi portato a tragedie quali quella del teatro di Mosca e della scuola di Beslan.
La gravissima crisi economica del 1998 trascina con sé anche Eltsin: il presidente della Russia sarà costretto a svalutare il rublo e ad interrompere il pagamento dei debiti. È il panico non solo fra i russi ma anche in Occidente. "Corvo bianco" è ormai solo l'ombra di se stesso e la nazione è allo sfascio. Lui lo sa e allora cerca di prolungare il suo mandato chiamando accanto a sé Putin, il delfino con il compito di salvaguardare gli interessi dei clan ormai padroni della Russia e di salvarlo dal disonore e forse anche dal carcere. Alla fine del 1999 mentre Eltsin si dimette, in anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato, Putin fa approvare un decreto che accorda l'immunità all'ex-capo di Stato e alla sua famiglia.

 

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Num 69 Maggio 2007 | politicadomani.it